Mafie da pascolo. Predoni d’Abruzzo – .

la regione del Centro Italia è coinvolta in un giro d’affari milionario che si gioca sul territorio, tra incendi e minacce. Ma lei resta lontana dai controlli

“Un giorno ho trovato un centinaio di mucche al pascolo su un terreno che avevo affittato. Ho chiesto i danni al pastore ma lui mi ha spiegato che lo avevano nominato e che presto avrei ricevuto un risarcimento”. Adriano Marrama, coltivatore di cereali e allevatore di cavalli da corsa di Vittorito, in provincia dell’Aquila, è una delle vittime del sistema illecito che, anche in Abruzzo, sfrutta le crepe della Politica Agricola Comune (PAC) per ottenere i contributi europei. La sua storia personale è parte di una storia più ampia e complessa, dove amministratori, regolatori e imprenditori non sono riusciti a fermare chi voleva approfittare del meccanismo.

L’organismo di vigilanza (Agea) ha ammesso di aver mancato il controllo. Ora ha sviluppato un nuovo software

“Abbiamo visto passare milioni di persone nella nostra regione e nessuno ha mai mosso un dito”, spiega Marrama con il tono di chi sa più di quello che può dire. Un sistema difficile da scardinare perché porta profitti a tutti: le aziende pagano gli stipendi dei pastori locali e nel frattempo si riempiono le tasche, come evidenziato dalla ricerca del professore dell’Università dell’Aquila Lina Calandra, che già nel 2018 aveva denunciato la presenza di una rete di favori e minacce nella regione. Al lavoro accademico si aggiungono operazioni delle forze dell’ordine, come quella dello scorso settembre denominata Transumanza, che oltre all’Abruzzo ha coinvolto Puglia, Trentino-Alto Adige, Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Lazio e Campania.

Un’altra indagine condotto nel 2017 dai carabinieri di Sulmona, di cui lavialibera ha ottenuto i documenti, dimostra anche che il sistema illegale non ha risparmiato nemmeno i parchi. Secondo la ricostruzione dei Carabinieri sarebbero stati utilizzati abusivamente da aziende zootecniche che violavano le normative regionali, nazionali ed europee. Con il nuova PAC 2023-2027 speriamo che qualcosa cambi, soprattutto nei controlli. Anche perché la stessa Agenzia per i pagamenti agricoli (Agea) ha ammesso di aver avuto grossi problemi nel monitoraggio del territorio.

Mafie al pascolo, ingiustizie in alta quota

Natura cambiata

Sullo sfondo di questa storia ci sono le montagne abruzzesi, che attraverso la loro diversità riescono a trasmettere le complessità di un modus operandi fraudolento stratificato e consolidato nel tempo. Nunzio Marcelli, imprenditore agricolo di Anversa degli Abruzzi, comune della provincia dell’Aquila che conta poco più di 300 abitanti, è testimone di quanto sta accadendo. “Il danno grave è stato non aver capito che la Pac poteva essere una risorsa per il nostro territorio, che invece si è spopolato. Nel frattempo i soldi continuano a riempire le tasche di aziende che con questi luoghi non hanno nulla a che fare. Quando i grandi imprenditori mettono decine di migliaia di euro sul tavolo dei piccoli comuni dell’hinterland, le amministrazioni comunali difficilmente possono rifiutarsi”.

Il cambiamento del paesaggio naturale è legato alla presenza sempre più forte di imprese di altre regioni, che possono ottenere terreni grazie al disaccoppiamento, la procedura attraverso la quale i contributi versati non vengono versati in base alla produzione, ma in base alla proprietà di l’agricoltore e gli ettari di terreno in suo possesso. “Il meccanismo funziona come un reddito, non come un sostegno”, specifica Marcelli, mentre Marrama aggiunge che “molti ministri dell’Agricoltura, da Gianni Alemanno, passando per Giancarlo Galan, Luca Zaia e Maurizio Martina, sono favorevoli al disaccoppiamento. Molti dicono che “è colpa di Bruxelles”, ma in realtà è la conferenza Stato-Regioni a decidere come applicare la Pac sul territorio”. Dino Rossi, contadino di Ofena (Aq) a cui sono stati bruciati i mezzi agricoli, commenta: “Chi sta al governo ha promesso cambiamenti. Ma i politici muoiono, i manager restano”.

