“Perché ho preferito vendere l’Alfa Romeo alla Fiat all’offerta della Ford” – .

“Perché ho preferito vendere l’Alfa Romeo alla Fiat all’offerta della Ford” – .
“Perché ho preferito vendere l’Alfa Romeo alla Fiat all’offerta della Ford” – .

Probabilmente gli fischiano le orecchie. Messo in mezzo dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che lo ha accusato della crisi italiana dei motori, Romano Prodi ora contrattacca e spiega perché ha venduto l’Alfa Romeo alla Fiat negli anni ’80.

Il grande errore della politica automobilistica

Secondo il rappresentante del governo Meloni, l’allora primo ministro e l’IRI commisero un grave errore nell’operazione. Da lì in poi sono nati i problemi, fino ad arrivare alla situazione attuale, dove non è chiaro quanto l’Italia sia al centro della mappa strategica di Stellantis.

“Il grande errore della politica automobilistica – Urso lo aveva osservato qualche settimana fa – è quando l’allora presidente dell’IRI decise di vendere l’Alfa Romeo alla Fiat e di non accettare l’investimento di Ford. Proprio per questo oggi in Italia abbiamo un’unica casa automobilistica mentre altri Paesi, come Francia, Germania, Polonia, ne hanno tre, quattro o cinque. Lì sta il grande errore della politica italiana e ha un nome e un cognome: Romano Prodi”..

Ospite nel programma Una piazza pulitain onda su La7, l’interessato ha voluto rispondere, esponendo la sua versione dei fatti. Ho dovuto privatizzare l’Alfa RomeoProdi sottolinea.

Da qui la risposta di Corrado Formigli: “Sai di cosa ti incolpano ancora?”e lui risponde: “Distorcere la realtà perché io Ho provato di tutto per completare la vendita con Forddicendo alla Ford che tutto il Paese avrebbe reagito, dai sindaci ai vescovi, ai sindacati, ma la Fiat mi ha offerto una cifra più alta e io ho dovuto…”.

Il momento del cambiamento

Fagli una domanda: “L’Alfa doveva essere venduta a tutti i costi?” e Prodi ribatte: “Non poteva farlo, perché quando ha iniziato a perdere, perdere e perdere… Perché è stata presa la decisione? Si creò una grande rete vendita all’estero, ad esempio in Germania, c’era l’Alfa Sud che non funzionava e tutti i venditori si spostavano verso i giapponesi, dall’Alfa Romeo alla Nissan ecc ecc…

A quel punto ci hanno detto ‘dovete capire che è ora di cambiare’, e Ford aveva fatto una splendida offerta per lo sviluppo ma Sono stato costretto a vendere a chi offriva di più e il manager della Ford mi ha detto: ‘Ci hai detto chiaramente cosa sarebbe successo ma noi abbiamo detto che non avremmo offerto un centesimo di più’”.

Rimangono grandi punti interrogativi su quale sia il ruolo dell’Italia in Stellantis. L’amministratore delegato della multinazionale, Carlos Tavares, ha tenuto un atteggiamento contraddittorio nei confronti della nostra penisola, invocando prima un possibile disinvestimento e poi facendo marcia indietro.

I generosi ecoincentivi promessi dall’attuale esecutivo, ancora da sbloccare, hanno creato non pochi contrasti tra i partiti, ma la sensazione è che questa sia solo la punta dell’iceberg. Quando Urso ha accennato all’arrivo di un altro colosso automobilistico, in assenza di risposte rassicuranti da parte di Stellantis, lo stesso Tavares ha avuto una reazione irritata.

Attirare le aziende cinesi – ha spiegato – potrebbe spingere anche il colosso automobilistico, nato nel 2021 dalla fusione tra FCA e PSA Groupe, a prendere provvedimenti. In questo clima da “guerra fredda”, la famigerata cessione del quasi quarantenne Biscione scatena ancora una volta polemiche.

 
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