«Facevo il veterinario, rifiutai uno spot da 70mila euro. La carne coltivata e gli insetti dovrebbero essere mangiati” – .

«Facevo il veterinario, rifiutai uno spot da 70mila euro. La carne coltivata e gli insetti dovrebbero essere mangiati” – .
«Facevo il veterinario, rifiutai uno spot da 70mila euro. La carne coltivata e gli insetti dovrebbero essere mangiati” – .

DiEnea Conti

Lo chef protagonista di «Giorgione. Orto e cucina” e video sui social: “Ho comprato per pochi soldi il ristorante, dove mangio tanto per 36 euro. La sovranità alimentare è una sciocchezza. Con mia moglie di 49 anni”

“Essere famoso? È una responsabilità. A volte è addirittura inquietante”. È ancora. «Sovranità alimentare? Una stupidità come tutti i sovranismi”. Gli italiani a tavola? “Spesso mangiamo le stesse cose e lo facciamo con tristezza.” Sessantasette anni, romano vero, Giorgio Barchiesiper tutti “Giorgione» sarà uno dei protagonisti del Macfrut di Rimini, la prevista vetrina internazionale del settore ortofrutticolo dall’8 al 10 maggio nella città romagnola. Il protagonista di «Giorgione: Giardino e Cucina» atterrato su Gambero rosso Channel, sarà sotto i riflettori presso lo stand di San Lindano, azienda del settore, tra l’altro show cooking in programma nella tarda mattinata dell’8 e 9 maggio: «Rallegreremo la gente», scherza intanto e l’occasione è buona per farsi raccontare chi è Giorgione e da dove dove inizia la sua storia, a partire dalla fama conquistata negli ultimi anni.

Giorgione, protagonista in tv e protagonista sui social, da Instagram a Facebook. sei seguito e conosciuto da molte generazioni, quasi dai 5 ai 90 anni, si potrebbe dire. Ne sei consapevole?
«Sono consapevole del fatto che è una grande responsabilità. Anzi, a volte inquietante. Non ho mai studiato comunicazione e sedici anni fa non avrei scommesso un centesimo sulla vita che vivo adesso. E soprattutto non voglio fare l’influencer, non vendo niente se non me stesso. Una volta una marca di acqua minerale mi offrì 70mila euro per inserire uno spot pubblicitario alla fine di un video in cui dicevo che quest’acqua aiuta a digerire. Ma ho rifiutato. Detto questo, il successo è arrivato per caso. Sedici anni fa ho aperto il ristorante per caso. Ho fatto una festa a casa con amici e amici di amici comuni. Alcuni di loro avevano un piccolo ristorante in un paesino di Montefalco, in Umbria: mi si è accesa una lampadina in testa, volevano rinunciarvi e così l’ho rilevato. E l’ho comprato per pochi soldi. Non ero uno chef ma avevo sempre cucinato, il cibo era convivialità, non solo mangiare bene”.

In tutti i tuoi format, televisivi e non, ti diverti e fai divertire, lo ammetti?
«La dieta è sana quando non è noiosa. Le persone spesso mangiano le stesse cose a casa e lo fanno con tristezza. Per rendersene conto basta andare in farmacia: file e file di integratori che sembrano dirti: “Se hai sudato, compra questo, se hai corso, compra quell’altro, se sei depresso, c’è questo”. altra”. Rispondo: “Mangia tutto, non ti serve niente”. Se sei sano significa che l’hai tolto e se stai male è meglio assumere un farmaco vero e non un integratore. Altra cosa, oggi a tavola non si parla più, si mangia e non si chiacchiera ma si guarda la televisione che dà continuamente istruzioni: come la dieta che per me è una pausa tra un pasto e l’altro».

Un programma di cui è stata protagonista è stato «Essere Giorgione», sempre sui canali del Gambero Rosso. Com’era Giorgione prima di diventare Giorgione?
«Ero conviviale, mi piaceva stare in mezzo alla gente. E mi piaceva essere al centro dell’attenzione anche perché mi piacevo molto. A parte alcol e droghe, ero abbastanza lucido e cosciente da piacermi così com’ero. Ho lavorato per 20 anni come veterinario agrario in azienda: la conoscenza della materia prima è fondamentale. Ricordo lo scandalo degli estrogeni che travolse Plasmon. Vitelli ingrassati con estrogeni con non poche ripercussioni sulla salute dei bambini (a causa degli omogeneizzati che venivano prodotti con quella carne, ed). Ebbene, eravamo all’inizio degli anni ’80, la carne non si vendeva più: le vendite erano paralizzate. Lavoravo come veterinario in azienda, c’erano tanti animali da vendere in un periodo di crisi: abbiamo inventato una cooperativa e realizzato le prime confezioni di carne “pronta da cuocere”. Mi sono messo la giacca da macellaio e ho iniziato a vendere carne, dopo essermi tolto la giacca da veterinario. Ci siamo guadagnati una buona reputazione soprattutto a Roma”.

A proposito, tu sei romano di Roma, come dici spesso da sette generazioni. Eppure c’è un filo che lo lega alla Val Pusteria. Quale?
«Avevamo uno chalet a Courmayeur, che divenne la casa della dolce vita che mio padre non adorava. Mia zia, la sorella di mio padre, viveva in Val Pusteria. Ha detto che, invece, non c’era nessuno. Mio padre e mia madre andavano a trovarla a Villabassa e noi siamo sempre andati semplicemente lì. Anche i miei figli ne sono appassionati”.