Il ruolo dei sindacati

Per ricevere fondi dall’Unione Europea gli agricoltori devono compilare e presentare una domanda, con le associazioni di categoria che svolgono un importante ruolo di intermediario. “I Centri di Assistenza Agricola (CAA) prendono una commissione intorno al 3 per cento – osserva Marcelli – e quindi per richieste che valgono milioni di euro di sussidi parliamo di cifre molto elevate”.

Calandra: “La mafia è ai pascoli”

Dallo scorso dicembre, grazie ad un decreto voluto dal ministro Francesco Lollobrigida, i requisiti per la CAA che può presentare e gestire le domande per ottenere i fondi comunitari escludono di fatto i piccoli sindacati, creando un imbuto: per le prossime scadenze, previste a maggio 2024, i piccoli le associazioni potranno farsi carico solo della gestione delle piccole pratiche, mentre le pratiche aziendali potrebbero passare tutte nelle mani della Coldiretti.

Il rapporto con la Caa si è rivelato cruciale anche per il gruppo coordinato dagli imprenditori trentini Mariano e Armando Berasi che, secondo l’inchiesta Transumanza, hanno commesso una serie di reati tra cui truffa, autoriciclaggio e riutilizzo di proventi illeciti. Secondo gli inquirenti uno degli indagati avrebbe eseguito le direttive del Berasis, in qualità di coamministratore di fatto di enti tra cui Caa Alpa dell’Aquila e Campobasso e il Consorzio L’Aquilano.

Passeggiare nei parchi (quando è vietato)

In questa storia rientrano anche i luoghi pensati per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale e culturale: i parchi nazionali. Lavialibera ha potuto visionare una denuncia di reato presentata dal Reparto Carabinieri del Parco Nazionale della Majella alla Procura di Sulmona, datata 2 ottobre 2017. Un documento scottante, che però non ha avuto esito. Ecco perché dobbiamo considerare innocenti fino a prova contraria tutti i protagonisti citati. L’accusa mossa dagli inquirenti è di frode aggravata ai danni dell’Unione Europea, pascolo illegale di bestiame e deterioramento di habitat di interesse comunitario. I nomi citati sono 27, tra cui proprietari di allevamenti, sindaci, responsabili degli uffici tecnici comunali, il direttore del parco nazionale della Majella e il responsabile dell’ufficio veterinario del parco, che all’epoca dei fatti contestati era anche sindaco di Caramanico Terme, in provincia di Pescara.

Nel territorio del Parco Nazionale della Majella e nei nove comuni di Pacentro, Sulmona, Pratola Peligna, Pescocostanzo, Ateleta, Caramanico Terme, Sant’Eufemia a Maiella, Palena e Pizzoferrato sarebbero stati concessi ingenti fondi comunali a otto aziende zootecniche in violazione delle norme regionali, nazionali ed europee. paesi, in quanto si tratta di aree boschive dove non è consentito il pascolo, o le cosiddette aree A di riserva integrale, caratterizzate da habitat fragili o zone ripide e rocciose, impraticabili per il pascolo. Non solo. IL indagini aveva portato alla luce numerose autorizzazioni al pascolo rilasciate dall’Ente Parco e mai pubblicate all’albo. Solo sulle montagne del Morrone, nell’Appennino abruzzese, i contributi comunitari per i pascoli ammontano a oltre un milione e 200mila euro. Dato calcolato sul quinquennio dei fondi previsti dal Piano di Sviluppo Rurale della Regione Abruzzo dal 2014 al 2020.

Cos’è la frode comunitaria? Gli intuizioni di lavialibera

Ad attirare l’attenzione dei Carabinieri sono stati alcuni incendi avvenuti nei mesi di luglio e agosto 2017 sui monti del Morrone, proprio sopra la città di Sulmona, che hanno distrutto gran parte della superficie concessa. Secondo l’accusa contenuta nel documento, “c’erano forti interessi a controllare il mercato degli allevamenti operanti in Abruzzo e nel reatino, capace di generare guadagni dell’ordine di diversi milioni di euro in cinque anni”.

