«Ho rovinato tanti atleti e ho rischiato di morire. Per le notti folli con Jury Chechi mia moglie voleva il divorzio” – .

«Ho rovinato tanti atleti e ho rischiato di morire. Per le notti folli con Jury Chechi mia moglie voleva il divorzio” – .
«Ho rovinato tanti atleti e ho rischiato di morire. Per le notti folli con Jury Chechi mia moglie voleva il divorzio” – .

DiAnna Gandolfi

Il campione di canoa ha 55 anni e vive a Lecco: «Ho avuto un infarto durante una gara ciclistica, mi ha dato fastidio dire che stavo male e non ho chiamato subito i soccorsi». Politica? “Avevo la tessera della Lega, ma era scaduta”. La foto di nudo in copertina: «Mia moglie e l’amministrazione finanziaria non l’hanno presa bene»

«Mi dava fastidio dire che non stavo bene. Rinunciare ad una gara? IO? Chiamo: ho una foratura, vieni a prendermi con calma. È arrivato uno scooter ma non sono riuscito a salirci”.

E quel giorno la sua vita cambiò.
«Prima di sentirmi indistruttibile, non avevo paura degli allenamenti duri. Adesso vado nel panico se mi taglio e vedo il sangue che non si ferma a causa degli anticoagulanti. Prendo ancora le medicine, sono passati quasi tre anni, sto bene ma ho cambiato approccio: so che basta un attimo per cancellare tutto, perché il corpo si arrenda”.

Anche se ti chiami Antonio Rossi, sei un campione di canoa plurimedagliato – tre ori mondiali, un europeo, cinque Olimpiadi con tre ori, un argento e un bronzo – e hai fatto dello sport il cardine della tua esistenza.
Quel giorno – domenica 18 luglio 2021 – Rossi non stava remando ma pedalando per la Granfondo Pinarello di Conegliano.

«Non volevo lasciarmi superare, inoltre non mi sembrava giusto dare preoccupazioni a Fausto Pinarello, che aveva perso il fratello a causa di una malattia. Ho ripetuto: mi riprenderò, sono qui sul muro, non è niente. Ma non è passato. Avevo fatto una salita e avevo la nausea, pensavo fosse congestione, poi è iniziato il formicolio. Intanto gli altri mi passavano sfrecciando: va tutto bene? Sì, bene. Può darsi ma io, che alle corse non salvo mai il numero di emergenza, in quel caso lo avevo memorizzato sul cellulare. Dopo l’arrivo del cambio gomme, con lo scooter non riuscivo a salire, è scattato l’allarme. Esame sul posto e verdetto: non ti muovi, ti viene un infarto”.

Hai pensato di morire?
«Non in quel momento. Poi un amico medico ha detto che per me andava bene: il coagulo di sangue – ecco cos’era – poteva arrivare alla testa”.

Rossi è nato nel 1968, ha 55 anni. Nato a Lecco, oggi la sua vita è manageriale e collabora con il Comitato Olimpico Milano-Cortina 2026. Dopo lo sport si è avvicinato alla politica «ma sempre come persona civica e tecnica. Avevo la tessera della Lega da tifoso, ma è scaduta”.

In Regione è stato consigliere e sottosegretario con Roberto Maroni e Attilio Fontana, quindi civico ma di centrodestra.
«Una parte dei miei tifosi, che prima erano trasversali, mi hanno abbandonato. Scherzi a parte: oggi non sono più in Consiglio, nemmeno nel Comune di Lecco, e amo moltissimo quello che faccio. Sono contento dell’esperienza precedente e non mi pento di nulla”.

Il nome di un politico che rispetta, da entrambe le parti.
«Restiamo in Regione: Attilio Fontana, presidente che sa affrontare il compito con il pragmatismo di un sindaco; Fabio Pizzul del Pd ha offerto un’opposizione costruttiva”.

Torniamo allo sport. Come hai iniziato con la canoa?
«Sono l’ultima di cinque figli, le mie sorelle hanno nuotato con la Canottieri Lecco. Anche mio fratello aveva cominciato ad andare in canoa e si divertiva. Ci ho provato e non mi sono mai fermato. Ecco: lo ero davvero pompino».

Non ha vinto?
«Sono nato a dicembre, ho trovato in gara ragazzi più grandi. Alla fine sono partito anch’io: sognavo la maglia azzurra, non avrei immaginato di arrivare dove sono arrivato”.

Una volta disse: “So di aver rovinato molti atleti, forse più di quanto sono riuscito a ispirare”.
«L’ho scritto in un articolo e va contestualizzato. Ho detto che ero sempre stato convinto di non avere molto talento fisico e quindi che l’unico modo per distinguersi fosse lavorare più degli altri”.

Almeno il 15% in più, quantificate anche questo.
«Non era un modo di dire, era un calcolo matematico legato ai risultati. Quando ho vinto il mio primo titolo italiano ero ancora al liceo e la mia vita non era interamente dedicata allo sport. Poi ho capito che dovevo andare oltre. Ho inserito nel mio allenamento 10 chilometri di nuoto: a secco, ogni mercoledì mattina alle 8. Ci ho messo un’eternità a farli e sono arrivato alla fine quando non sapevo nemmeno dove fossi. Io dico che ho rovinato tanti atleti perché ho alzato l’asticella e quando, con i risultati, sono diventato un riferimento, all’improvviso gli allenatori hanno voluto imporre la stessa routine ai loro ragazzi”.

