05/12/2024 – MIDNIGHT ODYSSEY + ENISUM + SKUGGOR @ Rock Pub Centrale – .

Rapporto di Sara Sostini
Foto per gentile concessione di Nicolò Brambilla (Necroteismo prodotto.)

Ci sono cose che, nella vita, non ci saremmo mai aspettati di vedere: assistere ad un concerto di Midnight Odyssey era, sicuramente, tra queste.
Forse il progetto più longevo di Dis Pater, prolifico e accattivante musicista australiano (vi invitiamo a recuperare il funeral doom di Tempestuous Fall e i riverberi gotico-elettronici di Death Comes Crawling, entrambi progetti ovviamente solisti), ha in Mantenne infatti sempre una dimensione prettamente studio, forse tra le più ideali per certo black metal atmosferico come quello proposto, almeno fino allo scorso anno, quando – incredibilmente – debuttò live per la prima volta al festival Cosmic Void di Londra.
Forse in quell’occasione Dis Pater avrà scoperto che, a dire il vero, suonare sul palco gli piace, e parecchio; fatto sta che, quando abbiamo letto della prima tournée del progetto, con inclusa una data alla Centrale di Erba (!), abbiamo davvero faticato a credere ai nostri occhi.
E invece, incredibilmente, è tutto vero: grazie all’instancabile Necrotheism Prod. (particolarmente attento a date o tournée particolari, deliziose per chi è appassionato dei meandri più oscuri e mefitici della nostra musica preferita), ci ritroviamo in una calda domenica di metà maggio davanti alle porte della sede comasca, per un serata a base di note nere, suggestioni silvane, voci abrasive, spazio profondo: ad accompagnare il timido musicista di Brisbane troviamo gli svedesi Skuggor e gli italiani Enisum.
Gli ingredienti per un concerto da ricordare a lungo ci sono tutti; Vediamo come è andata.

