«Se Guarascio vuole continuare a giocare a calcio nel Cosenza deve riscattare Tutino» – .

COSENZA Luciano De Paola è uno di quei calciatori del passato che difficilmente si dimenticano, e non solo per la stazza imponente e la folta chioma nera che ha portato con sé sui campi di Serie A e B per tutta la carriera. Nato a Crotone 62 anni fa, sempre schietto e schietto, oggi è un allenatore reduce da una sfortunata esperienza in Serie D sulla panchina del Trizio. Convocato a metà stagione, è riuscito a risollevare il club di Trezzo sull’Adda, nel milanese, ma, recentemente, una serie di infortuni ai suoi attaccanti ha ripiombato la squadra nell’incubo della retrocessione.
Da centrocampista De Paola ha collezionato 66 presenze nella massima serie con Cagliari, Brescia, Lazio e Atalanta, e 192 in Serie A, conquistando tre promozioni in Serie A, mentre da allenatore ha guidato diverse squadre del Nord Italia (dalla Primavera del Brescia all’Arezzo, e poi Piacenza, Lecco, Lumezzane, Pergolettese, solo per citarne alcune).

Anche da lontano non ha mai smesso di seguire le vicende calcistiche della sua terra natale. Soprattutto quelli di Il Cosenza, squadra per la quale ha giocato due stagioni indimenticabili per i tifosi rossoblù: quello del -9 in classifica con Alberto Zaccheroni in panchina e quella successiva (1995-1996) con Bortolo Mutti sulla plancia di comando (dopo la breve parentesi iniziale di Fausto Silipo), in cui i Lupi hanno assaporato a lungo il sogno della Serie A.
Abbiamo contattato De Paola in un freddo pomeriggio primaverile. Freddo soprattutto nella sua Brescia dove vive ormai da diversi anni. «E come dimenticare l’anno meno nove? Lui – ci ha detto –. Qualcuno nello spogliatoio piangeva, si diceva che eravamo già retrocessi. Sono passato Gianni Di Marzio (che era il direttore generale, ed) e io gli ho detto: “dai dei soldi a questi due o tre e ci salveremo”. E così è stato. Sono salito in A tre volte e posso dirlo quell’anno era come se avessimo vinto tre scudetti di Serie B».

Marco Negri, intervistato da Corriere della Calabriaha rivelato che quella squadra resterà sempre nel suo cuore.
«
Ha ragione Marco, eravamo un gruppo forte, amici dentro e fuori dal campo. Abbiamo attraversato momenti difficili ma siamo riusciti a vincere tante partite. Zaccheroni è stato un grande allenatore, avere a che fare con una “banda di matti” del genere non era facile. È stato bravo anche a supportarci nei momenti in cui non avevamo voglia di allenarci a causa degli stipendi che non arrivavano. Era preoccupato, ma non poteva fare altro che sedersi in un angolo e lasciarci fare quello che volevamo. Ma poi domenica abbiamo vinto facilmente. Ma, ripeto, quello era un gruppo di uomini forti, non avevamo paura di niente. Nessuno, compresa la Lega, aveva scommesso su di noi”.

Senza il rigore il Cosenza probabilmente avrebbe potuto puntare alla Serie A.
«In Serie A arrivavamo anche con meno nove, ma una volta raggiunta la salvezza abbiamo avuto un calo fisiologico. Sono d’accordo, senza rigori avremmo vinto il campionato. Zaccheroni era grande e pazzesco come noi. Quando alleni gente come Marulla, Napolitano, De Paola, Monza, Negri, Palmieri, non può essere altrimenti. Se fosse stato normale si sarebbe dimesso subito. Grazie a quella sua sana follia è diventato un tecnico di altissimo livello. Anche noi abbiamo dato un contributo alla sua carriera”.

L’anno successivo siamo passati da Zaccheroni a Silipo, per proseguire con Bortolo Mutti.
«Diciamo che anche quell’anno ci ho messo un po’ del mio e insieme ad altri non ci siamo comportati benissimo con Silipo. Era visto come un Messia. Due anni prima aveva allenato il Cosenza e aveva disputato un campionato incredibile. Ma i giocatori erano diversi. Un giorno gli ho detto: “signore, se continua così può tornare a casa”, e al suo posto è stato preso Mutti. Ricordo che alcune società di tifoseria e Padre Fedele mi criticarono duramente, alla fine avevo ragione. Con Mutti quell’anno abbiamo fatto grandi cose”.

