l’imprevisto che non ti piace e le bandiere da nascondere – .

“Il mondo tremerà ancora, rivogliamo lo squadrone!”. È il grido di Curva Andrea Costa versione trasferta negli ultimi dieci minuti, quando i bolognesi legittimano l’1-3 contro la Roma e cominciano a sentire seriamente il sapore di un’Europa che manca da ventidue anni (l’ultima volta gli emiliani hanno perso la finale dell’Intertoto contro il Fulham , nel 2002) e che mai sembra più realizzabile di quest’anno, anche nella sua versione più prestigiosa. Al di là di ogni tifoseria e di ogni simpatia calcistica, non si può non ritrovare un certo fascino in questo Bologna che, contro ogni pronostico, ha saputo agganciare alcune big del campionato e piazzarsi con sorprendente costanza nelle zone alte. . In barba ai club che da mesi progettano la scalata alla Champions League e, quindi, anche in barba a tutto quel sistema che in Europa, forse, vuole sempre quelle cinque, massimo, sei squadre. Fregandosene dei sogni e delle gioie che un campionato del genere può produrre in un luogo che naviga da anni nell’anonimato, con campionati di classifica medio/bassa e qualche retrocessione in Serie B. Lo squadrone che fa tremare il mondo è lontano decenni, sbiadito nella mente dei più anziani e visto come mito dalle nuove generazioni, ma incredibilmente oggi si riverbera sulle maglie rossoblù e sembra impossessarsi del recente destino del Bologna.

È vero: davanti a noi c’era una Roma stanca degli sforzi europei. È vero: in un momento del campionato in cui alcune contendenti sono impegnate su più fronti, per gli uomini di Thiago Motta il “tesoro” rappresentato dalle energie risparmiate è qualcosa di fondamentale. Ma è altrettanto vero che, a livello calcistico, dovevamo arrivarci, mantenendo quello che è sempre difficile nel nostro torneo, ovvero la costanza. E francamente fa anche un po’ sorridere chi commenta la possibile qualificazione in Champions degli emiliani come “un fallimento per il calcio italiano”. “Usciranno al primo turno.” Forse abbiamo dimenticato gli anni in cui quasi tutti i club italiani che si qualificarono all’Europa League non vedevano l’ora di essere eliminati, contribuendo al declino e allo svilimento del nostro calcio. Che sia il Bologna o un altro club “non convenzionale” a conquistare la scena continentale, per me è solo una cosa positiva. Innanzitutto perché può contribuire anche alla crescita sportiva del nostro campionato dalla vita in giù, creando maggiore competitività interna, e poi perché ci regala un percorso senza precedenti. Tuttavia non si può essere certi del suo fallimento. La tradizione conta ed è radicata nel nostro calcio, quindi, proprio come dice il ritornello d’apertura, chi “conosce i fallimenti e la Serie B” almeno una volta nella vita è felice di potersi godere qualche soddisfazione. Anche perché, a prescindere dall’aspetto ultras, parliamo di un luogo con una grande passione per lo sport, basti pensare ai numeri del Dall’Ara e a quelli che ogni anno accompagnano Virtus e Fortitudo. In ottica ultras, però, viaggiare oltre i confini nazionali potrebbe aiutare il movimento Bologna a crescere, anche dal punto di vista numerico. Le presenze in alcune trasferte di quest’anno – tra cui quella della Roma – hanno finalmente minato anni in cui Andrea Costa seguiva i loro colori a ranghi molto ristretti, e dovrebbero essere un sintomo del loro potenziale e di quanto sarebbe importante sfruttarli e metterli insieme, al di là delle divisioni e degli attriti.

Venendo alla partita di oggi, che si gioca lunedì alle 18.30 (per permettere alle televisioni di trasmettere solo il derby di Milano, dove l’Inter sigillerà il titolo), l’Olimpico risponde sempre con un ottimo pubblico, anche se non si può parlare di esaurito (evidentemente qualche centinaio di sfortunati non sono riusciti ad ottenere permessi o ferie!). La prima “notizia” della giornata è l’ingresso in ritardo dei ragazzi posizionati sul muro della Nord lato settore ospiti. Un ritardo dovuto ai ritardi dei “soliti noti”, compreso il divieto assoluto di esporre le bandiere palestinesi con i colori rom, che sono state esposte in diversi settori negli ultimi mesi. Volendo essere perfido e malpensante, mi chiederei se lo stesso atteggiamento sarebbe stato assunto se le bandiere incriminate non si fossero riferite alla Palestina (a buon intenditore…) o se le bandiere fossero state semplicemente di un altro Paese. La risposta è ovvia. Così come – senza voler dividere il mondo in buoni e cattivi, ci pensano già giornali e televisioni – appare ovvia e facile la scelta fatta da alcuni tifosi europei su questo tema. Posizioni dalle quali, in più occasioni, ci siamo perfino permessi di moralizzare verso terzi. Anche dalle vette del politicamente corretto di cui questi tifosi sono portatori e paladini!

Tornando ad argomenti meno “spinosi” e più vicini alla mera vita da stadio, come sempre molto bella la sciarpa sull’inno della Roma, colorata da fiaccole e fumogeni accesi qua e là. Nel corso della partita, la Sud ha offerto una prestazione altalenante, frutto sicuramente del risultato che dopo i primi 45 minuti vedeva gli ospiti avanti 0-2 e della serata di coppa contro il Milan, che ha portato via tante energie ed entusiasmo. So che queste non devono essere una scusa, ma anche gli ultras – almeno in gran parte d’Italia – sono tifosi e persone normali, che risentono quindi di soddisfazioni e delusioni in modo fisiologico. Fatto sta che nella ripresa il gol di Azmoun riaccende le speranze e anche lo stadio, ma un errore in fase di impostazione regala al Bologna il terzo gol, che significa tre punti fondamentali. Gioia incontenibile nel settore ospiti, che – come detto – canta in tutte le sue unità nel finale, mentre nel corso della partita si è distinto per una buona prestazione, con la parte bassa sempre attiva e colorata. Certamente il modo in cui da alcuni anni sono disposti i tifosi ospiti della Roma (in lunghezza anziché in larghezza) non aiuta a coinvolgere tutti, oltre a rovinare il colpo d’occhio dal punto di vista estetico (come dimostrano le uniche due curve che riuscito a schierarsi in orizzontale nella Roma: quello dello Sturm Graz e quello del Bayern Monaco).

Si chiude, quindi, con la festa emiliana ma anche con gli applausi del pubblico rom, consapevole che nel periodo più delicato dell’anno non c’è tempo per fischiare o lamentarsi!

Simone Meloni

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