Non è finita la polemica per le nozze d’argento del boss Tommaso Lo Presti nella chiesa di San Domenico, dove sono conservate le spoglie del giudice Giovanni Falcone. Ieri Futuro, il quotidiano dei vescovi, è tornato sull’argomento con un articolo di Antonio Maria Mira, uno degli autori storici del giornale della Conferenza episcopale italiana: al centro della riflessione, l’offerta (di 400 euro) avanzata dalla Porta Nuovo boss mafioso ai padri di San Domenico. «Il rettore ha spiegato in una nota di non sapere chi fossero Lo Presti e sua moglie. Noi gli crediamo – scrive Mira – Ma nessuno lo ha consigliato? Lo ha avvertito? Ha aggiunto inoltre che «i mafiosi non devono credere di poter accedere ai sacramenti con alcun sotterfugio: nessuna salvezza è possibile al di fuori di una prospettiva di pentimento e di conversione». Quanto all’offerta avanzata dai coniugi – prosegue Mira – il rettore ha precisato che la manterrà e la destinerà “ad iniziative a sostegno della lotta alla mafia”. Quei soldi, però, puzzano di male, di dolore, di violenza”.
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La firma di Futuro non è d’accordo con questa scelta dei padri domenicani. E racconta cosa è successo in un altro caso. «Qualche anno fa in un altro territorio, non meno delicato di Palermo come la Calabria, quando il vescovo di Locri-Gerace, don Franco Oliva, apprese che il restauro di una parrocchia era stato pagato con un’offerta di carattere sgradevole, pretese che quei soldi vengano restituiti, con due bonifici della diocesi, citando le parole di Papa Francesco: «Il popolo di Dio, cioè la Chiesa, non ha bisogno del denaro sporco», affinché sia documentato da che parte sta la Chiesa è acceso”.
Le nozze d’argento dei boss, i padri dominicani: “La loro offerta di 400 euro servirà per iniziative antimafia. Non c’è salvezza senza conversione”
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Altra osservazione di Antonio Mira: «La mafia non ama la Chiesa che ribadisce l’inconciliabilità tra mafia e Vangelo. Come ribadisce quasi quotidianamente l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice”.
I domenicani dissero subito che non avrebbero restituito l’offerta. Nell’intervista con RepubblicaPadre Sergio Catalano, rettore della chiesa, ha dichiarato: “Quei soldi serviranno per opere buone”.
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Nella lettera lanciata venerdì, quando il caso era già diventato nazionale, i padri hanno poi ribadito: «I soldi ricevuti, pari a 400 euro, saranno messi a disposizione, come avviene per tutte le altre offerte che riceveremo, per scopi sociali . Riteniamo che questa sia l’unica restituzione possibile, in analogia a quanto avviene per i beni sequestrati alle mafie e destinati alla società civile. In questo senso – ha aggiunto padre Catalano – per dare ulteriore forza simbolica a questa restituzione, in coordinamento con le autorità, destineremo la somma in questione ad iniziative a sostegno della lotta alla mafia”.
Ma una cosa sono i soldi sottratti ai clan attraverso sequestri e confische, un’altra sono le offerte dei mafiosi alla Chiesa. Don Pino Puglisi non ha avuto esitazioni: ha rifiutato tutte le offerte dei mafiosi. Fu considerato un affronto, per il quale pagò con la vita.