Nei tuoi due anni a Cosenza hai giocato con attaccanti del calibro di Marulla, Negri, Lucarelli e Tatti. Gennaro Tutino ha superato il record di Marulla in Serie B: 15 gol. Pensi che possa seguire le orme del capitano?
«Parto dal presupposto che Gigi era un’icona a Cosenza. Conosco bene Saurini che ha allenato Tutino nella Primavera del Napoli e mi ha parlato tanto di lui. Mi ha detto che è un giocatore speciale che, se trova l’ambiente giusto e il calore dei tifosi, fa la differenza come pochi altri. Cosenza è il suo posto. Non so se riuscirà a raggiungere Gigi perché per me Gigi è stata l’apoteosi del Cosenza calcio per attaccamento, serietà ed equilibrio. Ma può avvicinarsi”.

Bisognerà vedere se il presidente Guarascio riuscirà a comprarlo dal Parma la prossima estate o se il giocatore vorrà restare.
«Se Guarascio vuole continuare a giocare a calcio nel Cosenza non ha alternative, deve riscattarlo. Tutino è diventato il simbolo di questa squadra. Credo che un imprenditore scaltro e intelligente come lui capisca bene che un accordo del genere non può che avvantaggiarlo. Tutino è l’uomo giusto per avvicinare la gente allo stadio e se si lascia andare tanti tifosi se ne andranno per sempre”.

Il Cosenza ha ottenuto la salvezza in un anno che si immaginava diverso.
«Il Cosenza quest’anno è fortissimo, la squadra più forte che Guarascio ha costruito. Soprattutto da centrocampo in su. Il problema è che il Cosenza è una piazza importante, il “San Vito”, che oggi si chiama “Marulla”, è uno stadio pesante e devi avere grande personalità per restarci, altrimenti puoi metterti in difficoltà. In passato lì hanno giocato giocatori del calibro di Marulla, Zunico, Napolitano, Ciccio Marino e tanti altri. La Cosenza di oggi ha una qualità immensa. Ha un leader e rifinitore come Tutino, ha Marras che mi fa impazzire e mi ricorda Strefezza, e poi ancora Florenzi, Calò, D’Orazio, tutti bravi giocatori. Quando però si arriva ai momenti delicati della stagione bisogna essere pronti a tenere l’asticella dritta. Secondo me quest’anno è mancata un po’ questa cosa”.

Forse, in generale, giocatori come De Paola non ci sono più.
«Ho vinto anche grazie al mio carisma. Ero un comandante in campo, uno che si faceva sentire nello spogliatoio, ero ascoltato tantissimo anche da allenatori come Zaccheroni, Bolchi, Materazzi, Reja, Lucescu, Ranieri. Ma negli anni 90 c’erano tanti giocatori carismatici come me, penso a Conte, Iachini, Ezio Rossi, De Napoli, solo per citarne alcuni. Oggi il calcio è cambiato, quelle tipologie di giocatori con carattere, passione, che come me vengono dalla terra e dalla fame, tante volte certi presidenti neanche li vogliono. Sono sincero, oggi da questo punto di vista non mi diverto molto a guardare le partite”.

Ma forse le piace come gioca il Catanzaro.
“Sì molto. L’estate scorsa, parlando qui a Brescia con De Zerbi e Aimo Diana, che incontro spesso, dicevo che una squadra che domina il campionato di Serie C è pronta a vincere anche in Serie B. Da ex giocatore del Cosenza mi è difficile dirlo, ma così a Catanzaro gioca Nessuno, a volte sembra di guardare una partita della PlayStation. Mi ricorda il mio Cagliari, in due anni siamo passati dalla C alla A più o meno con gli stessi giocatori. In attacco ha Iemmello, in mezzo al campo gioca a memoria e poi è guidato da un allenatore bravissimo, equilibrato e soprattutto senza sponsor importanti come Vivarini. Credo che potrebbero essere la terza squadra ad essere promossa, anche se hanno buttato via delle partite incredibili”.

Passiamo al Crotone, squadra della sua città natale. Un anno difficile: due espulsioni, playoff raggiunti all’ultimo minuto e qualche giocatore attaccato qualche settimana fa.
«Conosco Raffaele Vrenna e so che hanno allestito una squadra importante spendendo tanti soldi. Hanno iniziato forte e poi hanno avuto qualche problema. L’aggressione subita dai calciatori e dalle loro famiglie sulla spiaggia è da censurare, anche se mi ha sorpreso. Crotone è sempre stata una città tranquilla sotto questo aspetto. Adesso nei playoff può succedere di tutto. In attacco la squadra è forte, in difesa concede troppo, vedremo”.

Infine due pronostici, anche se ha già parzialmente risposto. Chi va in Serie A e chi retrocede?
«Sono in difficoltà per la retrocessione, l’Ascoli forse sta peggio delle altre. Mi dispiace per la FeralpiSalò perché con Zaffaroni ha giocato un buon calcio. In Serie A dopo Parma e Como, nei playoff Cremonese, Venezia e Catanzaro lotteranno per il terzo posto, con i giallorossi secondo me leggermente favoriti. ([email protected])

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