Il Parma non poteva restare così a lungo fuori dalla Serie A – .

Il Parma non poteva restare così a lungo fuori dalla Serie A – .
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“Divertiti”, ha detto l’allenatore Fabio Pecchia ai fan di Parmache il 1° maggio con il pareggio di Bari conseguì per la promozione in Serie A per la quarta volta, nella terzultima giornata di un campionato di Serie B dominato dall’inizio alla fine (il Parma è stato capolista per 35 delle 36 giornate finora disputate). «Buon divertimento» ha detto Pecchia, e chiunque abbia seguito le vicende della squadra emiliana nelle ultime stagioni capisce perfettamente il messaggio.

La fine di un periodo complicato

Questa promozione si chiude uno dei periodi sportivi più complicati della storia del Parma. Da qualche anno i suoi fan (tra cui chi scrive) erano diventati pessimisti: c’era sempre nell’aria la sensazione che sarebbe finita male, anche quando le cose sembravano andare bene. Non era quello a cui il Parma ci aveva abituato: da quando arrivò in Serie A per la prima volta, nel 1990, era normale che il club crociato superasse le aspettative.

Neopromosso nel ’90, il Parma concluse il campionato al quinto posto. L’anno successivo vinse il Coppa Italiaquello dopo Coppa delle Coppequindi, il Supercoppa Europeadopo di che il Coppa Uefa. È bastato un bel decennio ai massimi livelli perché il Parma diventasse il quarta squadra italiana con più trofei internazionali, subito dopo Milan, Inter e Juventus. Anche in seguito ai due fallimenti, il primo al momento del Parmalatpoi alla fine degli anni di gestione del bresciano Tommaso GhirardiIl Parma ha sempre retto ed è ripartito, con risultati a volte impensabili. COME la salita dalla D alla A con quattro promozioni in quattro annicosa che nessuno in Italia aveva mai fatto prima.

Era il Campionato di Serie A 2020-21, il terzo dopo il rientro dai dilettanti, rendendo pessimisti i tifosi del Parma. Un torneo iniziato con una sontuosa campagna acquisti (oltre cento milioni di euro spesi per i nuovi acquisti) e finito male: ultimo, con soli 20 punti e una serie incredibile di occasioni sprecate. Partita dopo partita, si è aperto un divario enorme tra le legittime aspirazioni dei tifosi e la realtà del campo.

Succede di nuovo l’anno successivo: retrocesso in Serie B, il Parma recluta due campioni, Gigi Buffon e Franco Vazquez. La salita sembrava una formalità. Invece la squadra non arrivò nemmeno all’ottavo posto, ultimo posto per accedere ai playoff per contendersi la promozione. L’anno successivo arriva ai playoff e sembra avviato verso la Serie A: nella semifinale dell’andata Cagliari vinse 2-0 dopo meno di mezz’ora. La rimonta dei sardi, con tre gol negli ultimi venticinque minuti, e una palla che ha colpito la base della traversa per rimbalzare sulla linea di porta del Cagliari nella gara di ritorno (è bastato un uno a zero per passare… ) ha confermato che quella brutta sensazione non era irragionevole. Sì, anche quando sembrava che fosse il momento giusto, alla fine non lo è stato.

Il presidente del Parma, Kyle Krause, portato in trionfo – Parma Calcio 1913

Il progetto di Krause

Ecco perché il ritorno del Parma in Serie A questa volta è diverso: ha la forza liberatoria di uscire da quello che sembrava un brutto momento e che invece non si è mai concluso. È la vittoria che va “goduta” come sa fare solo chi ha ritrovato la gioia dopo troppe delusioni o chi ha conquistato la vetta dopo una salita molto più lunga e faticosa del previsto. E ora possiamo guardarci intorno con ragionevole ottimismo.

L’ultima volta che il Parma ha trascorso tre anni consecutivi in ​​Serie B era alla fine degli anni ’80, poco prima della promozione che aprì quei dodici incredibili anni che portarono i dodici trofei oggi conservati al Museo del Tardini e ha fatto innamorare i tifosi di campioni come Zola, Asprilla, Crespo, Buffon, Thuram o Cannavaro. Oggi, però, è una storia diversa. Non sono più gli anni degli acquisti esagerati e delle ambizioni sconfinate (anche oltre i confini della legalità) di Calisto. Tanzima quelle dell’imprenditore americano Kyle Krause, che viene dall’Iowa ma ha origini palermitane ed è innamorato dell’Italia.

Krause61 anni, ha fatto fortuna con Kum&Go, una catena di minimarket legati alle stazioni di servizio negli Stati Uniti. L’anno scorso lo vendette (secondo l’agenzia finanziaria Reuters per una cifra vicina ai 2 miliardi di dollari) e oggi il Parma Calcio è una delle principali attività del Gruppo Krause, che controlla anche due grandi ranch negli Stati Uniti, il Des Moines Menace e Pro Iowa di calcio ma soprattutto in Italia acquista due storiche aziende vinicole piemontesi (Vietti ed Enrico Serafino) e avvia un resort a cinque stelle nelle Langhe.