Nella corsa ai fondi alcuni gruppi che “storicamente controllano il mercato” erano entrati in conflitto: da un lato alcuni nomi con sede a Sant’Eufemia a Maiella (Pe), ma con forti legami con il territorio pugliese; dall’altro le imprese con sede nel reatino e legate all’area di Latina e al basso Lazio. Dai documenti risulta che “la maggior parte degli incendi sono stati appiccati con intenti intimidatori e di ritorsione su ordine dei “leader” dei due gruppi contendenti che controllavano l’intero mercato attraverso favoritismi ed estorsioni”.

Un’altra ipotesi avanzata dai carabinieri è che siano stati gli stessi concessionari a bruciare i pascoli loro assegnati, per poter avere terreni in condizioni migliori, a partire dal 2018, addirittura “adducendo causa di forza maggiore come motivo di giustificare l’impossibilità di rispettare le condizioni previste nei bandi […] e ricevere contributi Ue”. A tre giorni dagli incendi Confagricoltura ha chiesto alla Regione Abruzzo di versare dei contributi per quei pascoli bruciati e inutilizzabili. “In questo modo si sarebbero garantiti grandi profitti senza alcun rischio né spesa”, prosegue il documento, ma non si sa più nulla.

Le famiglie in conflitto entrarono in guerra per ottenere il controllo dei territori

Controlli inadeguati

È l’Agea, l’Agenzia per le erogazioni agricole, ad ammettere di aver fallito nel suo lavoro di monitoraggio, tanto da presentare in pompa magna un nuovo sistema di controllo da 12 milioni di euro. Nel corso di un intervento pubblico, dal titolo Coltivare la legalità, la dirigente Cristina D’Annibale ha ammesso: “Il motivo per cui ci è sfuggito il fenomeno delle truffe è proprio la mancanza di prossimità, perché Agea attualmente copre 11 regioni molto lontane. È qui che si sono verificati fenomeni di cui non eravamo consapevoli”. Le cause dei controlli mancanti sono diverse. Innanzitutto i dati potevano essere inseriti nel sistema solo manualmente e Agea non poteva accedere ad alcune banche dati. In secondo luogo, era difficile scambiare informazioni tra le forze dell’ordine, le banche dati di altri organismi e l’organismo pagatore.

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Con il nuovo sistema, che sarà applicato alle domande 2024, verranno incrociate le richieste pervenute all’istituto, i conti correnti su cui vengono depositati i pagamenti e i pagamenti stessi. È stata inoltre stipulata una convenzione con i Carabinieri e la Guardia di Finanza per massimizzare l’opera di controllo e monitoraggio del territorio, nonché per garantire un sistema di interoperabilità con i Comuni e la Direzione Anticrimine di Polizia.

Per un contrasto diffuso

Il nuovo software dell’agenzia governativa non è l’unico modo per fermare queste truffe. Secondo gli agricoltori intervistati da lavialibera, il ritorno ai titoli accoppiati da un lato potrebbe semplificare i controlli attraverso una verifica immediata; dall’altro contribuirebbe al ripopolamento delle aree interne. C’è poi un altro percorso, più lungo, che dovrebbe coinvolgere la governance locale. In questo senso potrebbe essere utile un efficiente sistema intercomunale che sviluppi una regolamentazione per la gestione del demanio. Un tavolo di sindaci e dirigenti locali per non farsi cogliere impreparati.

Sensibilizzare è l’auspicio anche di chi, come il prefetto dell’Aquila Giancarlo Di Vincenzo, è convinto che “le istituzioni debbano essere vicine ai cittadini, per permettere che certi episodi non si ripetano”. Un mix virtuoso fatto di competenze, strategia, amore per il bene pubblico e rispetto per la natura. Che, in definitiva, è lo spirito della PAC.

Da lavialibera n°26

 
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