Putin ha un’arma segreta contro l’Occidente. E non è militare – .

Putin ha un’arma segreta contro l’Occidente. E non è militare – .
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I lenti e graduali successi sul campo di battaglia ucraino da parte dell’esercito russo, sempre più evidenti nelle ultime settimane, confermati dalle grida d’allarme verso l’Occidente da parte dei vertici di Kiev, trovano spiegazione nella notevole, per non dire enorme, capacità di spesa del Stato russo. Questa capacità deriva sia dalle ingenti risorse raccolte dal Tesoro gestito da Putin, sia da un approccio tradizionalmente modesto alla spesa pubblica russa (ad esempio, i pensionati in Russia guadagnano in media 200 euro al mese, anche se è il costo della vita per molti aspetti superiore al nostro), ma soprattutto dalla vasta ricchezza di risorse naturali. Per confermare la forza economica del Paese guidato da Vladimir I è sufficiente analizzare la seguente tabella 1, che riporta i dati sul bilancio pubblico della Federazione Russa, reperiti attraverso una complessa e lunga navigazione sul sito del Ministero delle Finanze Economia e Finanza di Mosca (nella versione russa).

È opportuno specificare che i ricavi, oltre al dato complessivo (3a colonna da sinistra), sono suddivisi in 2 categorie, ovvero “non tributari” (4a colonna), che derivano dalla vendita di materie prime e altri proventi e “imposta” (5a colonna), che sono rappresentate dalle entrate generate dalle imposte. Infine, nell’ultima colonna (la 6a) è riportato il deficit di bilancio (identificato dal segno meno prima del numero), che però può anche essere un avanzo di bilancio (in questo caso è presente il segno più).

Tabella 1

Il bilancio pubblico della Federazione Russa 2020-2024

(dati in miliardi di rubli)

Spesa pubblica

Entrate statali

Entrate non tributarie

Entrate fiscali

Disavanzo

(se con -)

2020

22.822

18.719

8.710

10.009

-4.103

2021

24.762

25.286

12.427

12.859

+524

2022

31.119

27.824

14.592

13.232

-3.295

2023

32.354

29.124

13.111

16.013

-3.230

Primo trimestre 2024

9.326

8.719

4.150

4.569

-607

Prima di commentare i dati, è bene precisare che all’inizio del 2020 1 euro valeva 70 rubli, un cambio che aveva toccato gli 85 rubli all’inizio del 2022, per poi arrivare agli attuali 100 rubli, non senza improvvise movimenti su e giù. Utilizzando il tasso di cambio attuale, e prendendo in considerazione i dati relativi al 2023, si può affermare che in quell’anno lo Stato russo ha incassato circa 290 miliardi di euro, e speso poco più di 320 miliardi di euro. Va inoltre considerato che i tassi di inflazione in Russia sono stati del 4,9% nel 2020, dell’8,4% nel 2021, dell’11,9% nel 2022 e del 7,4% nel 2023, circostanza che spiega in parte l’aumento dei valori del bilancio statale russo rispetto tempo (espresso in rubli).

Fatte queste precisazioni, la prima osservazione da fare è che strutturalmente lo Stato russo spende pochissimo per i suoi 146 milioni di cittadini. A questa conclusione si arriva confrontando la spesa pubblica italiana nel 2021 (l’anno prima dell’attacco all’Ucraina), pari a 1.025 miliardi di euro (di cui 64 miliardi per interessi sul debito pubblico), con quella russa nello stesso anno, pari a 24.762 miliardi di rubli (ovvero 291 miliardi di euro, applicando il tasso di cambio attuale di 85). Insomma, lo Stato russo è decisamente avaro, visto che l’Italia spende 3,5 volte quello che spende la Russia su 146 milioni di abitanti per 60 milioni di cittadini, con la conseguenza che i nostri governi spendono oltre 8 volte di più per ogni residente. (840%) di quanto Putin faccia per i suoi amati sudditi.

I dati della tabella 1 dicono molte altre cose, a cominciare dal fatto che negli ultimi anni, sia prima che dopo il conflitto, lo Stato russo è riuscito a mantenere le finanze pubbliche in equilibrio. Infatti, nel 2021, l’anno che ha preceduto l’attacco a Kiev, il tesoro russo era addirittura in surplus (pura fantascienza alle nostre latitudini), e anche negli ultimi due anni di guerra, il deficit, tradotto nella nostra valuta, si è fermato a poco più di 30 miliardi di euro (piccola variazione rispetto al deficit italiano del biennio 2020-2021, sopra i 100 miliardi di euro, e meno della metà del deficit del 2022, che si era avvicinato ai 70 miliardi).

