«A Brescia per il mio primo film da regista, un regalo per lo zio Egidio» – .

Portatene uno in giro spettacolo teatrale da lei fortemente voluto, ma di cui è ugualmente concentrata sulla post produzione lungometraggio con il quale ha esordito alla regia, ambientato a Brescia e con un protagonista speciale, a lei particolarmente caro.

L’attrice, artista visiva e scrittrice bresciana Camilla Filippi44 anni, è da un lato alle prese con il monologo tutto al femminile “Non esistono piccole donne”; dall’altro sta finendo «Il regalo per la pensione»un documentario familiare in cui mette al centro della narrazione lo zio disabile, Egidio Bordiga, ma anche il fratello Michele e se stessa.

Ci hanno parlato dei progetti.

Camilla, nessuno sa chi si nasconda dietro il soprannome di Johannes Bückler, ma i suoi testi, pubblicati negli ultimi cinque anni e tra cui «Non ci sono piccole donne», sono arrivati ​​al grande pubblico grazie al passaparola. Perché ha deciso di portarlo in scena?

Contiene tante storie meravigliose di donne, che volontariamente o forzatamente sono state protagoniste di eventi molto potenti, che hanno lasciato il segno: penso a pioniere come Elizabeth Miller, la prima donna a indossare i pantaloni, o a Rose Parks e alla meno conosciuta Claudette Colvin , che erano insegnanti afroamericani di disobbedienza civile, rifiutandosi di cedere il posto sull’autobus a un bianco. Porto con me due versioni: nella grande mostra ho selezionato sei racconti, nella più limitata lettura scenica quattro, anche se meritano tutte una vetrina. Credo che soprattutto per i più giovani, la cui capacità di attenzione diminuisce costantemente, recitare in scena sia più efficace: ecco perché ho coinvolto una regista come Susy Laude in un progetto che considero fondamentale.

Camilla Filippi, regista bresciana – Foto di S. Lodovichi

A proposito di donne che hanno lasciato il segno: lo scorso anno ha interpretato Giulietta Masina nella docuserie di Sky Arte «Io e Lei». Che effetto ha avuto su di lei?

Fu una scoperta: una donna straordinaria, quasi sempre relegata al ruolo di “moglie di Fellini”. Lei era molto di più, in realtà. Un film come «La strada» nasce dalle sue esperienze e si basa su di lei, anche se i produttori avrebbero preferito Mangano: ma senza Masina non sarebbe stato il grande film che è di lei. Eppure nessuno la ricordava nemmeno in occasione del centenario della sua nascita nel 2021!

Il cinema tratta ancora meglio gli attori uomini rispetto alle donne?

Forse qualcosa sta cambiando, ma spesso la donna è ancora vista come un accessorio. Mi diverte, e allo stesso tempo mi fa arrabbiare, pensare che in «La migliore gioventù» ho interpretato la figlia di Luigi Lo Cascio, in «La vita che vorrei» la sua amante, e prima o poi interpreterò sua madre, ovviamente con Lo Cascio sempre protagonista…

Riprese nella metropolitana di Brescia per il lungometraggio di Camilla Filippi

Ha un bellissimo rapporto con il Brescia.

Perché Brescia è bella, e io sono quello che sono perché sono nato a Brescia, dove un giorno vorrei tornare definitivamente. Rispetto al tuo luogo d’origine puoi contrastarlo o abbracciarlo: io ho scelto di abbracciarlo. Il che è facile, considerato il livello di umanità, solidarietà e disponibilità che lo caratterizza: si è visto anche durante la pandemia, e ho potuto sperimentarlo in prima persona (dalle istituzioni alle persone) quando ho deciso di mettermi dietro l’auto Jack .

Lì ha girato “The Retirement Gift”, ormai quasi pronto per essere distribuito. Che storia è?

Il pensionamento dello zio Egidio, dopo 38 anni di onorato servizio presso gli Spedali Civili, diventa l’occasione per girare un film su di lui. È il fratello di mia madre ed è nato con una lesione cerebrale indotta dal forcipe. Da quando è venuta a mancare la madre vive con mio fratello Michele. Essendo di casa a Roma, ho lasciato qualcosa dietro, ma il legame con loro non è mai venuto meno: il documentario è un modo per rafforzarlo.

 
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