I ramoscelli di limone – Un sogno è tutto ciò che sappiamo – Recensioni – .

I ramoscelli di limone – Un sogno è tutto ciò che sappiamo – Recensioni – .
I ramoscelli di limone – Un sogno è tutto ciò che sappiamo – Recensioni – .

Perché i miei sogni mi svegliano sempre?
Non sanno come mettersi a posto

“Perché i miei sogni mi svegliano sempre?”, si legge nell’incipit di Non sanno come mettersi a posto, traccia numero due del dischetto di cui stiamo per parlarvi. Puoi sognare così forte svegliarsi? Beh, dipende dal sogno. Quello del Ramoscelli di limone dura, praticamente, da quando sono nati. Ed è un sogno molto semplice: essere io scarafaggi. O io ragazzi della spiaggia. O entrambi.

Un sogno che potrà essere condiviso e condiviso da tanti altri prima di loro (Elliot Smith e Alex Chilton, solo per citare i primi che mi vengono in mente – non vogliate i Gallagher). Brian e Michael D’Addario, nati rispettivamente nel 1997 e nel 1999, devono quel sogno al padre Ronnie, già cantautore e musicista nutrito da (non)sane ossessioni anni Sessanta, che li ha cresciuti a pane e Fab Four (ma anche Velvet Underground O Zombieper così dire) fin da piccoli, insegnando loro quelli canzoni e armandoli di strumenti di ogni genere, lasciando che il loro talento fiorisse in ogni modo possibile (compreso un periodo teatrale a Broadway, non senza conseguenze su quello musicale in termini di approccio e non solo).

Dallo specchietto retrovisore, il percorso sorprendente e peculiare dei due fratelli prodigiosi, dalla loro prima apparizione sui radar nel 2016 con Do Hollywood (registrato all’età di 19 e 17 anni, dopo un già lungo apprendistato), sembra in realtà destinato a culminare proprio qui Un sogno è tutto ciò che sappiamoche arriva appena un anno dopo quello eccellente Tutto Armonia, uno degli album più – giustamente – acclamati dell’ultimo anno. A differenza del barocco, giocoso, camp e iperteatrale Andare a scuola (2018) e Canzoni per il grande pubblico (2020), palcoscenici tuttavia funzionali agli sviluppi odierni, la formula dei due fratellini di Long Island vi si era condensata nelle forme più classiche e cristalline della canzone pop, secondo gli illustri canoni stabiliti ai bei tempi dai maestri come Simon & Garfunkel, Todd Rundgren (anche lui fan e collaboratore del duo), Grande stella, i già citati fratelli Wilson (e Gibb, e Davies, e Mael…) e chi più ne ha più ne metta; una ricerca tutta all’indietro, certo, ma senza mai scivolare rovinosamente nel facile citazionismo, nella copiatura o nella falsificazione storica. In quell’album, come suggerisce il titolo, tutto è armonia, in una consapevolezza estetica tesa alla bellezza assoluta che presuppone un’impressionante conoscenza e padronanza della materia pop.

In questo, queste dodici nuove canzoni, scritte ed eseguite in continuità con le precedenti, costituiscono, come se, una continuazione e un completamento Un sogno è tutto ciò che sappiamo era la seconda parte di un double o, azzardando un parallelo sicuramente molto gradito ai D’Addario, con Tutto Armonia c’era lo stesso tipo di legame tra Anima di gomma E Rivoltelle – per intenderci, due opere distinte e separate ma figli di un momento creativo in divenire. Con un pizzico di Suoni degli animali domestici nel mezzo, perché no?

Sono loro stessi, del resto, a non nascondersi e anzi a rivendicare il paragone, battezzando la loro attuale proposta sonora con il divertente termine di Merseybeach: Liverpool da una parte e California dall’altra, con Macca e Brian (Wilson) che benedicono il tutto in perfetta armonia. Durante la promozione, Michael ha anche definito il genere scelto oggi con l’etichetta ombrello “sunshine pop”, nella consapevolezza/credenza che tutti, proprio tutti quelli che sono venuti dopo discendano direttamente, in qualche modo, dai Beatles e dai Beach Boys e così via. , perché preoccuparsi di cercare altrove?