Insomma, la guerra non costa poi così tanto, a quanto pare.

Ma come è possibile tutto ciò?

La risposta sta, in primo luogo, nel fatto che Putin e i suoi sudditi siedono su una miniera sconfinata, ricca di materie prime energetiche e minerali (compreso l’oro), tanto che circa il 50% delle entrate dello Stato russo non proviene dalle tasse. , ma dai ricavi derivanti dalla vendita di petrolio, gas, carbone e tanti altri minerali. Tale affermazione, che deriva dall’osservazione delle colonne 3, 4 e 5 (partendo da sinistra) della tabella 1, può essere meglio compresa esaminando la successiva tabella 2, che mette a confronto la percentuale delle entrate pubbliche provenienti rispettivamente da fonti diverse dalle tasse (come i ricavi dalle materie prime) e dalle tasse.

Tavolo 2

La ripartizione delle entrate della Federazione Russa 2020-2024

% Entrate non fiscali

% Entrate fiscali

Totale

2020

47%

53%

100%

2021

49%

51%

100%

2022

52%

48%

100%

2023

45%

55%

100%

Primo trimestre 2024

48%

52%

100%

Come si vede, le entrate non fiscali si attestano strutturalmente intorno al 50%, una percentuale molto elevata (presumibilmente rara nel mondo).

Ne consegue che se il costo del conflitto gravasse solo sulle spalle dei contribuenti russi, anche al netto del patriottismo (o della stupidità) degli eredi di Tolstoj, la capacità di spesa della Federazione Russa risulterebbe notevolmente compromessa, non solo perché è possibile che la propensione a pagare tasse molto più elevate potrebbe essere più contenuta rispetto alla propensione a sostenere Putin, ma anche a causa dell’oggettiva capacità reddituale dei residenti di Mosca e zone limitrofe, e quindi della capacità fiscale, che è modesta, dato che il Pil pro capite pro capite in Russia era nel 2023 di appena 13.300 dollari (dati FMI), 3 volte inferiore al Pil pro capite italiano (che sfiora i 39mila dollari). Sono state quindi le risorse naturali che hanno dato a Putin il rischio di tentare la ricostruzione dell’URSS, a cominciare dall’Ucraina.

Ma quanto è grande questa ricchezza?

Dato che chi scrive si è soffermato solo su una parte degli asset minerari, va detto che, per quanto riguarda il petrolio, alla Russia vengono accreditati (dati OPEC) riserve conosciute pari a 80 miliardi di barili (su un totale mondiale di 1.564 miliardi). , quindi il 5% del totale, mentre sul fronte del gas Putin può contare su 48.000 miliardi di metri cubi, circa il 25% delle riserve mondiali, che ammontano a 210.000 miliardi di metri cubi.

Passando al fronte dei minerali, basti dire che nel 2023 la Russia è stata il secondo Paese al mondo per produzione di oro (dati World Gold Council), non lontano dalla Cina, con 325 tonnellate annue, e il 5° produttore di ferro campionato del mondo (secondo il sito Statista). Queste informazioni dovrebbero essere sufficienti per capire che non esiste alcuna sanzione occidentale che possa indebolire sufficientemente la Russia dal punto di vista economico.

In questo contesto si inserisce il discorso alla Duma della governatrice della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina, che il 10 aprile ha rassicurato i parlamentari, ricordando che la domanda in Russia (presumibilmente domanda pubblica di armamenti, ndr) sta spingendo l’economia, circostanza ciò non abbassa l’inflazione, che giustifica un tasso di interesse del 16%, eppure crescono i prestiti alle imprese (una situazione per noi semplicemente inconcepibile, a conferma che l’economia russa si basa su meccanismi diversi dai nostri).

Di fronte a questo quadro positivo, Nabiullina, come è nel suo stile, non ha mancato di segnali di preoccupazione, derivanti dalla stagnazione delle esportazioni (probabilmente dovuta alle sanzioni, ndr), e dall’aumento delle importazioni, che aumentando la domanda di valute estere, comporteranno molto probabilmente un ulteriore deprezzamento del rublo, e quindi un’ulteriore spinta verso l’inflazione dovuta al ricorso a beni importati, il cui prezzo, tradotto in rubli, continuerà a salire.

Ma alla luce delle considerazioni riportate in questo articolo, si tratta solo di piccole nuvole in un radioso cielo azzurro.

Buono per Putin, peggio per noi…

 
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