La mostra Donna in scena al Museo Santa Caterina di Treviso – .

La mostra Donna in scena al Museo Santa Caterina di Treviso – .
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Avvolta in un abito di seta gialla, con un copricapo ipnotico e ciondolo, Wally Toscanini concentra lo sguardo su chi ha di fronte, al di là del ritratto che la immortala – sdraiata su un elegante divano, come una dea della bellezza – in occasione di una festa in casa Visconti. Lei è Alberto Martininel 1925, a prestare il suo talento per rappresentare l’affascinante figlia del celebre direttore d’orchestra – distintosi per il suo impegno in diverse cause sociali e culturali, al di là del muro del gossip – nel pastello scelto come manifesto della mostra Donna sul palco. Boldini, Selvatico, Martinial Museo Santa Caterina da Treviso. Con Wally sono numerose le protagoniste di un progetto espositivo, a cura di Fabrizio Malachin, che si propone di “fotografare” un passaggio di tempo, tra Ottocento e Novecento, attraverso il cambiamento di ruolo e di prospettive della figura femminile nella società.

Lino Selvatico, Signora in giallo, collezione privata

La mostra “Donna in scena” al Museo Santa Caterina di Treviso

Per finire nei dipinti degli acclamati ritrattisti dell’epoca – a partire dal Giovanni Boldini A Giacomo Grosso E Vittorio Corcosfino agli inglesi John Laveryinoltre Italiani di Parigi Giuseppe de Nittis E Federico Zandomeneghie ai veneziani in un folto gruppo, da Ettore Tito A Eleuterio Pagliaro, Giulio Ettore Erler E Lino selvatico – e il modernità che si nasconde nei salotti mondani, nel tempo libero di una nuova borghesia, anche dietro l’apparente frivolezza degli abiti all’ultima moda, dei pizzi, dei gioielli. E che si manifesta anche attraversoerotismo. Pur parziale nel restituire l’immagine di una parte minoritaria e privilegiata della società (quella di Eleonora Duse, Toti Dal Monte, Lydia Borelli…), la mostra racconta un mondo che va verso il progresso e che offre alle donne opportunità di conquista spazi di indipendenza e libertà precedentemente negati.
Sono più di 150 opere riunite per l’occasione, frutto di prestiti da musei e collezioni pubbliche e private ma anche frutto di un lavoro di riscoperta delle collezioni dei Musei Civici Trevigiani, che contribuisce a cogliere la vivacità economica e artistica del territorio trevigiano tra la fine dell’Ottocento secolo e l’inizio del XX secolo. L’input per la realizzazione della mostra è dovuto anche all’acquisizione di un vasto nucleo di opere di Lino Selvatico, paladino della ritrattistica di moda nel primo Novecento tra Venezia, Milano e l’Europa. Ce lo racconta Fabrizio Malachin, direttore dei Musei Civici di Treviso.

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Giulio Ettore Erler, I tre vizi, collezione privata

Alessandro Milesi, Ritratto di gentildonna, collezione privata 2 / 5

Alessandro Milesi, Ritratto di gentildonna, collezione privata

Giulio Ettore Erler, Ritratto della signorina Rita Tibolla (La signora con il cane), collezione privata 3/5

Giulio Ettore Erler, Ritratto della signorina Rita Tibolla (La signora con il cane), collezione privata

Alberto Martini, Ritratto di Wally Toscanini, collezione privata 4/5

Alberto Martini, Ritratto di Wally Toscanini, collezione privata

Lino Selvatico, Signora in giallo, collezione privata 5/5

Lino Selvatico, Signora in giallo, collezione privata

L’intervista al direttore dei Musei Civici di Treviso sulla mostra

Con “Woman on stage” rappresentiamo il punto di svolta di un’epoca verso la modernità attraverso il racconto di donne che vivono questo passaggio come la conquista di nuovi spazi. Di quale società ci parlano questi protagonisti?
Le donne ci raccontano il cambiamento di una società. Nell’era post-unitaria, il Paese sente il bisogno di mettersi al passo con i più moderni Stati europei: si afferma la nuova borghesia, le città e i servizi subiscono processi di ammodernamento, gli investimenti pubblici vengono effettuati in diversi settori. Soprattutto, è l’era in cui le donne entrano in scena con arroganza, rivendicando diritti elettorali, economici e sociali. Non è un caso che il ritratto femminile si affermi come genere in questo periodo, e con esso la moda, l’abbigliamento e gli accessori femminili acquisiscono un’attenzione straordinaria. Le donne diventano le protagoniste delle campagne pubblicitarie delle emergenti fabbriche di automobili, cioccolato, biciclette e birra. Si aprirono loro attività prima riservate esclusivamente agli uomini, come andare a cavallo o andare in bicicletta per lo sport e il tempo libero, oppure intraprendere professioni loro precluse (la prima donna medico entrò in un ospedale di Treviso nel 1911).

