SVEGLIARSI E MOBILITARSI PER CAMBIARE IL DESTINO DELLA BASILICATA – Talenti Lucani – .

Nel 2024 il passato presenta il conto dell’aumento delle disuguaglianze e della povertà, della precarietà del lavoro, dei bassi salari e stipendi, dell’attacco ai diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione.

L’Autonomia Differenziata sta per spaccare il Paese e preparare il terreno all’aumento delle differenze territoriali nel lavoro, nella sanità, nel reddito e nell’istruzione.

L’attacco ai diritti costituzionali conquistati con la Resistenza si concretizza in proposte di salari e contratti territoriali, precarietà generalizzata, contratti a tempo determinato e lavoro nero.

Tutto questo nel quadro di una “transizione” basata sulla ristrutturazione dei processi produttivi che taglia l’occupazione ma non riduce, almeno in Italia, l’orario di lavoro a parità di retribuzione. Stipendi bassi. Riduzione dei servizi e calo della natalità.

Tutto questo accade anche in Basilicata e non potrebbe essere altrimenti per gli effetti delle politiche nazionali ed europee e della globalizzazione.

In Basilicata le cose vanno peggio, per non parlare dei dati del Pil e degli altri indicatori prodotti dall’Eni e del fatturato complessivo, intorno ai 4 miliardi l’anno, per l’estrazione, con un compenso di soli 200 milioni per le royalties. Bilanci attivi e profitti ottenuti in loco ma utilizzati altrove.

La “transizione” lucana decisa da Bardi prevede l’estrazione di petrolio e gas oltre il 2068. Avanti tutta con il “bilancio allargato pubblico e privato”, di circa 15 miliardi di euro l’anno, ma niente lavoro e nessun reddito per i lucani.

La maggior parte delle risorse ritorna al centro e al nord del Paese, e agli stati esteri, per profitti e profitti per gli azionisti.

Un esempio eclatante: l’Eni, che in 24 anni non ha investito nemmeno un euro in chimica fine e derivati ​​green in Basilicata, investe e crea posti di lavoro e produce, con i derivati ​​del petrolio lucano, in Emilia Romagna, Veneto e Lombardia con circa 20.000 dipendenti .

Ecco come si presenta il futuro lucano: taglio netto all’occupazione e alla produzione a Melfi. Nessun investimento in prodotti chimici fini e derivati. Spreco di finanziamenti, circa 50 milioni dal fondo Gol Ue, per il lavoro e il recupero dei disoccupati, calo della natalità e spopolamento. Pochi servizi nella sanità e nei trasporti, il sistema scolastico tagliato corto, l’Unibas al minimo.

L’estinzione della Regione, lungo questo percorso, è segnata.

L’alternativa sta nella possibilità di costruire un nuovo movimento di rinascita attraverso dispute e lotte. La concertazione è morta da tempo. Dopo il centenario della nascita di Rocco Scotellaro, fatto di convegni ma anche di alcune iniziative per attuare concretamente la sua esperienza di lotta, prevale la rincorsa a premi, targhe, attestati per capitali di qualcosa, borghi belli, aree UNESCO. Feste e celebrazioni su scala industriale. La disunità del movimento sindacale è molto profonda e manca di piattaforme concrete per la tutela dei lavoratori e la difesa dell’occupazione e del reddito.

Tanti i commenti a posteriori, come l’uccellino di Minerva arrivato in serata.

Quest’anno per il 1° maggio è di turno la Val d’Agri, un esempio di gestione dell’occupazione

precari dei servizi appaltati da Eni e Totale, circa 300 milioni l’anno, per il trasporto dei rifiuti, speciali e non, la manutenzione, la sicurezza gestiti prevalentemente da imprese extraregionali.

Ogni tanto cambio di appaltatore e qualche lite per l’attuazione della clausola sociale.

Nessuna iniziativa per ottenere investimenti da Eni e Total, per la verticalizzazione della produzione. La Regione fa la stessa cosa da tempo, solo compensazioni economiche e distribuzione dei bonus indiscriminatamente.

Nel tempo del trasformismo e dell’opportunismo politico e della cattiva gestione delle risorse “per il bene della Basilicata”, come creare un futuro diverso?

Innanzitutto tornare a occuparsi delle condizioni di lavoro e di vita.

Secondo la concezione del presente che prepara il futuro con riforme antidemocratiche, attacco ai diritti, lentamente ma costantemente.

Nel romanzo “Le avventure del barone di Munchausen” il protagonista, prigioniero delle sabbie mobili, vorrebbe rialzarsi tirandosi i capelli. Non ci riuscirà.

Il fronte progressista e il movimento sindacale dovrebbero ripartire dal basso con la partecipazione dei cittadini e dei lavoratori. Non ci sono altre alternative al declino demografico in corso e alla desertificazione.

 
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