Può sembrare una semplificazione eccessiva, volta a vendere un prodotto musicale dichiarando in partenza le proprie intenzioni artistiche senza timore di smentite e di ulteriori speculazioni; e, conoscendo il passato teatrale dei due, la loro camaleontica capacità e maestria nel coprire qualsiasi genere musicale, si potrebbe pensare anche all’ennesima maschera scelta e indossata per l’occasione (cos’altro era il glam rock dei Canzoni per il grande pubblico, d’altronde?), aspettando il prossimo. Tuttavia. È questa, e solo questa, la vera, autentica identità dei fratelli, vista l’assoluta naturalezza e maestria con cui si rivelano capaci di maneggiare la materia pop, declinandola anche, come vedremo, verso le proprie inclinazioni più personali e intime? ?

Per chiarire i nostri dubbi, eccoci tra le mani una raccolta di brani che, da soli, direbbero già tutto quello che c’è da dire sull’argomento, tanta è la loro immediatezza e comunicativa – a partire proprio dai singoli scelti per scandire i mesi precedenti. l’uscita dell’album; una politica già adottata lo scorso anno con Tutto Armonia, che si concentra interamente sullo sgancio di bombe a 45 giri. Ciascuno già con il proprio carattere e la propria forza, nel rispetto delle personalità musicali dei due autori.

Da un lato dello spettro (cioè quello di Michael), ecco il power pop tra Byrds E Chitutto Rickenbacker a 12 corde, dal apripista I miei anni d’oro, una di quelle canzoni che potresti ascoltare decine di volte senza stancarti; lo stesso si può dire dell’esplosione solare guidata dai venti e dalle corde Come posso amarla di più?che gestisce il miracolo di evocare la sensazione di uno vecchio COME Felici insieme del Tartarughe rendendolo fresco, urgente e necessario, utilizzando una progressione armonica estremamente semplice ma efficace. Dall’altro lato (quello di Brian), compensa la complessità abilmente nascosta di Non sanno come mettersi a postogiocoso come me Scimmie e barocco come me Riva Sinistra, che sotto una melodia apparentemente spensierata rivela una densa, intricata e – sì! – geniale che incuriosirebbe anche il Brian Wilson del 1966; e ancora la quasi title track Un sogno è tutto quello che someraviglioso omaggio a McCartney degli anni ’70 Ali che si basa tutto su sospensioni e aperture improvvise, in una miriade di suoni diversi di tastiere e intarsi di chitarra contrappuntistica.

Un poker d’assi che da solo mette in mostra l’impressionante abilità compositiva e arrangiativa raggiunta dai fratelli che, vale la pena ricordarlo, cantano e suonano tutto da soli (questa volta Brian riesce persino a maneggiare ottoni e archi), oltre a mixare, arrangiare e produrre tutto in completa autonomia (in analogico, Va da sé). Il resto della scaletta non fa eccezione e, anzi, rafforza l’idea che si tratti effettivamente di una raccolta di potenziali singoli, tanta è la cura e la precisione nel raggiungere l’obiettivo della perfetta canzone pop di due minuti e mezzo, massimo tre; tutti caratterizzati da un talento melodico non comune, da una produzione sorprendentemente omogenea nonostante la varietà stilistica, e da idee arrangiative, sia vocali che strumentali, che rivelano nuove sfumature ad ogni ascolto.