Anche lui è proprietario americano di club italiani, ma ha un approccio molto diverso da quello dei fondi di investimento che cercano profitti rapidi nel business del calcio. Gruppo Krause si definisce un’azienda a conduzione familiare la cui missione è “migliorare il modo in cui le persone vivono il mondo coltivando una famiglia di marchi e creando allo stesso tempo opportunità per fare del bene”. Nelle poche interviste concesse, il presidente del Parma ha affermato di considerarsi un “imprenditore sociale” che guida aziende “legate al territorio, ecosostenibili, rispettose e amate dalla comunità” e fa investimenti a lungo termine pensando anche ai suoi figli e ai suoi figli. nipoti (a Parma è coinvolto soprattutto il figlio Oliver).

Le risorse non gli mancano: ha investito tra l’acquisto del club e la copertura delle perdite 357 milioni di euro nel club emiliano in questi quattro anni. Sembra vicino all’approvazione definitiva il progetto del nuovo Stadio Tardini, una ricostruzione ex novo per realizzare un moderno impianto nel centro della città che contribuirà agli introiti della squadra. Ha lanciato anche la squadra femminile, che punta anch’essa a salire in Serie A.

Investire sui giovani (e farli giocare)

A livello sportivo il progetto è chiaro: investire sui giovani e sul settore giovanile. Gli scout del Parma, guidati dal ds Mauro Pederzoli, hanno il compito di trovare giovani calciatori di qualità “che possano garantire alla società un futuro sportivo ed economicamente sostenibile”, come ha spiegato lo stesso Krause Gazzetta dello Sport.

Una strategia che ha i suoi rischi (soprattutto nell’equilibrio psicologico di una squadra composta da giovani pieni di talento ma non di esperienza) ma che quest’anno ha dimostrato di poter risultare vincente. Il Parma ha ottenuto la promozione con la terza squadra più giovane della categoria (età media 24,8 anni), composto interamente da giocatori di proprietà che iniziano a far disputare diverse decine di partite tra i professionisti.

Alcuni stanno suscitando l’interesse dei grandi club europei. Soprattutto il centrocampista catalano Adrian Bernabé22enne che ha allenato nelle giovanili di Barcellona e Manchester City, ovvero l’attaccante Ange-Yoan Bonny (20enne scoperto tre anni fa nella quinta serie francese), ma anche il 23enne esterno polacco Adrian Benedyczakgià in Nazionale, il centrocampista svizzero Simon Sohm (23 anni) o il difensore centrale Alessandro Circati, che a 20 anni ha già esordito con l’Australia (è figlio di un calciatore fidentino emigrato a Perth). A questi si aggiungono giocatori più maturi, come i rumeni Dennis Man e Valentin Mihăilă (rispettivamente 25 e 24 anni) già stabilmente in nazionale, e alcuni “esperti”, come Cristiano Ansaldil’ex esterno di Inter e Torino che a 37 anni insieme al capitano Enrico Del Prato (terzino 24enne della scuola Atalanta) è uno dei protagonisti dello spogliatoio.

Fabio Pecchia, allenatore del Parma – Parma Calcio 1913

Giocatori “all in”.

La squadra arriva in Serie A con una squadra i cui equilibri e schemi si sono ormai consolidati nei due anni di gestione di Pecchia, che ha conquistato la sua terza promozione dopo quelle con Verona e Cremonese. Due anni fa Pecchia scelse di lasciare Cremona, dove aveva appena raggiunto il traguardo della Serie A, per unirsi al progetto Parma di Krause. Studente di Rafa Benítez, sempre fedele al suo 4-2-3-1 e al suo gioco offensivo, ha imposto nelle parole e nei fatti l’idea che i giocatori siano “all in”. Raramente il tecnico del Parma ha schierato la stessa formazione due volte di seguito.

In ogni conferenza stampa ha ribadito che non esistono titolari e sostituti, ma il Parma gioca, e chi entra durante la partita non ha meno possibilità di contribuire al successo della squadra rispetto a chi è partito dall’inizio. Se la squadra si è imposta sulle altre dall’inizio alla fine del campionato non è stato solo per la qualità e l’ampiezza della rosa, oggettivamente la migliore della Serie B, ma anche per la capacità di formare un gruppo che è emerso chiaramente in in questa stagione, con una solidità psicologica che ha permesso al Parma di vincere tante partite con gol segnati negli ultimi minuti di gioco. Una rosa giovane, un gruppo forte, una proprietà solida: sembra esserci tutto per fare bella figura anche nella massima serie.

«Il Parma è tornato. La natura sta curando” ha scritto su Twitter il giornalista americano James Horncastleche segue la Serie A per L’Atleticoil giornale sportivo di New York Times. «ParmAgain» è il motto scelto dal club per celebrare questa vittoria. Per i tifosi del Parma l’ultima assenza dalla massima serie è stata dolorosa e sicuramente troppo lunga. Per quanto hanno fatto i gialloblù nel grande calcio dal 1990 in poi, non c’è bisogno di essere di parte per pensare che anche in Serie A è mancato molto il Parma.

 
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