Protocollo Regione Sicilia – i sindacati per regolamentare il lavoro in condizioni di caldo estremo – .

Protocollo Regione Sicilia – i sindacati per regolamentare il lavoro in condizioni di caldo estremo – .
Protocollo Regione Sicilia – i sindacati per regolamentare il lavoro in condizioni di caldo estremo – .

La firma ancora non c’è, ma l’invito è arrivato. L’appuntamento è per il prossimo 3 maggio. Salvo sconvolgimenti dell’ultimo minuto, ci sarà finalmente uno strumento per proteggere chi è costretto a lavorare in ambienti rischiosi anche con temperature estreme. Si tratta di un protocollo che impegna la Regione Siciliana a intervenire quando le temperature diventano l’ennesimo potenziale fattore di rischio per i lavoratori e nella lunga estate siciliana – dicono da tempo i sindacati – ciò accade sempre più spesso.

«C’è voluto un anno di lavoro, ma siamo soddisfatti», dicono Cgil e Uil, che da mesi insistono sulla necessità di farsi trovare preparati per la stagione calda. L’estate scorsa i sindacati avevano fatto un polverone nel sottolineare che con le temperature africane lavorare nei cantieri, nelle serre, nei campi e nei magazzini è pericoloso per la vita, ma a differenza di Puglia e Calabria, la Regione siciliana è rimasta sorda a ogni appello. Alcuni comuni dell’Isola si sono mossi autonomamente, ma la Sicilia è rimasta l’unica regione del Sud a non aver mai emanato un’ordinanza che sospenda le attività lavorative nelle ore più calde.

«Ora saranno obbligati a farlo dal protocollo che loro stessi hanno firmato», spiegano i sindacati. Un passo avanti rispetto allo scarno e non vincolante prontuario di “buone pratiche di protezione e prevenzione” per evitare i rischi da stress termico emanato lo scorso anno.

In bianco e nero, dopo un lungo confronto tra Ispettorato del Lavoro, Inps, Inail, Spresal, imprese e sindacati, la Regione si è impegnata ad attivarsi non appena le temperature supereranno non solo i 35 gradi reali ma percepiti. Saranno validi i dati raccolti dalla rete di osservazione SIAS-Protezione Civile e dal Ministero della Salute, così come le eventuali allerte ondulatorie relative alle ondate di caldo e al rischio incendi. In caso di situazione di potenziale stress termico, la Regione dovrà trasmettere il protocollo a tutti i sindaci dei Comuni del territorio siciliano, ai quali spetterà tecnicamente emanare apposite ordinanze che vietino lo svolgimento di tutte quelle attività produttive esposte al rischio termico, nella fascia oraria che va dalle 12:00 alle 16:00. Una mezza rivoluzione per gli addetti all’edilizia, alla logistica, all’agricoltura e alla pubblica manutenzione, troppo spesso esposti a temperature proibitive.

«Non è stato certo facile arrivare a questa bozza – commenta Francesco Lucchesi, che ha seguito le trattative per la segreteria regionale della Cgil – ma finalmente viene colmato un vuoto normativo che consente alle aziende di smettere di ignorare strumenti come la cassa integrazione straordinaria per lo stress termico, che consente di tutelare i lavoratori sospendendo le attività nelle ore più calde, senza alcun onere per il datore di lavoro. Adesso la Regione si assume la responsabilità anche in questo senso”. Soddisfatta anche la segretaria regionale della Uil, Luisella Lionti: «Dopo la sconcertante superficialità con cui l’amministrazione ha affrontato il problema lo scorso anno, questo è un passo avanti». Certo, spiega, sulla sicurezza c’è ancora molto da fare: «Le aziende che non rispettano le regole e mettono a rischio la salute, se non la vita dei propri lavoratori, non dovrebbero essere ammesse agli appalti pubblici», spiega. sottolinea. E anche riguardo al protocollo c’è un problema – e non di poco conto -.

Sulla carta, la Regione «con il supporto operativo dell’Ispettorato del Lavoro, dello Spresal, nonché di ogni organismo e/o organismo preposto al controllo e alla vigilanza in materia di lavoro» si impegna a istituire una task force che vigila sull’applicazione della normativa protezione dallo stress termico. Peccato che con lo Spresal storpio e gli ispettori siciliani che non superano più i 49, a cui vanno aggiunti i 30 inviati da Roma ma costretti a lavorare solo con i carabinieri Nil, potrebbe non esserci il personale necessario per i controlli.

«La soluzione è nei cassetti del dicastero, evidentemente non c’è la volontà politica di aprirli», dice Lucchesi. È lì che giace da oltre un anno e mezzo il protocollo siglato dall’Ispettorato nazionale e dalla precedente amministrazione regionale, che avrebbe consentito l’arrivo in Sicilia di nuovi ispettori. Ma a causa di non meglio specificate “criticità”, che il governatore Renato Schifani si era personalmente impegnato a risolvere, tutto è rimasto congelato. E anche le richieste dei sindacati – che chiedono di destinare una quota dei nuovi assunti al settore della sicurezza sul lavoro – cadono nel vuoto.

 
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