Con qualche minuto di ritardo sulla tabella di marcia, il SKUGGOR iniziano le danze. In realtà il moniker, come spesso accade in questi casi, ‘nasconde’ l’espressione artistica di una sola persona, M., coadiuvato nelle (rarissime) apparizioni dal vivo da una seconda persona.
La particolarità di questa serata consiste nel fatto che M. stesso si occupa di chitarre e voci invece del ‘solito’ posto dietro la batteria, dietro la quale siede Sorrow, batterista di origini australiane (Austere, tra gli altri), per un debutto, da quanto si capisce, inedito. Non conosciamo le ragioni di questo cambiamento – e forse non ci interessano nemmeno – ma il fatto è che nei quaranta minuti a disposizione si aprono davanti a noi visioni distorte e scenari di una natura tanto assorta quanto desolata.
Seppur di recente formazione (il primo lavoro, “Skogshypnos” risale allo scorso anno e il secondo “Whispers of Ancient Spells” ha visto la luce solo lo scorso febbraio), il progetto non mostra particolari debolezze nemmeno su un banco di prova come quello degli dimensione live: i riff ipnotici e taglienti di M. si fondono con un ricco substrato di tastiere e sintetizzatori (qui in basi preregistrate) e con pattern di batteria serratissimi, con la voce tormentata e distorta a suggellare il tutto. Dal vivo, il black metal proposto viene in parte sgrossato e assume una dimensione ancora più particolare, capace di ricordarci un certo “Filosofem” così come formazioni come Paysage d’Hiver o alcune meditazioni urfaustiane.
Al termine dello spettacolo lo stato d’animo generale dei presenti (ancora pochi, a dire il vero) è un misto di rispettosa curiosità e soddisfazione per una proposta da tenere d’occhio.
Quando il ENISUM salgono sul palco, il Centrale, anche se non gremito, ha sicuramente un pubblico un po’ più folto (ma i numeri, purtroppo, non sono destinati a crescere chissà quanto, arrivando a sfiorare il centinaio di presenze) e più coinvolto. Non c’è da stupirsi, la formazione piemontese ha saputo costruirsi, negli anni, un proprio seguito con scatti di black metal evocativo, forest e mountain, ispirati sia dalla scena ‘Cascadian’ che dai (meravigliosi) dischi degli Agalloch, e trasferito in Val di Susa, nelle radici profonde del mondo Musinè (leggetelo al contrario, et voilà).
Con un ramo scheletrico che sormonta il microfono di Lys, frontman del gruppo, candele accese e supporti pirografati con scene selvagge, il colpo d’occhio è assicurato, ma non manca certo la sostanza: i quattro costruiscono un solido muro sonoro fatto di passaggi melodici e ciglia glaciali, capaci di dipingere con provata maestria quei panorami incontaminati tratteggiati in opere come “Terre Arpitane” o la più recente “Montagne Dimenticate”, mescolando violenza e frammenti più onirici e combinando abilmente l’architettura post-black con quel tipo di cavalcate furiose che caratterizzano questa musica sin dai suoi esordi.
Gli slanci neri, densi, accorati, sono stratificati dalle chitarre desolate e lancinanti (che chiunque sia appassionato del genere ha imparato ad amare), mentre il settore ritmico dona, dal vivo, ancora più spessore e sostanza alla musica proposta; anche i momenti più intimi e intimi, dove il profumo del sottobosco e della neve diventa quasi palpabile, si inseriscono organicamente nell’insieme senza apparire ‘lenti’ o troppo artificiosi, grazie anche ad una patina ruvida, sia nella voce che nel resto della gli strumenti, per corrodere, come fanno i fianchi nudi delle montagne con il resto dell’orizzonte, le orecchie del pubblico.
Quest’ultimo sembra anzi apprezzare, estasiato dal lavoro del quartetto, e l’intero set scorre veloce come un fiume di montagna. Da parte nostra ci ripromettiamo di ritornare a vederli quanto prima.
E infine, come già scritto nell’introduzione, accade realmente uno degli eventi più improbabili: pochi minuti dopo le dieci ODISSEA DI MEZZANOTTE fanno il loro ingresso sul palco.
Dis Pater (al secolo Tony Parker), si presenta con basso, vestaglia, cappuccio e occhiaie in ordine, assistito da tre musicisti – tutti ugualmente incappucciati e con un leggero facepainting per sottolineare i solchi sotto gli occhi – con chitarre e tastiera, lasciando la batteria campionata tra le basi musicali.
Questa scelta, che in un primo momento farebbe storcere il naso, si rivela – paradossalmente – valida: riproporre in chiave live il black metal rarefatto e siderale (siamo intorno a Darkspace, Mare Cognitum e Lustre, più o meno less) che costituisce il contesto Il quadro del progetto non è né semplice né immediato. Le lunghe suite che da “Funerals From The Astral Sphere” caratterizzano la struttura portante dei nostri album sono pensate, infatti, per essere suonate (e godute) in studio, e anche se con i tre capitoli di “Biolume” il sound è cambiato da aspri e rarefatti panorami astrali verso lidi ancora più onirici, snellendo la struttura dei brani, ciò che nasce dalla mente instancabile del polistrumentista resta difficile, sulla carta, da trasporre dal vivo.
E invece ci rendiamo conto che è stato fatto un attento lavoro di riarrangiamento dei pezzi: siano essi estratti da quest’ultima serie di lavori o dal passato congelato di “Funerals…” o “Shards of A Silver Fade”, ciascuno dei brani che si diffonde dagli assi del palco Centrale (con sonorità che, seppure non perfette, permettono certamente di apprezzarne le varie sfumature) suona con una profondità e un corpo inediti, arricchiti da una coltre epica molto più marcata, perfetta per la dimensione concertistica.
Lo stesso Dis Pater si rivela una sorpresa: nonostante la scarna semplicità del palco (assente qualsiasi tipo di decorazione) e degli abiti, il musicista sembra perfettamente a suo agio sul palco, risparmiando gesti e cerimonie in favore di un immenso muro di suono. , cangiante e mastodontico, fatto di urla taglienti e cori baritonali, costellazioni di sintetizzatori, galassie di riff e profondi abissi aperti dalle corde dei bassi. La band che lo accompagna dal vivo non relega mai al ruolo di ‘semplice’ comprimario, ma è parte fondamentale della musica, ulteriore segno di un certo tipo di lavoro dietro la costruzione dello spettacolo.
Alla fine, resta solo l’artista australiano a regalarci un’ultima inno: la sua voce pulita non vacilla nemmeno per un attimo, meritandosi ciascuno il fragoroso applauso che accompagna la fine del concerto.
Non sappiamo se questo sia l’inizio di una frequente attività live per Tony Parker (forse sì, vista la giovialità con cui ha interagito con parte del pubblico al termine del concerto), ma dal canto nostro lasciamo il locale con con la consapevolezza che ogni nostra aspettativa è stata ampiamente superata, e con la sensazione di aver assistito ad un concerto unico, di quelli che capitano davvero poche volte nella vita.

SKUGGOR

ENISUM

ODISSEA DI MEZZANOTTE

 
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