E in questo contesto emerge il lavoro di grandi ritrattisti…
L’affermazione del genere del ritratto femminile dipende dalla creatività di artisti straordinari – Boldini, De Nittis, Zandomeneghi, Grosso, Tallone, Bertini – ma anche dalle protagoniste, quelle donne che concorrono a farsi ritrarre: regine, nuove borghesi, attrici, cantanti. , figure che assurgono alla celebrità, come la marchesa Casati. A questi personaggi sono riservate due sale della mostra, per raccontare le loro storie, che alternano sofferenze a vittorie e successi. Quello dell’emancipazione è in definitiva quasi un filo rosso che sottende il racconto artistico della mostra, volendo dare un significato forte e attuale alla mostra: una rassegna che presenta oltre 30 artisti, una galleria di oltre 150 opere, ma soprattutto il racconto di un processo di affermazione che purtroppo non è ancora stato pienamente realizzato.

Come le precedenti retrospettive dedicate a Canova, Martini, Ravenna, anche questa mostra mette in luce un periodo fortunato dell’attività artistica trevigiana. Com’era la situazione in quel momento?
Con questo ciclo di mostre abbiamo voluto rappresentare l’eccezionalità di quel periodo per Treviso. Nel territorio nasce, si forma e si afferma un’incredibile quantità di talenti artistici moderni, geniali e rivoluzionari, che certifica un’unicità a livello nazionale. Oltre a Canova, Borro, Carlini, Arturo Martini e Ravenna, pensiamo ai protagonisti di questa mostra: Alberto Martini, eccezionale nella grafica simbolista, strepitoso nei pastelli fino a raggiungere risultati brillanti nelle opere surrealiste; e Lino Selvatico, il “pittore delle bionde”, il “Boldini veneziano”. A questi potremmo aggiungere i Ciardi, ma anche gli artisti protagonisti delle mostre di Ca’ Pesaro promosse da Nino Barbantini, Gino Rossi tra tutti. Insomma, Treviso si presenta davvero come una “piccola Atene”. Progettare queste mostre significa affermare il ruolo di Treviso nella storia dell’arte moderna, valorizzare il nostro patrimonio, mostrare al grande pubblico quel Genius loci che si esprime nell’arte, nel fare impresa, nel nostro paesaggio, nei nostri prodotti.

Negli ultimi anni abbiamo lavorato assiduamente per valorizzare il patrimonio e il patrimonio artistico di Treviso, con la programmazione di mostre temporanee e l’apertura di nuove sale. Come sintetizzi questo lavoro e i suoi obiettivi?
Uno dei primi obiettivi di un Istituto Museo è la valorizzazione del proprio patrimonio, di beni spesso confinati nei depositi. Sono state quindi aperte nuove sale, dedicandole ad artisti ben rappresentati nelle collezioni, non ancora esposte – le ultime dedicate a Bepi Fabiano, Giovanni Barbisan, Nino Springolo, oppure la sala dedicata alla grafica di Alberto Martini grazie ad un accordo con la Pinacoteca di Oderzo. Nuovi allestimenti, grandi mostre apprezzate da pubblico e critica, nonché le attività scientifiche proposte hanno riportato il museo al centro dell’attenzione dei collezionisti, che sono tornati a donarci o ad affidarci opere in deposito. Una di queste donazioni è stata il fattore scatenante dell’evento. Vogliamo quindi non solo valorizzare il nostro patrimonio, ma anche incrementarlo per arricchire l’offerta e offrire al nostro pubblico nuove occasioni di visita e di conoscenza. Con questo attivismo proponiamo un modello di museo aperto, dinamico, continuamente da scoprire: alle mostre permanenti, limitate negli spazi, con sale monografiche e rotazioni delle opere provenienti dai depositi, si preferisce il costante rinnovamento espositivo. Per un museo che invita a ritornare periodicamente e frequentemente.

Livia Montagnoli

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