quella volta evitò il licenziamento di un giovane operaio – .

Repubblica dedica uno spazio fisso alle morti sul lavoro. Uno Spoon River che racconta la vita di ciascuna vittima, evitando che si trasformino in banali dati statistici. Vite invisibili e dimenticate. Nel nostro Paese una media di tre lavoratori al giorno non tornano a casa e “Morire sul lavoro” vuole essere un monito ininterrotto alle istituzioni e alla politica finché questo “crimine di pace” non avrà fine.

Viola, due anni, si chiama così non solo perché è un bel nome. Un fiore. Viola si chiama così perché la fiorentina era una delle grandi passioni di suo padre Luca. Il calcio, anche giocato, il go-kart, la casa dove nel giardino ha costruito un castello di legno per i figli, Viola e il fratello di cinque anni, passioni legate dall’amore per la famiglia e per il lavoro che regola e sostiene la vita di tutti noi. Luca Giannecchi, 51 anni, è morto in uno scavo nel cantiere stradale di Sant’Alessio, alle porte di Lucca: il crollo del terreno lo ha travolto, non c’è stato nulla da fare nonostante i soccorsi. La moglie Lucia ha raccontato alla stampa locale un episodio che vale più di cento pagine di biografia: “Un giovane, con contratto a tempo determinato di sei mesi, lo ha investito con il camion e si è sbagliato. Scese dal veicolo e, in lacrime, disse a Luca che lo avrebbero licenziato. Poi mio marito ha chiamato la sua azienda assumendosi le colpe per non far perdere il lavoro a quel giovane che nemmeno conosceva. E ha pagato i danni per suo conto”. Luca, operaio morto sul lavoro.

 
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