«All’età di 99 anni mia zia si ruppe il femore e le venne negata l’assistenza pubblica» – .

«All’età di 99 anni mia zia si ruppe il femore e le venne negata l’assistenza pubblica» – .
«All’età di 99 anni mia zia si ruppe il femore e le venne negata l’assistenza pubblica» – .

ANCONA Zia Fernanda affronta la vita da quasi un secolo. L’orgoglio dell’autonomia, in questo cittadino del Piano, non consente, però, di sfidare i freddi calcoli che spesso convertono il welfare, l’aspirazione al benessere, in un meccanismo poco umano, per nulla inclusivo. La storia di questa donna che, nubile e senza figli, faceva da seconda madre ai suoi nipoti, è raccontata, e usata come metafora, da Daniele Contino, uno dei due ragazzi che ha contribuito a crescere. «Mamma e papà non erano presenti, per problemi di lavoro. Era lì per me e mio fratello. Il flusso dei pensieri si mescola a quello dei ricordi, dove la sacralità della memoria è ormai offesa dall’impotenza.

I conti

Daniele sente salire la rabbia. «Quindici giorni fa zia Fernanda si è rotta il femore. È uscita proprio questa mattina (ieri, ndr) dall’ospedale Torrette. Tra un turno e l’altro di lavoro e poiché abito a Osimo, come mio fratello, non riesco a garantirle un sostegno regolare”. È triste dover arrivare a fine mese: «Mia zia prende 800 euro di pensione al mese, metterle accanto una badante, 24 ore su 24, ne servirebbe 1.300». Vista l’impossibilità di ricorrere all’assistenza domiciliare, il nipote si è rivolto all’assistenza pubblica. «Ho contattato l’INRCA per assicurarle la riabilitazione. Lei è sempre stata forte – lei è il suo pilastro – basterebbe il tempo per rimetterla in carreggiata». Una sfida alle 99 primavere di colei che continua ad essere un sentito riferimento per i suoi nipoti. Niente da fare: “Ci hanno detto che è impossibile vista la mia età, non lo accettano”. Lei cede all’impulso: «Cosa siamo stracci?». È qui che la sua storia diventa simbolo: «Il mio non è uno sfogo nella speranza di ottenere qualcosa, ma è l’urgenza di dare voce ai tanti che si ritrovano a vivere lo stesso disagio». Declina la narrazione al presente perfetto: «Mia zia – la ricorda – fino a tre anni fa era completamente indipendente, viveva sola, finché una brutta caduta non la costrinse a letto. Allora abbiamo optato per una governante che, come ho già detto, costa 1.300 euro al mese». La conseguenza della sua scelta era tanto prevedibile quanto ovvia: “I suoi pochi risparmi sono svaniti e siamo stati costretti a rinunciare alla sua presenza”.

La tregua

La boccata d’aria fresca non sarebbe durata a lungo. Fernanda si era ripresa, una breve tregua, rotta dalla rottura del femore due settimane prima. «Adesso la zia è a casa con mio fratello, a Osimo: anche lui è alle prese con i turni di lavoro e una vita quotidiana scandita da bambini e cani, un ambiente non proprio adatto a una donna di 99 anni». Non scaccia l’amarezza, Daniele: «L’assistenza pubblica è assicurata fino a 86 anni. Dopo bisogna affidarsi a quella privata, come la casa di riposo Ceci di Camerano». L’equivalente di una retta universitaria, impossibile da sostenere, di 1.700 euro. Sussurra ancora: “Cosa siamo stracci?”.

 
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