Quali sono i tuoi primi ricordi in cucina?
«I giorni in Val Pusteria: mi sono appassionato al gulasch, agli spezzatini, alla cucina mitteleuropea. Nella casa in Val Pusteria c’era Tata Marianna: era una donna che aveva la capacità di insegnarti senza essere troppo tenera, era una donna molto rude ma allo stesso tempo di una dolcezza infinita. Ricordo la preparazione dello strudel di mele: niente più che un mattarello. Con i polsi, gli avambracci e le mani ha steso un perfetto metro quadrato di pasta frolla. Ero un bambino di cinque o sei anni e per me era magico. E a dire il vero non esiste solo lo strudel di mele. Lo strudel è pasta ripiena, e non è solo strudel di mele. Una passione, questa magia, l’idea di un prodotto primario poi trasformato in cibo mi ha incuriosito molto.”

In un’epoca in cui ristoranti “costosi” e cucine stellate offrono menù da capogiro, voi siete rimasti umili in fatto di prezzi. Vuoi liberarti da una certa idea di mercato alimentare?
«Trentasei euro bevande escluse, e c’è un motivo: qui trovi trippa, lingua, nervi, lampredotto. E poi formaggi e una quarantina di prodotti da sgranocchiare. E poi due primi, due secondi, due contorni e un tris di dolci. Attenzione, mangi quello che diciamo: quello che arriva è indiscutibile e non c’è trattativa. Non puoi scegliere. Non facciamo porzioni ma portiamo vassoi e se la quantità non basta non è un problema, perché aumentiamo. Direi che i motivi per non far salire i prezzi alle stelle ci sono tutti. Premessa: decidiamo tutto noi ma sicuramente per chi soffre di intolleranze alimentari, per tanti tipi di intolleranze, abbiamo linee speciali per accontentare tutti e non far stare male nessuno”.

Cosa pensi dei giovani e di questa presunta mancanza di voglia di lavorare nella ristorazione? Hai assunto giovani aiutanti?
«Io do una possibilità a tutti: li assumo adeguatamente, li pago e gli do fiducia. I giovani non vogliono lavorare? È naturale che ci voglia passione e voglia di soldi, questi ragazzi devono passare i fine settimana al servizio delle persone che vengono nel posto dove lavorano per divertirsi. E già un sacrificio evidente. Se hai passione ma lavori in un posto dove ti maltrattano, qualcosa non va. Poi forse, una volta raggiunta una posizione sicura, finisci per fare il prepotente con chi è sotto di te. Ma credo che nel creare queste condizioni ci sia la responsabilità di questa “cucina a vista”, questo spettacolo continuo in cui a volte i toni sono un po’ violenti e senza scrupoli”.

Per molti di me il suo stile è tutt’altro che borghese. Eppure spesso rivendica origini “borghesi”. Possiamo dire che le apparenze ingannano?
«Non posso negare le mie origini borghesi. Una borghesia illuminata. A 14 anni mia madre, pedagoga Montessori, mi disse di avvicinarmi alle cose con curiosità e non con diffidenza, senza porre barriere soprattutto con la diversità ma assecondare le emozioni che si provano. Ha detto che mi sarei reso conto che cose diverse non sono poi così diverse. In casa avevamo la servitù ma noi, sei figli, dovevamo prepararci la colazione, dovevamo rifare i letti ecc. E nostro padre ci diceva che avevamo ricevuto troppo dalla vita e che se volevamo di più dovevamo andare lavorare per guadagnarselo. Con questo spirito ho comprato una moto Morini per andare in Val Pusteria, mio ​​fratello è partito con un’altra Morini ed è scomparso per settimane, non sapevamo dove fosse andato finché non abbiamo ricevuto una cartolina dal Marocco con la scritta “Con la Morini vai dove vuoi.”

Ricordi qualche differenza di vedute con i tuoi genitori?
«Certo che mio padre voleva che andassi al liceo, ho frequentato l’istituto agrario. Poi mi sono iscritto alla scuola di veterinaria. Anche mia moglie era contadina. Stiamo insieme dal 1975 e siamo sposati dal 1981”.

Si vede guardando i suoi programmi che ha girato l’Italia. E che rapporto ha con il mondo?
«Adoro andare in moto e anche mia moglie la adora. Abbiamo fatto un tour in Europa insieme, ma sono andato anche in Sud America. Diciamo che ho fatto il mio giro. Cucina straniera? Ovunque andassi trovavo roba buona e schifezza. Certo, in Argentina sono rimasto sorpreso e non solo lì: non ho trovato questa “meravigliosa carne argentina”. In Francia nelle lumache mettono chili di burro. Cosa dire?”.

Sei un difensore della nostra tradizione culinaria, che, come detto, conosci bene. Cosa ne pensi della “sovranità alimentare”?
«È una sciocchezza che gioca con un certo tipo di sovranità. Che comunque andrebbe demonizzato, per quanto mi riguarda. Siamo circondati dal sovranismo e il seme del sovranismo è inquietante ma trova terreno fertile per germogliare”.

E che idea ti sei fatto dei dualismi “carne non carne”, “insetti o non insetti”? Cucineresti carne “sintetica”?
«La gente muore di fame e quando la gente muore di fame dobbiamo portare fuori quanto più cibo possibile. Carne sintetica? Non è sintetico. La carne sintetica è una bufala. Nasce da una trasformazione in laboratorio, ma proviene pur sempre da cellule animali. Chi ci dice che questa carne non può essere buona? Inoltre verrebbe prodotto senza inquinare. E la stessa cosa vale per gli insetti. Perché dire “no” a priori? Ripeto, ricordiamoci che c’è gente che muore di fame, che il cibo è una cosa seria, che in tempo di guerra si mangiavano i topi”.


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7 maggio 2024 (modificato il 7 maggio 2024 | 12:21)

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