Perché secondo le banche, con le nuove regole del Superbonus, famiglie e imprese rischiano il default.

Perché secondo le banche, con le nuove regole del Superbonus, famiglie e imprese rischiano il default.
Perché secondo le banche, con le nuove regole del Superbonus, famiglie e imprese rischiano il default.

Il presidente dell’Abi lancia l’allarme sul nuovo Superbonus: “Con queste regole le banche dovranno fermarsi e i condomini rischieranno il default”. Secondo le associazioni di categoria sono un milione e mezzo le famiglie a rischio collasso. Il motivo è dato dalla nuova stretta sul credit clearing. «Bisogna trovare una soluzione, non conviene a nessuno se un settore dell’economia va in default», ha aggiunto il presidente dell’Abi.

Antonio Patuelli, presidente dell’Abi

Il “nuovo” decreto Superbonus è stato approvato dalla Camera con il voto di fiducia del governo, ma molti suoi aspetti non convincono banche e imprese. A lanciare l’allarme è l’Associazione bancaria italiana (Abi), che parla di una possibilità predefinito per famiglie e condomini e, a cascata, per imprese e istituti di credito. L’Associazione Esodati del Superbonus stima che questi rischi sarebbero preoccupanti 1,5 milioni di famiglie e oltre 500mila professionisti. Le ragioni sono da attribuire allo stop da parte del governo ad una procedura largamente utilizzata da banche e istituti di credito, ovvero la compensazione dei crediti d’imposta con i contributi Inps e Inail. Lo stop scatterà dal 1° gennaio 2025.

Lo dice il presidente dell’Abi Antonio Patuelli, con le nuove regole le banche dovranno “smettere assolutamente” di acquistare crediti Superbonus. E se i grandi acquirenti sono costretti a fermarsi “bisogna trovare modi diversi per animare il mercato, perché altrimenti imprese, condomini e famiglie possono trovarsi in difficoltà, in situazioni che li porta al default“. Il riferimento è proprio al divieto di compensazione dei crediti con i contributi previdenziali e assistenziali, imposto dal governo a partire dal 2025. Un divieto che varrà per banche e assicurazioni e che costituisce di fatto un vincolo quasi definitivo alla cessione del credito e allo sconto in fattura, per il quale rimanevano già pochissime esenzioni. Con il voto della Camera sono stati approvati anche gli altri emendamenti del governo. Tra questi c’è il famigerato “credit spread” – che aveva fatto molto discutere tra i ministri Tajani e Giorgetti – non più quattro ma una dieci anni per le spese effettuate dal 1° gennaio 2024 in poi. Viene poi confermato il bonus sisma e il rinvio dell’entrata in vigore della “sugar tax” e della “plastic tax”.

Quali opzioni rimangono senza compensazione del credito

Con lo stop del governo, dal 2025 le banche non potranno più utilizzare i crediti Inps e Inail per integrare i soldi che le famiglie hanno anticipato per ristrutturare le proprie case. Poiché i contributi previdenziali sono stati tra gli strumenti più utilizzati dalle banche, è probabile che non accetteranno più credito e forse addirittura romperanno i contratti esistenti. Da qui il rischio per molte famiglie di perdere parte dei soldi spesi per il bonus. È per questo motivo che il presidente dell’Abi ha espresso apprensione. Intervenendo al Roma Investment Forum di Febaf, Patuelli ha dichiarato: “Mi auguro che dopo le elezioni europee si crei un veicolo capace di coinvolgere risorse pubbliche e private fuori dal bilancio dello Statoche diventi acquirente di crediti”, perché “non c’è interesse che ci siano settori dell’economia che vadano in default”.

Perché banche e costruttori criticano l’ultimo emendamento del governo sul Superbonus

A considerare concreto il rischio default per le famiglie non è solo l’Abi, ma diverse associazioni di categoria. Sembrerebbe che le continue modifiche subite dal bonus non siano state sufficienti in questo senso: dalla riduzione della percentuale dal 110% al 70%, attraverso il progressivo restringimento della platea dei beneficiari, fino a questo ulteriore restringimento della compensazione creditizia. . L’Associazione Superbonus Esodati ritiene a rischio 1,5 milioni di famiglie. Resta la possibilità per loro di portare il crediti deducibili, ma è un’opzione che richiede un’ampia capacità fiscale. Secondo alcuni calcoli, per una spesa di circa 120mila euro si potranno detrarre circa 13mila. A patto però di avere un’Irpef di 40-50mila euro l’anno.

Intanto oggi sono attese le dichiarazioni finali di voto sul decreto. Non sono mancate le critiche anche da parte dell’opposizione riguardo alle ultime novità. Il deputato Pd Emiliano Fossi si è scagliato contro il taglio del 30% delle detrazioni sulle ristrutturazioni. «Un infortunio sul lavoro su tre avviene nell’edilizia: con queste revisioni delle tariffe il diritto infatti favorire il lavoro nero“. Luigi Marattin (Italia Viva) ha invece accusato il governo di danneggiare cittadini e imprese “per un beneficio economico irrisorio”.

 
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