Meloni si candida al Pescara e scommette sulla sua squadra: non siete pochi

Pescara, dal nostro inviato. È una discesa in campo, perché è così che ha voluto chiamare Giorgia Meloni. Lei che qui, sulle sponde dell’Adriatico, vuole continuare a essere considerata una “persona del popolo. Per questo vorrei che sulla scheda elettorale scriveste solo “Giorgia”. A Pescara, alla conferenza programmatica di Fratelli d’Italia, per due giorni si è trattato di riempire il programma di ministri, sottosegretari, parlamentari e dirigenti dello Stato, in attesa che arrivasse qui il presidente del Consiglio per dire: “Ho deciso di guidare le liste di Fratelli d’Italia in tutte le circoscrizioni alle elezioni europee. Mi sono sempre considerato un soldato e i soldati non esitano a mettersi in prima linea”. Lo hai fatto quasi al termine di un lungo comizio, durato più di un’ora, per spiegare perché “dopo l’Italia possiamo provare a cambiare l’Europa”.

La Meloni tiene il raduno in toto, anche se persiste il problema degli otoliti”.che mi fanno sentire come se fossi sulle montagne russe”. E esordisce con una stoccata detta per scherzo nei confronti di Matteo Salvini: “ci ha preferito il ponte”. Il vicepremier, infatti, non ha dato grande dimostrazione di interesse per la vicenda del suo alleato, a differenza di Antonio Tajani che si è presentato augurando “in bocca al lupo a FdI per le elezioni europee”. Salvini partecipa all’evento, sì, ma in Dad, collegandosi per strada con il cellulare da una Milano ingrigita. Fa mandare un saluto a sua figlia. A prescindere da una location, quella di Pescara, con le barche sullo sfondo, che ricorderebbe l’epoca della sua gestione al Viminale.

Mentre Atreju era stata una lunga lista di “avversari” per la Meloni, il premier è arrivato in Abruzzo per spiegare le ragioni della sua corsa. Anche a lei: “La nostra non è stata fortuna, è stata ostinazione. Ma ciò che abbiamo guadagnato non è qualcosa che abbiamo acquisito per sempre. Dobbiamo continuare a meritarcelo”. Allo stesso tempo avete scelto di infondere alle truppe la fiducia che avete nei loro confronti: “Si diceva che Fratelli d’Italia non avevano una classe dirigente, ma penso che manifestazioni come questa dimostrino la qualità della nostra classe dirigente. Ecco una splendida slide di risposta a chi dice che sono solo e non ho persone capaci attorno a me”. Sembrava rispondere ai consigli che le ha dato Giovanni Minoli sul Foglio. Non è il momento, quindi, dell’apertura della festa, dice la Meloni. Meglio fidarsi di chi c’è, perché «non sono leader del Pd e se mi candido sono sicuro che il partito mi darà una mano». Infatti anche i leader, i parlamentari di Fratelli d’Italia, interpellati sulla necessità di un ampliamento delle competenze, preferiscono tagliare corto. Lei però si è posto l’obiettivo di mandare “la sinistra all’opposizione anche in Europa”. Criticando anche il Partito popolare europeo, che ha sostenuto troppo l’“agenda progressista”. Ma si tiene lontano dagli attacchi diretti. Schlein la cita solo per chiederle se è favorevole o meno alla lotta contro gli immigrati clandestini. E parlando di Conte dice: “Siamo capaci di prendere anche decisioni impopolari come il sostegno all’Ucraina, lo facciamo perché vogliamo la pace. Ma la pace si costruisce con la deterrenza e non con le bandiere in piazza o con il cinismo di chi scrive nel simbolo la parola pace”.

Prima che il primo ministro parli, sotto i teloni sempre più caldi, i volontari distribuiscono il tricolore e le bandiere dei partiti. Sono esplosi di giubilo all’inizio e alla fine del suo intervento, che si è concluso sulle note di “A mano a mano” cantata da Rino Gaetano. Ebbene, se c’è un ambito in cui Fratelli d’Italia sta riuscendo a diventare il partito della nazione, è quello musicale: la playlist della manifestazione spazia da Loredana Bertè (“prima mi danno del pazzo, tu sei pazzo e poi poi mi fanno santo”, ma non c’entra niente con Santanchè), a Frah Quintale e Giorgio Poi, da Lucio Battisti a Liberato. Nel corso della tre giorni si parlerà anche del film di Paolo Cortellesi “che mi è piaciuto”, così come farà il ministro dello Sport Andrea Abodi. I clienti, i semplici curiosi catapultati a Pescara da tutto il centro-sud (ma ci sono anche isolani) per coniugare sole e politica, sfogliano Libero, Il Messaggero. Il retro del palco principale è sulla spiaggia: così nella diretta appare chi va a fare una passeggiata. Succede anche durante il discorso della Meloni: ad un certo punto passa un signore che sventola il tricolore e poco più in là una coppia di bagnanti appena usciti dall’acqua. Presentarsi in diretta con scritte di dissenso è stato facilissimo ma nessuno ci ha pensato, tanto meno il “Partito Comunista” che ha lanciato la denuncia contro le tensostrutture montate dal partito. Il grande deus ex machina, onnipresente, lo trovate ovunque, è ovviamente Giovanni Donzelli. Quella che il presidente del Senato Ignazio La Russa, dopo aver tributato una standing ovation insieme a Bianca Berlinguer in ricordo del padre Enrico, chiamerà “Donzellino”. Ma tutti i ministri e i parlamentari sono molto presenti, compreso il vicepresidente della Camera e, forse, unica minoranza interna a FdI: Fabio Rampelli. «Sono di Cassino, rampelliano. Puoi capire quanto sia ostracizzata», le capiterà di origliare in un ristorante del centro rinomato per i suoi kebab.

Tra le protagoniste di queste due giornate c’è ovviamente anche Arianna Meloni. La sorella d’Italia si presenta seduta in prima fila al dibattito a cui prende parte Claudia Gerini, sua amica. Quindi rimane dietro le quinte. E al termine del discorso finale, quando la leadership nazionale vota il mandato a Giorgia Meloni per completare le liste (“Chi è contrario? Chi si astiene? Chi è favorevole? Approvato”), accompagna la sorella nella riservata area, la cosiddetta “area VIP”, adiacente alla tensostruttura, dove è stato servito un ricco rinfresco. Da segnalare, invece, la sezione dedicata ai giornalisti, che sabato vivranno momenti di tensione. Un carrello lasciato incustodito porterà la polizia a chiedere di “evacuare l’intera sala stampa”, ritenendo fondata la presenza di una “minaccia bomba”. Alla fine i bagagli vengono rimossi, aperti sulla spiaggia e ritenuti innocui. Giunti a questo punto è giusto che i lettori sappiano che il trolley apparteneva allo scrittore. Ci scusiamo.

 
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