La ricercatrice lucchese Elena Pierotti ospite a Reggio Calabria durante una conversazione sul periodo napoleonico – .

La giornata di studi sul periodo napoleonico, denominata “5 maggio”, è giunta alla sua ventunesima edizione, con il tema “Giuseppe Bonaparte, un sovrano illuminato”. L’evento, storicamente e sempre organizzato dal Circolo Culturale “L’Agorà” e dal Centro Studi “Gioacchino e Napoleone”, ha il merito di analizzare e puntare i riflettori su diversi aspetti del periodo storico in questione. Il nuovo incontro, organizzato dalle due coassociazioni reggiane, ha registrato la presenza della ricercatrice toscana Elena Pierotti e di Gianni Aiello, presidente delle due associazioni organizzatrici. Il primo tema della nuova edizione sarà affrontato dalla gradita ospite Elena Pierotti, su “Giuseppe Bonaparte, un re del Mediterraneo”. Giuseppe Bonaparte fu re di Napoli dal 1806 al 1808 e re di Spagna dal 1808 al 1813Fratello maggiore di Napoleone, nacque a Corte (nel Dipartimento dell’Alta Corsica, il 7 gennaio 1768 e quindi per sei mesi era di nazionalità genovese. La Repubblica di Genova, infatti, cedette l’isola alla Francia in seguito al Trattato di Versailles, stipulato il 15 giugno dello stesso anno e firmato dal plenipotenziario genovese, Agostino Paolo Domenico Sorba, e dal ministro francese, duca Étienne François di Choiseul.Ritornato alla famiglia Bonaparte, contrariamente al costume, il secondogenito Napoleone fu avviato alla carriera militare, mentre Giuseppe, per il suo carattere docile e amore per la cultura, fu avviato alla carriera ecclesiastica. A dieci anni, nel 1778, entrò nel collegio di Autun, dove si distinse per l’impegno negli studi e i buoni risultati, ma nel 1784 sentì di non avere vocazione alla vita religiosa e decise di dedicarsi alle armi. . Invece, la morte del padre, nel gennaio 1785, all’età di 39 anni, gli fece assumere il ruolo di capofamiglia. Giuseppe fu nominato Re di Napoli da Napoleone Bonaparte l’11 marzo 1806 e qui rimase fino al 1808 quando fu sostituito nell’incarico da Gioacchino Murat, cognato di Napoleone e dello stesso Giuseppe. Nel periodo dal 1806 al 1808 Giuseppe Bonaparte fu Sovrano del Regno di Napoli ed il suo mandato reale iniziò il 30 marzo. Dalla fine di marzo si sono susseguiti provvedimenti che hanno interessato tutti i campi dell’amministrazione, avviando una profonda trasformazione dello Stato e della società. Nella capitale, i ministeri della Polizia Generale, dell’Interno, delle Finanze, della Giustizia, degli Affari Esteri e della Guerra costituivano gli organi centrali dell’apparato governativo. Momento essenziale della modernizzazione dello Stato fu l’eversione del feudalesimo, che eliminò privilegi e differenze tra i cittadini in campo giudiziario e fiscale, e fece della borghesia la classe dominante. Il territorio era diviso in 14 province, ciascuna retta da un intendente, che esercitava uno stretto controllo sui comuni. Nominato re di Spagna e delle Indie il 7 luglio 1808, Giuseppe Bonaparte promulgò lo stesso giorno una costituzione da Baiona che decretava la fine dell’antico regime in Spagna. La storiografia presenta Giuseppe come un uomo politicamente meno dotato. La Spagna, da sempre proiettata verso il nuovo mondo, si ritrovò a casa con un Re che modernizzò il precedente sistema politico così come era accaduto per la realtà napoletana. È stata la volta di Gianni Aiello (Presidente del Circolo Culturale “L’Agorà” e del Centro Studi “Gioacchino e Napoleone”, che ha trattato il tema “Il ruolo del calabrese Giuseppe Raffaelli nel Regno di Napoli”. Nacque a Catanzaro il 20 febbraio 1750 (o come altri riferiscono, nel 1747) da Francesco, avvocato, ed Elisabetta Calabretti. Compì gli studi presso il collegio dei Gesuiti di Catanzaro, dove frequentò i corsi liceali fino al 1766. Dopo aver completato gli studi. studi umanistici, si dedicò a quelli avvocati si trasferì a Napoli dove pare ebbe modo anche di seguire le lezioni di Antonio Genovesi e Ferdinando Galiani unì inoltre lo studio del diritto a quello dell’anatomia frequentando i corsi del dottore; Domenico Cotugno Nel 1771, poco più che ventenne, Raffaelli acquistò fama nel principale foro del Regno di Napoli, poiché, in difesa di una giovane accusata di aver compiuto pratiche di stregoneria, il suo discorso divenne famoso a tal punto da renderlo. venne deciso di abolire il reato di stregoneria. Dopo la Rivoluzione Napoletana del 1799, nella quale aveva presieduto il Tribunale dello Stato, fu costretto all’esilio prima in Francia, poi a Torino e in Lombardia; qui divenne professore di diritto pubblico a Milano, occupando la cattedra lasciata vacante da Cesare Beccaria. Rientrato a Napoli nel decennio francese, partecipò alla stesura del codice di procedura penale del Regno d’Italia. Dal 1808 fu chiamato, insieme a David Winspeare e Giacinto Dragonetti, a comporre la Commissione Feudale. Nello stesso anno Gioacchino Murat volle che riorganizzasse anche la Corte di Cassazione (istituita il 7 gennaio 1809), di cui fu il primo procuratore generale, incarico che mantenne fino al 1817. Dal 1815 fece anche parte della seconda commissione reale incaricato di studiare i nuovi codici borbonici (completati nel 1819), contribuendo, in particolare, alla stesura del codice penale e di quello di procedura penale. Questi sono alcuni dei dati che verranno analizzati durante il corso Ventunesima edizione della giornata di studi sul periodo napoleonico, denominata “5 maggio”, organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà” e dal Centro Studi “Gioacchino e Napoleone”. La conversazione, organizzata dalle due coassociazioni culturali reggiane, sarà disponibile sulle diverse piattaforme Social Network presenti in rete, a partire da domenica 5 maggio.

 
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