sorridiamo e socializziamo” – .

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Le scuole dell’Istituto Biella 3 sono forse le più complesse da gestire per la loro ubicazione e per l’utenza eterogenea, ma sentendo parlare Stefania Nuccio, la direttrice della scuola, sembra che non vorrebbe essere da nessun’altra parte.

Cosa vede Biella dal tuo osservatorio?

«Una città dove c’è ancora molto da fare. Chiaramente la prima situazione che mi viene in mente è quella del Villaggio La Marmora. Per fortuna accogliamo un pubblico eterogeneo, quindi abbiamo anche i figli di genitori che scelgono di mandarli in queste scuole proprio perché lavorano con un metodo innovativo, e questo ripaga. Però gli utenti del Village sono importanti, per alcuni è un’etichetta, lo vedo quando mi iscrivo”.

Quindi il Villaggio è ancora un’entità a sé stante?

«Sì e la Biella che vorrei è una città dove non ci sia più una zona emarginata, perché anzi questo è diventato quel quartiere. Lo definiscono alloggi pubblici dove vengono mandate le persone in difficoltà, gli stranieri. Se fossi sindaco farei altro, tipo affittare appartamenti nei dintorni di Biella per farli traslocare. Sarebbe una soluzione più interessante: invece di creare un’area dove continuano ad aggiungersi persone problematiche, le spargiamo per Biella, sarebbe un modo per includerle. Ecco, vorrei che Biella fosse più inclusiva”.

Non è oggi?

«Vi faccio un esempio: quando nelle scuole primarie si avvia il progetto Active Kids School, da quando abbiamo il Villaggio nessun insegnante ci sceglie, siamo sempre gli ultimi. Ci sono persone che hanno paura di avvicinarsi a certe realtà”.

Cosa differenzia il Villaggio dagli altri quartieri?

«L’interculturalità, che considero un valore positivo; poi ovviamente ci sono famiglie di vecchia data con problemi e la gente resta bloccata lì, mentre bisogna andare oltre. Abbiamo organizzato una merenda allo skate park con tutte le scuole materne ed elementari del Village, è stato emozionante con una collaborazione incredibile da parte di tutti. Mi fa pensare che potremmo fare qualcosa per rimuovere quella barriera che isola il quartiere”.

Cosa fate come scuola per evitare tutto questo?

«Soprattutto e di più, abbiamo avviato una rivoluzione a livello didattico, primo anno di una sperimentazione con percorsi differenziati a seconda delle esigenze di ogni studente, sono stati creati laboratori dove si attiva una didattica diversa. Innovazione e inclusione sono le mie parole chiave, non può essere la scuola a porre limiti”.

La città collabora?

«C’è qualcuno. Nella zona si è formata una bella rete per toglierla da questo isolamento. L’obiettivo è trovare uno spazio fisico che diventi un punto di riferimento, dove possano soggiornare gli educatori che possano seguire i bambini. Professionisti che fungono da ponte tra la scuola e il quartiere per evitare che i ragazzi vadano in giro da soli e trovino una compagnia tutt’altro che ideale. Ci vuole impegno, l’anno scorso andai fisicamente a prendere chi non veniva a scuola dalle proprie case. Stiamo pensando di attivare un minibus per andarli a prendere la mattina”.

Quali reazioni vedi?

«Dipende, Biella è spaccata in due, c’è chi queste cose le vede e chi no. Sto ricevendo risposte gentili, il bene risponde al bene, ma c’è ancora molta chiusura. Non parlo di amministrazione, è una questione di società, l’individualismo regna sovrano”.

Quindi più in generale cosa vorresti cambiare di Biella?

«C’è chi pensa che manchi l’attenzione per i giovani, manchino gli eventi culturali ma poi quando ci sono non andiamo. Dopo il Covid si è aggiunta una sorta di cattiveria, penso che se riuscissimo a lavorare come squadra saremmo migliori”.

Parli invece di trasformazioni tangibili?

«Smontare queste aree isolate e poi lavorare su di esse, creando eventi, trovando il modo di far socializzare tutti. Il clima in questo non ci aiuta: la sera fa freddo, ci chiudiamo in casa. Se cerchi il gelato alle 23 non lo troverai. Dobbiamo rendere Biella più sorridente, la trovo una città dal volto triste. E poi diamo più valore e potere ai giovani, sono il nostro futuro, chiediamoci perché se ne vanno, creiamo le ragioni per cui non lo fanno”.

La popolazione è sempre più anziana.

«Va bene tutelare e coccolare gli anziani ma investendo sui giovani, ascoltando le loro idee. La nostra è una vecchia Biella dal volto triste, ma con tante potenzialità”.

La prima cosa su cui agiresti?

«Manteniamo i luoghi più aperti, incoraggiamo i biellesi a uscire, insegniamo la bellezza dello stare insieme. In un convegno un architetto ha detto che a Biella non ci sono piazze; Non è vero, ce ne sono tanti, basta non fermarsi in centro. Il mercato è anche una piazza che può essere animata”.

 
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