Uno dei libri più antichi del cristianesimo va all’asta – .

Uno dei libri più antichi del cristianesimo va all’asta – .
Uno dei libri più antichi del cristianesimo va all’asta – .

Un foglio del codice Crosby-Schøyen MS 193 – WikiCommons

Forse non è proprio “il” più antico, ma è sicuramente uno dei libri più antichi del cristianesimo (e uno dei libri più antichi del mondo) quello che andrà all’asta da Christie’s l’11 giugno (con un prezzo stimato tra 2, 6 e 3,8 milioni di dollari). Si tratta del Codice Crosby-Schøyen MS 193. Scritto in copto su papiro in un monastero dell’Alto Egitto, secondo la casa d’aste intorno al 250-350 d.C. (ma la datazione, come vedremo, è controversa), è un codice liturgico libro redatto in un monastero e contiene una raccolta di diversi testi con funzione liturgica: il trattato di Melitone di Sardi sulla Pasqua, i capitoli 5,27-7,41 del secondo libro dei Maccabei, i testi integrali della Prima Lettera di Pietro e del libro di Giona, un’esortazione liturgica.
Secondo Eugenio Donadoni, specialista del dipartimento di libri e manoscritti di Christie’s, “il testo è di importanza monumentale in quanto testimonianza della prima diffusione del cristianesimo nel Mediterraneo”. Il Codice Crosby-Schøyen fa parte dei Papiri Bodmer, una raccolta di diversi testi scoperti negli anni ’50 nella tomba di un monaco copto del VII secolo, e così chiamati per via del primo acquirente, il collezionista svizzero Martin Bodmer. Si tratta di scritti cristiani, estratti della Bibbia e letteratura pagana -Schøyen è composto da 104 pagine, ovvero 52 fogli, ma le analisi più attendibili suggeriscono che il libro, una volta completo, avesse 68 fogli, e la maggior parte dei fogli mancanti sono andati perduti, ma resti frammentari si trovano in altre collezioni (come la collezione Chester Beatty a Dublino e la Fondation Martin Bodmer a Cologny).
Si discute anche sulla data: il periodo 250-350 d.C., desunto paleograficamente, è considerato un intervallo ragionevole, ma presenta alcune difficoltà. Il secondo termine è assicurato dall’analisi del radiocarbonio. Ma se fosse stato effettivamente scritto nell’Alto Egitto, e precisamente in un monastero pacomiano, ciò restringerebbe notevolmente la finestra temporale, perché questi monasteri furono formati solo nel secondo quarto del IV secolo. Ciò significherebbe che la data del codice sarebbe in realtà più vicina al 325-350. In sintesi, l’analisi del radiocarbonio ci fornisce un termine prima di ciò (ultima data di produzione possibile), e la teoria della produzione monastica ci dà una scadenza post quem (prima data di produzione possibile). In questo senso, per quanto riguarda la lettera di Pietro essa potrebbe essere preceduta nell’antichità dal Papiro 72 (Bodmer 7 e 8, perché diviso tra Biblioteca Apostolica Vaticana e Fondazione Bodmer), che contiene le versioni integrali di entrambe le epistole petrine.

È certo però che si tratta di un esempio precoce e ben conservato del formato codex, cioè di un libro come lo conosciamo, mentre nell’antichità i volumi (da cui il nome) erano rotoli. Quando il codice arrivò all’Università del Mississippi a metà degli anni Cinquanta (che lo rivendè nel 1981) era ancora in uno stato relativamente intatto, un codice a emissione unica, con i fogli di papiro piegati e fissati con nastro adesivo lungo la piega centrale: nella parte le foto potevano essere sfogliate e maneggiate come un moderno libro. In questo senso il codice Corsby-Schøyen è un manufatto molto interessante dal punto di vista della storia del libro, perché offre preziose informazioni sulla costruzione dei libri antichi e sulla codicologia. Il codice fu successivamente smontato e le singole foglie furono inserite tra lastre di vetro, così appare ora in vendita da Christie’s.

 
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