Il numero chiuso in Medicina è alla base della dignità della professione – .

di Giovanni Colaneri

03 MAGGIOCaro direttore,
Grazie per l’opportunità di condividere questa riflessione su una controversia calda del momento: il tema dell’accesso alla medicina e del futuro dei giovani medici.

Al di là degli annunci, è chiaro che per il momento non verrà abolito il numero chiuso ma verrà mimetizzata la selezione, spostandola un po’ in avanti: vale la pena sottolineare che chi non sarà selezionato non potrà tentare nuovamente l’ammissione.

Non posso quindi non condividere le parole del Segretario Nazionale della FMT, Francesco Espositoche ha espresso dubbi sulla discrezionalità che il nuovo disegno di legge sull’accesso alla facoltà di medicina assegnerà ai docenti universitari.

Nel merito: la temuta “pletora medica” sarà un problema per chi deve inserirsi nel sistema ma lo è molto meno per chi è già inserito nella dipendenza o nella convenzione.

La lotta in difesa del numero chiuso, quindi, dovrebbe essere fatta dai diciottenni, ma abbiamo ancora il dovere di informarli sulle conseguenze di scelte che potrebbero rivelarsi dannose.

In questa occasione voglio raccontare anche la mia esperienza, che è quella di tanti medici ormai quarantenni.

Per prepararmi al test di ammissione a medicina ho studiato come un “matto” tutta l’estate, sono riuscito a ottenere un posto sia in un’università pubblica che in una privata. Alla fine ho deciso di studiare medicina presso l’Ospedale Sant’Andrea (l’ospedale Sapienza di Roma), dove, anche grazie al processo di selezione, i corsi erano ben gestiti e i tirocini abbastanza facili da seguire.

Laureatomi, ho trovato nella mia regione (Molise) un soprannumerario di medici, un residuo della cosiddetta “pletora medica”, al punto che per le prime sostituzioni mi venivano offerti massimo 30 euro al giorno e per molti il il concetto di “lavorare gratuitamente per fare esperienza” era ampiamente accettato.

Stavamo lottando per fare un turno di Natale nel servizio medico di emergenza. Abbiamo lottato per fare quello che praticamente nessuno voleva fare. L’Asrem Molisana all’epoca (2012-2017) non vietava le aree prive di Continuità Assistenziale e, quindi, pur essendo laureata in medicina generale potevo lavorare solo 6 mesi consecutivi e non a turni completi e ero costretta a fare un mese di “fermarsi” per poi riprendere, cambiando spesso luogo.

Stremato da tanta precarietà, ho deciso di emigrare in Lombardia per diventare finalmente medico di famiglia. Era possibile lavorare lì ma solo perché si stava verificando un’altra distorsione nel sistema; la scarsa pianificazione, i pensionamenti e l’imbuto della formazione post-laurea avevano creato numerose carenze di medici di famiglia: la regione era infatti all’inizio di una crisi tuttora in corso.

Quindi appena mi sono iscritta ho avuto già 1500 pazienti nella prima settimana, per poi arrivare a oltre 1700 con l’impossibilità di essere sostituita per ferie, lavorando anche con la febbre e anche il giorno in cui è nata mia figlia. Un sovraccarico incredibile e ingestibile che con la pandemia ha rischiato di portare molti di noi al completo burn out.

Ho, anzi abbiamo, pagato il prezzo della mancata progettualità e soprattutto della mancanza di acume legislativo del nostro Paese in materia.

Tornando all’ammissione a medicina, ecco alcune proposte concrete basate sulla meritocrazia: stabilire un programma di studi su cui basare l’esame, in questo modo gli aspiranti potranno affinare la propria preparazione negli ultimi anni delle scuole superiori; e nel giudizio del candidato viene dato peso anche al curriculum scolastico (valutando magari attività extrascolastiche legate alla sfera sanitaria). Le domande di logica “trucco” non sono sufficienti per valutare un candidato, mentre un programma da studiare e valutare con dei quiz mi sembra una soluzione praticabile.

Infine, rivolgo un appello: i diciottenni si preparino a questa battaglia… Sono avvisati: il numero chiuso è alla base della dignità della professione e consente un rapido inserimento lavorativo ma soprattutto è necessario garantire condizioni dignitose e formazione fruibile nel corso degli anni di università.

L’affollamento delle università di oggi si traduce nella pletora e nella disoccupazione di domani, nonché nell’ulteriore avvilimento della dignità dei medici italiani, sempre più tentati di lasciare il Paese.

Particolare considerazione merita il Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale, per il quale è necessario fermare la discriminazione economica e educativa di cui è vittima fin dalla sua istituzione: è urgente pareggiarlo in dignità e soprattutto in remunerazione e tutela a scuole di specializzazione. Solo così i neolaureati potranno decidere con serenità di intraprendere questo percorso per fare della medicina di famiglia la propria scelta di vita.

I politici devono capire che non devono rispondere alla furia popolare con soluzioni semplici a problemi complessi, ma impegnarsi in un lavoro di pianificazione serio, che tenga conto di tutte le variabili e non solo delle emergenze del momento.

Spero che i politici comprendano che c’è carenza di medici perché servono fondi per la formazione post-laurea e che il servizio sanitario nazionale deve essere reso nuovamente attrattivo con condizioni contrattuali dignitose e in sintonia con il resto d’Europa.

Dott. Giovanni Colaneri
Dottore in medicina generale
Vice Segretario Regionale FMT Lombardia

03 maggio 2024
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