In Italia arriveranno quasi 9 milioni di euro per le malattie croniche. Questo è ciò che è PreventNCD – .

In Italia arriveranno quasi 9 milioni di euro per le malattie croniche. Questo è ciò che è PreventNCD – .
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Arriveranno in Italia nei prossimi 4 anni 8,7 milioni di euro per una Joint Action (JA) europea per la prevenzione delle malattie non trasmissibili (NCD – Non Communicable Diseases) come tumori e malattie cardiovascolari, considerando anche i determinanti della salute.

La JA è iniziata il 1° gennaio 2024 e durerà 4 anni, con scadenza alla fine del 2027. L’Italia è uno dei 25 paesi membri di JA PreventNCD, un progetto dal budget complessivo di 95,5 milioni di euro, di cui 76,5 milioni di euro coperti dall’Ue e il restante 20% dai 25 Paesi. 95,5 milioni di euro rappresentano il 20% del bilancio sanitario totale dell’Unione Europea. Cifre importanti, di cui non si sente parlare spesso nel settore.

Il progetto è guidato dalla Norvegia e sostenuto da oltre 100 partner e mira a ridurre il peso del cancro e di altre malattie non trasmissibili affrontando sia i fattori di rischio che i determinanti sociali della salute.

In Italia questi 8,7 milioni di euro saranno divisi tra 14 soci. All’ISS, che è l’ente di riferimento del progetto per l’Italia, andranno 3,8 milioni di euro, una parte consistente del totale (di cui 3 milioni di finanziamento UE) suddiviso tra vari WP tra cui il WP7 (Disuguaglianze Sociali) con il coordinamento affidato all’ISS ISS e WP8 (Monitoraggio) con coordinamento affidato all’ISS.

Per quanto riguarda la parte relativa al WP7, spiega Raffaella Bucciardini, Direttore dell’Unità Disuguaglianze Sanitarie, Centro Nazionale per la Salute Globale (GLOB), ISS, Leader del WP7 “Disuguaglianze Sociali” della JA.
Le disuguaglianze sanitarie sono differenze prevenibili e ingiuste quando sono attribuibili a determinanti sociali della salute. Per combattere le disuguaglianze sanitarie è necessario promuovere un approccio “Salute in tutte le politiche” in linea con l’Agenda 2030 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.
A questo proposito è stato creato un gruppo di lavoro italiano che coinvolge statistici, epidemiologi, sociologi, oltre a membri dell’Iss, sia dell’Università di Roma “La Sapienza” che dell’Università di Torino. Il gruppo di lavoro ha il compito di indirizzare le azioni nell’ambito delle JA, finalizzate al contrasto delle malattie non trasmissibili, tenendo conto degli aspetti di equità, di monitoraggio e di impatto delle azioni. L’auspicio è quello di riuscire a diffondere buone pratiche basate sull’evidenza dei dati.

All’interno del WP7 sono previste ulteriori attività volte ad acquisire dati sulle molteplici dimensioni delle disuguaglianze sociali che influenzano il peso dei tumori e delle malattie non trasmissibili. Spesso, sia all’interno che tra i paesi, non sono disponibili informazioni sufficienti sulle variabili sociali ed economiche. Senza dati, non esiste una base affidabile per intraprendere azioni basate sull’evidenza.
Questo compito identificherà le lacune e fornirà raccomandazioni su come migliorare la raccolta e il monitoraggio dei dati nei paesi partecipanti alle JA.
Sono previste relazioni periodiche a 12 mesi, 24 mesi e al termine del JA che consentiranno di monitorare l’avanzamento delle attività.

Quanto costano le malattie croniche

Ci sono stime diverse. I dati riscontrati nei documenti internazionali degli ultimi anni sono questi: circa 50 milioni di persone nell’Unione Europea soffrono di due o più patologie croniche. Leggiamo che ogni giorno in Europa muoiono 22.500 persone a causa di queste malattie, pari all’87% di tutti i decessi e 550.000 morti premature di persone in età lavorativa, con una perdita economica stimata in 115 miliardi di euro all’anno (0,8% del Pil). Questi dati riflettono da un documento all’altro, anche tra i più recenti, ma in realtà si basano su un documento OCSE del 2016, quindi non recentissimo. Ma è anche vero che non è facile avere una stima precisa per un’area grande come l’Ue.

Per l’Italia, stime recenti mostrano una spesa complessiva di circa 66,7 miliardi per le patologie croniche. Secondo le proiezioni effettuate sulla base degli scenari demografici futuri elaborati dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) e ipotizzando una prevalenza stabile nelle diverse fasce di età, nel 2028 spenderemo 70,7 miliardi di euro. Nel 2022, la spesa per l’assistenza a lungo termine alle persone non autosufficienti è stata pari all’1,7% del Pil. Le previsioni di spesa della Ragioneria Generale dello Stato ammonterebbero a circa l’1,7% nel 2030, all’1,9% nel 2040, al 2,2% nel 2050 e al 2,5% nel 2060, con la quota dedicata alla spesa sanitaria che resterà stabile intorno al 40%. Se oggi l’indice di dipendenza degli anziani (cioè la quota degli over 65 rispetto alla popolazione attiva) è pari al 36%, raggiungerà il 54% nel 2035 e il 70% nel 2050. La quota di caregiver sulla popolazione attiva è attualmente dell’8%, nel 2013 sarà del 12%, nel 2040 del 15% e nel 2050 del 20%.

Quanto sono importanti i determinanti sociali?

Nel 2022 l’OMS e l’ISS hanno prodotto un rapporto nazionale sullo stato dell’equità sanitaria italiana. Se guardiamo alla scomposizione dell’impatto delle cinque condizioni essenziali sul divario nello stato di salute tra il 40% più ricco e quello più povero in Italia, apprendiamo che Il 43% – la quota maggiore – è dovuto all’insicurezza economica. Il 22% alle condizioni abitative, il 15% al ​​capitale umano, l’11% a cattive condizioni di lavoro e solo il 9% direttamente al servizio sanitario.
Le persone con meno anni di istruzione e con minore sicurezza finanziaria hanno maggiori probabilità di sviluppare malattie non trasmissibili. Per molti di questi indicatori sanitari, l’entità del divario tra le condizioni migliori e quelle peggiori è rimasta la stessa, e per alcuni (come la prevalenza del sovrappeso tra le adolescenti) è addirittura aumentata. Inoltre, il divario nella prevalenza delle malattie croniche tra le donne con bassi e alti livelli di istruzione si è ampliato, suggerendo che le misure esistenti per prevenire le malattie non trasmissibili funzionano meno bene per la popolazione femminile.

Questa azione comune dovrebbe finalmente essere in grado di rispondere a ipotesi come questa con dati.

 
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