“Sono un’imprenditrice picchiata e molestata, ecco perché denuncio” – .

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«Con quel gesto voleva umiliarmi: mi mise le mani addosso nel bel mezzo di una discussione iniziata per futili motivi. Allora, davanti a tutti, mi ha palpato, poi – quando gli ho detto che mi aveva fatto vomitare, che poteva essere mio padre – mi ha dato la testa all’altezza del viso. Qui sul naso, causando danni indelebili”. Aula 413, tribunale di Napoli, eccola Alessandra Novellola giovane imprenditrice vittima di una brutta aggressione avvenuta all’interno del ristorante di famiglia.

Un episodio accaduto due anni fa, all’interno di un ristorante di via San Sebastiano, che ha costretto un intero nucleo familiare a fare una scelta drastica: trasferire la propria attività a Chiaia, per non subire più la pressione del bruto. Difesa da parte del penalista Ester LettieriAlessandra parla della sua determinazione a costituirsi parte civile (altra parte offesa è la zia di Alessandra, difesa dall’avvocato MauroValentino), in un processo a carico del 51enne LL (è accusato di lesioni gravi e violenza sessuale: è difeso dall’avvocato Antonio Del Vecchio).

Alessandra, cosa ti spinge a comparire in tribunale e a costituirti parte civile?

«La convinzione che non ci sia nulla che possa impedirti di difendere la tua dignità. Parteciperò ad ogni fase di questo processo, dove – è giusto ribadirlo – l’imputato avrà la possibilità di sostenere la propria versione dei fatti, ma non farò passi indietro rispetto ad un principio: chiunque ritenga di avere subito un atto violento e degradante non deve rinunciare a far sentire la propria voce, raccontando la propria esperienza. Non deve cedere alla tentazione di isolarsi, finendo magari nell’oblio”.

A cosa si riferisce?

«Non avrei mai immaginato di trovarmi in una situazione del genere. Il 30 aprile al Tribunale di Napoli, insieme al mio avvocato di fiducia e a mia madre, per far valere le mie ragioni.

Eppure ti assicuro che quando una donna subisce molestie o violenze ha la tendenza a chiudersi in se stessa. Ma dobbiamo superare questo momento. Perché solo chi agisce brutalmente dovrebbe vergognarsi e sentire il peso della colpa. Chi subisce quello che mi è successo deve raccontare tutto con onestà e spirito civico, potendo camminare a testa alta”.

Cosa le è successo?

“L’ho spiegato agli inquirenti, ci sono i referti medici e le testimonianze”.

Questo è il processo ed è giusto che il suo racconto resti una versione parziale, che attende la ricostruzione degli imputati. Raccontaci cosa è successo nel tuo ristorante dal suo punto di vista.

«Era il 25 febbraio 2022, all’interno del ristorante di famiglia. Ho sentito un uomo sulla cinquantina discutere con veemenza con mia zia riguardo al mettere il cibo in alcuni vassoi. Ho provato a intervenire, ma non mi ha dato il tempo di dire molto. Ho provato a calmarlo, ma non c’era niente che potessi fare. Il resto è quanto riassunto nell’atto di accusa”.

COSÌ?

«Mi ha dato una testata all’altezza del naso. Considera che un nostro dipendente mi ha detto più volte negli ultimi due anni che non potrà mai dimenticare il rumore sordo della testiera che mi arriva al naso.

I documenti menzionano anche la violenza sessuale. Possibile: lì, davanti a tutti?

«È stato un altro gesto che non dimenticherò mai. Prima di essere colpita dalla testata mi ha messo la mano nelle parti intime, ho saltato e le ho gridato che doveva vergognarsi di me, che mi sentivo schifata da quel gesto. Poi il colpo al naso, mentre brandiva una bottiglia di birra che per fortuna gli hanno strappato di mano”.

Allora cosa ricordi?

«Il sangue, il salvataggio. Respirazione difficoltosa. La paura che qualcuno nella mia famiglia ne venisse colpito. Il ristorante vuoto. Le urla della donna che accompagnava l’aggressore – credo fosse sua moglie – che da un lato mi ha chiesto scusa per il comportamento dell’uomo, dall’altro ha insistito con accuse insensate”.

Perché ritieni sia importante affidarsi ad un processo penale?

«Per eliminare l’impunità. Chiunque agisca in un certo modo, a causa di una discussione molto banale, può ripetere la condotta. Può farlo di nuovo, attaccando altre persone indifese e incapaci di sostenere un simile carico di aggressività. Spero che questa esperienza possa rappresentare un forte deterrente per impedire altri gesti simili, ma anche un esempio per chi soffre in silenzio. Dobbiamo fare affidamento sulla giustizia, credere nella possibilità di dimostrare la coerenza delle nostre conclusioni e opporci a ogni forma di violenza. Credetemi: è doloroso, ma farsi parte civile e uscire allo scoperto è anche un dovere a tutela dei più deboli».

© TUTTI I DIRITTI RISERVATI

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La mattina

 
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