«Dopo il 7 ottobre c’è chi ha scelto di stare con i carnefici» – .

«Dopo il 7 ottobre c’è chi ha scelto di stare con i carnefici» – .
«Dopo il 7 ottobre c’è chi ha scelto di stare con i carnefici» – .

DiStefano Montefiori

Per lo studioso del mondo arabo, invece, “l’Occidente aveva reagito all’11 settembre in maniera unita”

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI — Professor Kepel, lei è uno dei massimi esperti mondiali di Medio Oriente, ha appena pubblicato in Francia il libro «Olocausti» su Israele, Gaza e «la guerra contro l’Occidente» che uscirà in Italia dopo l’estate per Feltrinelli , e hai insegnato per trent’anni a Sciences Po. Cosa ne pensa di quanto sta accadendo nella scuola delle élite, non solo francesi?
«È il crollo di un’istituzione fondamentale, che ha capitolato di fronte all’ideologia sveglia e ha rinunciato alla trasmissione del sapere. Un declino che purtroppo iniziò molti anni fa, quando l’allora direttore Richard Descoings, poi scomparso a New York in circostanze poco chiare, ebbe l’idea, in ottima teoria, di aprire Sciences Po a studenti provenienti dalle periferie, dalle banlieues, stranieri ai soliti quartieri parigini.”

Eri contrario a questa apertura?
«No, anzi, Descoings mi ha associato alla sua iniziativa e mi è sembrata una cosa positiva, io stesso andavo nei licei di periferia per insegnare e preparare i ragazzi all’esame di ammissione».

Quindi cosa non ha funzionato?
«Democratizzare l’accesso è stato giusto, ma non si è prestata sufficiente attenzione a mantenere alto il livello degli studenti, ma anche della dirigenza. Dopo la tragica morte di Descoings, alla guida di Sciences Po sono subentrati due alti funzionari dell’Ena, e non due professori. Si è puntato tutto sulla democratizzazione e sull’internazionalizzazione della scuola, cosa che avrebbe potuto essere una cosa positiva, ma si è trascurato il sapere, cioè la profonda ragion d’essere di un’istituzione di alto livello come Sciences Po”.

In che modo questa questione specifica di Sciences Po si collega alle proteste nei campus americani?
«Lo si vede chiaramente nel comunicato con cui una settimana fa l’attuale amministratore provvisorio di Sciences Po annunciava lo svolgimento di un town hall, ovvero un incontro tra direzione e studenti, copiando e incollando il gergo dei campus americani. Sciences Po è preda della propaganda di France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, che prevede una ridefinizione degli equilibri mondiali il 7 ottobre. In questo senso il 7 ottobre è peggiore dell’11 settembre”.

Perché?
«Perché dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 l’Occidente ha reagito unitariamente, il Corriere della Sera E le Monde hanno scritto in prima pagina “siamo tutti americani”. Dopo le atrocità del 7 ottobre, però, almeno una parte dell’Occidente si schiera con i carnefici e non con le vittime, così come fanno gli studenti che non fanno molte distinzioni tra Hamas e palestinesi. Quando vedo che il leader supremo iraniano Khamenei applaude le proteste a Parigi, penso che abbiamo toccato il fondo”.

I manifestanti filo-palestinesi lamentano che la loro protesta viene criminalizzata. Non è legittimo denunciare le migliaia di civili palestinesi uccisi dalle scelte del primo ministro israeliano Netanyahu?
“Certamente. Tuttavia, quando si dimentica completamente il massacro del 7 ottobre e il fatto che ci sono ancora più di 100 ostaggi nelle mani di Hamas, la protesta diventa meno basata sui fatti e più sull’ideologia. Pochi giorni fa manifestanti filo-israeliani e filo-palestinesi si sono affrontati davanti a Sciences Po, l’anfiteatro di Boutmy dove ho tenuto molte conferenze è stato ribattezzato anfiteatro di Gaza: è il contrario di quanto dovrebbe accadere in un’istituzione universitaria, fatta per il confronto ragionato di tutte le posizioni”.

In un libro precedente lei parlava di “jihadismo atmosferico”. Lo vedi all’opera in questi giorni?
«Non c’è violenza, almeno per il momento, per fortuna. Ma questo clima, alimentato per anni dai Fratelli Musulmani, ha favorito l’uccisione dei professori Samuel Paty e Dominique Bernard. Spero che qualcuno non ne approfitti per tornare a collegare le Olimpiadi e la causa palestinese, come accadde nel 1972 a Monaco”.

4 maggio 2024 (modificato il 4 maggio 2024 | 07:03)

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