Messina è da ricostruire ma il ponte potrebbe imprigionarla – .

MESSINA – Tra inferno e paradiso. Tra miseria e splendore. Tra povertà diffusa, da un lato, e benessere e ricchezza dall’altro. Non è una canzone o un saggio di politica o di sociologia. È Messina. E la priorità è ricostruirlo. Così lo spazio dove si trovavano il mercato del pesce e i grandi magazzini (nella foto) diventa il simbolo di una città del dopoguerra. La città di un recupero che non può che essere architettonico, sociale, culturale e ambientale.

Tutto questo mentre un nuovo degrado prospera negli spazi non ancora restituiti alla città: l’ex Docker’s House e l’ex Granai Silos, in attesa di demolizione; l’ex albergo “Paradis” e l’ex “Margherita”, con incendi continui, solo per fare alcuni esempi. E continua la corsa per riabilitare e demolire le infinite baraccopoli, altro simbolo di una città che da anni si condanna al degrado.

E come non ricordare gli spazi fantasma, come il motel “Faro” e il lido Mortelle, espressione di una marginalità che emerge in città tra mille rivoli e sfaccettature. Una Messina fantasma che deve guardarsi nuovamente e rivedere la propria immagine. E non quella delle “spazzature” che ne deturpano la bellezza. O quello degli edifici che si sono moltiplicati come funghi. E senza capo né coda.

Le priorità di una Messina da ricostruire

I rimedi ci sono, quindi, ma richiedono interventi strutturali. Alcuni in corso, come la Fiera; altri, come l’ex “Margherita” o la zona Falcata, aspettano una svolta. Molte le priorità per Messina: il recupero e la valorizzazione degli spazi degradati; un piano straordinario, a livello europeo, nazionale e regionale, con il sostegno dei Comuni, per creare posti di lavoro e un’economia sana in Sicilia e nel Mezzogiorno; sostegno economico e sociale alle fasce più deboli della popolazione.

Fondamentali, inoltre, sono la formazione professionale e l’aiuto nella ricerca di un impiego, indipendentemente dall’età. Al centro di ogni scenario futuro c’è la valorizzazione delle nuove generazioni, rafforzando la sinergia con l’Università e il ruolo di Messina in termini di attrattività internazionale, con studenti e dottorandi provenienti da tutto il mondo. Accade già ma può diventare ancora di più parte del “progetto Messina”. E, soprattutto, serve una rivoluzione nei servizi e nelle infrastrutture, con tempi non biblici per il completamento delle opere.

Più Stato, scuole e spazi di aggregazione nelle periferie e ovunque

In sostanza, mentre il PNRR rischia in parte di essere un’occasione mancata, è necessario un piano keynesiano. Un progetto epocale come il “New Deal” in stile Roosevelt contro la Grande Depressione o il Piano Marshall per il dopoguerra, con un ruolo centrale per l’Europa. In un’ottica di rinascita del Sud, serve anche più Stato nelle periferie, fino a demolire il concetto stesso di periferia. Biblioteche, impianti sportivi, spazi di aggregazione, scuole aperte tutto il giorno, sostegno sanitario, servizi e diritti per tutti. E tanta cultura e spettacolo, arte, teatro, cinema, danza, disegno, letteratura dovrebbero permeare e rifondare questa città, mentre si cerca di strapparla alla dittatura delle automobili. Solo così si creeranno le condizioni per avere una cittadinanza degna di questo nome.

Anche se il liberalismo ha divorato molte conquiste politiche, senza giustizia sociale, libertà e diritti non può esserci progresso. E, senza un forte investimento europeo nel Mezzogiorno, non ci sarà la rinascita del Mezzogiorno e dello Stretto come luogo chiave di un Mediterraneo in cerca di riscatto. Di rinascita mentre la morte dei migranti in mare e i venti di guerra rappresentano due vergogne che chiamano in causa l’intero Occidente.

Il nodo ponte e il rischio di paralisi

In questo momento storico, in una città da ricostruire, la questione ponte, a prescindere da come si pensi all’utilità o meno della grande opera, in termini di costi e benefici, rischia di paralizzare Messina. Per ributtarla in una nuvola di incertezza che non le permetterà di ripensare al suo futuro. Troppi sono i punti interrogativi riguardo alla grande opera e alle ricadute su una realtà già precaria a livello occupazionale, economico e sociale.

Quindi il dubbio, e per alcuni la convinzione, che sia possibile un altro sviluppo infrastrutturale del territorio, senza l’enorme impatto del ponte, rappresenta un’alternativa da valutare. Messina e la Sicilia hanno bisogno di una rivoluzione nei trasporti e nei servizi. I tanti punti interrogativi sul ponte, però, rischiano di lasciare la città dello Stretto in una bolla di incompletezza.

Per dirla con De André, cara Messina e cara Sicilia, ma anche cara Italia, in un’Europa dei popoli che oggi manca, «continuerai a essere scelto o finalmente sceglierai?». Innanzitutto, però, mancano un pensiero e un dibattito politico capaci di essere all’altezza della drammaticità dei tempi e delle urgenze.

Cerchiamo, in sostanza, classi dirigenti all’altezza e partiti che non lo siano liquidi. Astenersi vecchi e nuovi politici senza politica. Quello con la p maiuscola.

 
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