Bologna, al MAMbo la prima italiana di MIKE, performance di Dana Michael sul tema del lavoro – .

Bologna, al MAMbo la prima italiana di MIKE, performance di Dana Michael sul tema del lavoro – .
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da Redazione, pubblicato il 29/04/2024
Categorie: Arte contemporanea / Disclaimer

L’1 e il 2 giugno si terrà la prima italiana di MIKE, performance dell’artista e coreografa canadese Dana Michael, dedicata al tema del lavoro e pensata dopo una lunga esperienza in compagnia, e con il lavoro d’ufficio, dell’artista. al MAMbo.

Per il prima volta in Italia, MAMbo In Bologna presenta, sabato 1 giugno (dalle 19.00 alle 22.00) e domenica 2 giugno (dalle 17.00 alle 20.00), in collaborazione con XingIL prestazione duratura intitolato MIKEdell’artista canadese Dana Michele.

MIKE è una performance che, attraverso due sessioni di tre ore ciascuna, esplora il concetto di “lavoro”, offrendo un’esperienza destinata a suggerire una ribellione silenziosa ma paziente. In effetti, con questo lavoro, Dana Michel vuole farlo violare le convenzioni sociali non tanto per provocare quanto per indagare con curiosità. Con delicatezza, porta le presunte “figure marginali” al centro del dibattito. L’esecutore crea così a serie di situazioni che si sviluppano secondo una logica interna, muovendosi in a mondo degli oggetti a cui attribuisce nuovi significati e funzioni, allontanandosi dal pensiero binario e lineare. Tra le righe, riflette la sua esperienza aziendale e il lavoro d’ufficio lo fa da anni, evocando un futuro lavorativo rivoluzionario e inclusivo. Con umorismo e sensibilità, mette in discussione i nostri modi di esistere. MIKE presenta così un’ecologia temporale legata al concetto di rallentamento, emergente da un paesaggio di oggetti e procedure spogliati di ogni valore funzionale. L’approccio ai materiali e allo spazio temporale è caratterizzato da un’orizzontalità che suggerisce un pensiero non gerarchico.

Per Dana Michel, ” MIKE La creazione e la produzione di sono anche uno sforzo per evidenziare l’idea che senza fiducia in noi stessi e negli altri, è impossibile vivere una vita pubblica che rifletta la nostra vita interiore. Rimaniamo in uno stato di semivita e disarmonia… intrappolati nel traffico infinito di non sapere come rispettarci o addirittura riconoscerci veramente. Dobbiamo credere l’uno nell’altro”.

“Ciò che condivido con il pubblico”, spiega l’artista, “è un amalgama, un sistema di pensieri, suoni, silenzi e dissonanze che ha raggiunto, nel tempo, una densità che posso esplorare in pubblico. Minuti dettagli emergono nella mia visione cinetica rendendo manifesti piccoli movimenti, risonanze, colori, texture. Entro in grande intimità con tutto questo e lo condivido. Voglio rendere visibile il processo di pensiero. Utilizzo la difficoltà come metodologia di navigazione, per spingere le mie performance in luoghi di vulnerabilità e scoperta. È da qui che posso ascoltare da più vicino e condividere con gli altri. Pensare agli esseri come portali matematici, costituiti da miliardi di possibilità, approfondisce questo ascolto. Ciò che offro nella performance è un deposito di segni che rimane aperto all’interpretazione, un vasto spazio per incontrare ed espandere la propria logica del vedere e dell’esperienza. Con MIKE mi interessa esplorare come cambia il coinvolgimento mio e del pubblico. Già entrare in un edificio che non è uno spazio teatrale provoca sottili cambiamenti. So che il concetto di fiducia è lì, fluisce e guida le scelte che faccio. Sento davvero il bisogno di approfondire questo argomento e non credo di essere l’unico. Quindi confido che possa risuonare con coloro che sono lì. Come in tutto il mio lavoro, non cerco di illustrare alcun argomento in particolare. Ciò che mi interessa principalmente è creare più spazio per una diversità di prospettive e modi di essere e di vivere. Sembra chiaro che le nostre società sono state costruite sulla base di modelli di efficacia personale. Il mio lavoro mira ad allentare le redini dei nostri comportamenti sociali e generare più spazio nel processo. Mi sembra che questo sia l’unico modo in cui possiamo evolvere insieme: creando più spazio per tutti. Questa è forse una proposta idealistica, e allo stesso tempo non è affatto idealistica”.

Ci sono tre punti che chiariscono il nuclei attorno al quale Dana Michael ha immaginato la sua performance: la prima è la fiducia che non possiamo continuare a lavorare in modo sano e coerente con modalità e ambienti che non sono stati progettati per una diversità di menti e la speranza di prosperare o addirittura sopravvivere. Il secondo è la fiducia che le “arti” siano il luogo in cui un’ampia percentuale di esseri umani con menti molto diverse approda per prendersi una pausa, cercando una fioritura. Artisti, pubblico e operatori culturali cercano un luogo in cui possano costruire altre possibilità di esistenza nel mondo e tutti noi, secondo l’artista, potremmo trarre grandi benefici dal passaggio a una modalità che rifletta un maggiore riconoscimento di questa diversità di menti nella nostra vita. pratiche lavorative quotidiane. Il terzo, infine, è avere fiducia e credere nelle proprie esperienze interiori per difenderle e costruire futuri sostenibili e possibilmente utili per gli altri.

Dana Michel è un’artista, coreografa e performer con sede a Montreal, Canada. Prima di conseguire una laurea in Danza Contemporanea presso la Concordia University, ha avuto esperienze eterogenee tra cui quella di dirigente nel marketing, quella di corridore competitiva e quella di coinvolta nel calcio. Michel esplora l’identità come molteplicità disordinata, adottando una pratica “espansa” che si nutre di coreografia, improvvisazione, gesto intuitivo, arti performative, film, hip-hop, techno, poesia, psicologia, dub e riflessione sociale.

Sul palco si appropria di oggetti e rielabora la sua storia personale, i desideri futuri e le preoccupazioni attuali partendo dai concetti di alchimia performativa e bricolage post-culturale. Questo processo crea una centrifuga empatica tra lei e il suo pubblico. Dal 2012, ha prodotto performance da solista, tra cui “Yellow Towel”, “Palna Easy Francis”, “Mercurial George”, “Cutlass Spring” e “MIKE”.

Nel 2014 ha ricevuto l’Impulstanz Award a Vienna ed è stata riconosciuta come una delle coreografe più influenti dell’anno dal New York Times. Nel 2017 le viene assegnato il Leone d’Argento per l’Innovazione alla Biennale Danza di Venezia. Nel 2018, è stata la prima artista di danza residente presso il National Arts Centre di Ottawa, in Canada. Nel 2019 ha ricevuto il premio International ANTI Festival for Live Art a Kuopio, in Finlandia.

Xing è un’organizzazione culturale con sede a Bologna, Italia, impegnata nella progettazione, curatela e organizzazione di eventi, produzioni e pubblicazioni che si distinguono per uno sguardo interdisciplinare ai temi della cultura contemporanea. Il suo lavoro è caratterizzato da un’attenzione alle tendenze generazionali e ai nuovi linguaggi artistici.

Nella foto è un momento da MIKE.

Bologna, al MAMbo la prima italiana di MIKE, performance di Dana Michael sul tema del lavoro

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