Stabiliti i presupposti, il vocabolario degli anni ’60 – presente anche nel lessico, vedi l’uso della parola “ragazza” – si dipana in una variopinta gamma di stati d’animo che vanno dallo stupore adolescenziale marchiato Amico Holly / Alex Chilton di Campane della chiesa al nostalgico doo wop da qualche parte nel mezzo Ragazza surfista Essi Associazione Di Agli Occhi Della Ragazza (completo di cameo Sean Lennon al basso), da un outtake di Una notte di una giornata dura come se fosse stato interpretato da Perversioni in un viaggio psichedelico (Rose di menta piperita) al Chuck Berry appiccicato Marc Bolan dell’eloquente fin dal titolo Rock Onpassando nuovamente per uno caleidoscopico Dolce Vibrazioneche declina le già buone vibrazioni dei beach kids in un tripudio di armonie e cambiamenti tonali, alla psichedelia morbida e sognante del brand Paisley sotterraneo Di Se tu ed io non siamo saggi; Infine, ci pensano le ballate acustiche a riallacciare i nodi con l’album precedente Giorni di brace E Avrei dovuto saperlo fin dall’iniziopalcoscenico per gli ormai familiari delicati intarsi armonici e falsetti del maggiore D’Addario.

Tale è la simbiosi tra i due autori, e il loro contributo è paritetico, che spesso è difficile distinguere le rispettive penne, se non fosse per le voci soliste e una maggiore raffinatezza armonica da parte di Brian, il più prog dei tedeschi. , rispetto all’ esibita natura rock’n’roll dell’acrobatico Michael. Ma proprio come i già citati fratelli Mael, cioè i Scintille (evocato nella gustosa immagine di copertina), è impossibile pensare l’uno senza l’altro.

Insomma, ormai lo avrete capito: nella sua conclamata superiorità rispetto a tutto ciò che si propone nello stesso campo (e non solo), Un sogno è tutto quello che so è sicuramente l’album dei sogni per chiunque – boomer o millennial, anziano o giovanissimo – ami un certo tipo di pop, che ci si voglia mettere o meno prefissi come sixties, power, jangle o sunshine, di cui è una sorta di compendio definitivo, fatto di brani originali. Roba da morire e in cui farsi seppellire. E sarebbe anche fin troppo facile dedurre che questo sia l’album perfetto per chi vuole una musica ferma al 1968, indipendentemente dal proprio anno di nascita. Riduciamo però il tutto a un esercizio di stile, un po’ come certe battute Utopia del “padrino” Rundgren (il pastiche dei Beatles di Deturpa la musica, per così dire), significa non cogliere cosa stanno realmente facendo i Rametti di Limone. Oggi, nel 2024.

Al netto della retromania e della spasmodica ricerca estetica che, mutatis mutandiscaratterizza tutta l’arte di questo XXI secolo, nelle loro canzoni (vedi anche Nella mia testa E Ogni giorno è il giorno peggiore della mia vita dall’album precedente), sotto la coltre di esuberanza e spensieratezza si riversa un’inquietudine che non è solo quella di due giovani alle soglie della vita adulta. Nel verbale la parola “paura” appare quasi quanto la parola “amore”. Certo, fa quasi sorridere visto che, a soli venticinque anni, in I miei anni d’oro Michael esprime la paura di essersi già lasciato alle spalle i suoi anni migliori (“Con il tempo spero di poter mostrare a tutto il mondo l’amore nella mia mente / So che se solo ci provo farò brillare questi anni d’oro”); se non fosse che questo sentimento universale anima da sempre la migliore musica rock, e che in questo primo scorcio di millennio, nonostante l’innegabile nostalgia, c’è davvero un disperato bisogno di il modo in cui ti fa sentire una band come Lemon Twigs e un disco come questo. Che è davvero l’unica cosa che conta, e che rende eterni la grande musica, i grandi dischi e le grandi band.

Se questo è davvero un sogno, perché dovremmo svegliarci?

Un sogno è tutto quello che so
È tutto quello che ho da mostrare per il mio essere qui

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

PREV Ne parla tutta la città | Il (doppio) lavoro degli eurodeputati
NEXT OLAMOT – Sentiero Della Divinità – .