Visto oggi, è troppo?
«Sono tecniche, ognuno deve fare quello che sente. Quei dieci chilometri forse non sono serviti a molto ma mi hanno fatto stare bene nella testa. Per studiare la frequenza cardiaca ho utilizzato la carta millimetrata: un punto ogni 5 secondi per allenamenti della durata di un’ora e mezza. Ho inviato i grafici via fax all’allenatore. Adesso sembra incredibile eppure sono cose che non ti pesano se hai grandi progetti”.

Nel 2000, però, scomparve prima delle Olimpiadi. Cos’era successo?
«Il 24 dicembre 1999 è venuto a mancare mio padre Maurizio, per marzo era prevista la nascita di Angelica, la mia prima figlia. Io, che avevo sempre visto lo sport come divertimento e non come lavoro, ho cominciato a pensare di fermarmi, dicendomi di mettere la testa a posto”.

Insomma, cerco lavoro a tempo indeterminato.
“Più o meno. Ero nella Guardia di Finanza, avrei potuto tentare un concorso. Ho frequentato il liceo scientifico e ho studiato economia e commercio. Volevo dare più certezze alla mia famiglia”.

Com’è andata?
«La mia famiglia, la Finanza e la squadra mi hanno aiutato. Mi hanno dato il tempo di pensare. Le Olimpiadi di Sydney erano ad ottobre, ho ripreso a marzo. Quindi, purtroppo, non ero presente quando è nata mia figlia Angelica: ero a Siviglia in allenamento”.

È vero che avevi un mental coach?
«A quarant’anni mi ritrovai a preparare il K4 a Pechino con atleti di generazioni diverse dalla mia: avevano 30 anni (Franco Benedini e Luca Piemonte), il più giovane 23 (Alberto Ricchetti). Era necessario amalgamare caratteri, ambizioni e problematiche su un’unica barca. Con la psicoterapia ci siamo riusciti. Certo: ero un quarantenne con due bambini piccoli, loro volevano andare a ballare dopo le gare”.

Rossi, non si sentiva vecchio?
«Io ero quello con esperienza».

In canoa anche il figlio Riccardo Jury.
«Dopo il quarto anno di liceo all’estero ha preferito dedicarsi ad altro. Non mi piaceva che lo paragonassero continuamente a me: mi toglievano un po’ di divertimento”.

Hai scelto Jury come secondo nome per tuo figlio in onore di un amico, è vero?
«Giuria Chechi. È un fratello. Era lì alla Gran Fondo di Conegliano, tra le prime persone che ho cercato dopo aver realizzato che stavo davvero male. Ha chiamato mia moglie Lucia. Momenti brutti e momenti belli: abbiamo vissuto tutto insieme”.

Quando vi siete conosciuti?
«Nel 1996. Non al Villaggio Olimpico, come si potrebbe pensare, ma a Miss Italia: lui era presidente di giuria e io giurato».

Un aneddoto di Rossi e Chechi insieme.
«Ce ne sono tanti, lasciami pensare…»
In sottofondo si sente la moglie di Rossi suggerire qualcosa.
“No, quella del trolley non la posso dire: sono una persona perbene”.
Entrambi ridono.

COSÌ?
Nuova consultazione.
«Nel 2004, per Telethon, abbiamo trascorso qualche giorno a New York e ci siamo divertiti molto, mentre i nostri rispettivi compagni ci aspettavano a casa. L’accordo era di partire tutti insieme per Corvara per le vacanze. Una volta lì, Jury e io siamo scomparsi di nuovo: in giro fino alle quattro del mattino, senza dormire. Penso che quella sia stata una delle volte in cui sono stato più vicino al divorzio da mia moglie.

Lucia Micheli, una canoista come lei. Ti sei conosciuto molto giovane. Come hai gestito la sua reputazione di “portabandiera più bello delle Olimpiadi”?
Ridono di nuovo.
«Non ero la più bella, era solo una bellezza che veniva dall’entusiasmo. Comunque nessun problema.”

Hai fatto anche un po’ di televisione.
“Qualcosa. Ero lo sportivo, l’ospite. È andata bene perché non c’era nessuno in gara”.

Ma è vero che per la Lega italiana per la lotta contro i tumori si è spogliato e si è ricoperto di cioccolato?
«Era una vendita di cioccolato di beneficenza. Niente di scandaloso: solo foto del busto. Imbarazzante, ne ho solo uno, quello con la pagaia…”.

Ci ricordi la storia della pagaia.
«Era un reportage per una famosa rivista, nel 2000. Entro in studio e vedo le foto di Massimiliano (Rosolino, ndr) solo con le cuffie. esclamo: ma no! La “mia” Guardia di Finanza non approverebbe mai. Hanno mostrato altre immagini di atleti: se lo fanno loro, perché non tu? Va bene. Ma poi la foto vestita solo con il paddle è finita in copertina ed è scoppiato un putiferio: la Gdf non era contenta e nemmeno mia moglie. Diciamo che da allora sono stato molto, molto attento…”.


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9 maggio 2024 (modificato il 9 maggio 2024 | 08:14)

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