“Vanno riconosciuti salari insufficienti e carichi di lavoro, salari e diritti eccessivi” – .

“Vanno riconosciuti salari insufficienti e carichi di lavoro, salari e diritti eccessivi” – .
“Vanno riconosciuti salari insufficienti e carichi di lavoro, salari e diritti eccessivi” – .

“Fuga dal lavoro nelle Marche”

Salari insufficienti, carichi di lavoro eccessivi e turni interminabili sono la triade fatale che rende “patologico” il lavoro nel turismo. Nessuna via di fuga quindi da un lavoro inspiegabile, nessun enigma irrisolto. Occorrono interventi chiari su due direttrici: salari e diritti; quelli di sempre.


Le storie di giovani e anziani che si incontrano a fine stagione sono ancora fatte di fatica, irregolarità, vessazioni, giornate di lavoro che durano poco se viste dalla busta paga, ma che vanno ben oltre le 48 ore. una settimana nelle narrazioni di chi sceglie di cercare lavoro altrove.
Anche il lavoro stagionale nel turismo che fatica a qualificarsi se dura meno di due mesi era un lavoro di “transizione”. “Fare la stagione”, come veniva definito, era uno sforzo limitato e accettabile perché permetteva di raccogliere risorse anche modeste prima di iniziare gli studi universitari o in attesa di un lavoro più stabile.

Alla fine, quell’esperienza era spesso strutturata nel tempo e il lavoro intermittente accompagnava il percorso di studi o altri lavori a tempo determinato nel resto dell’anno, perché quella flessibilità era ancora accettabile. In altre parole, si guadagnava bene e il sistema di disoccupazione precedente alla riforma del 2015 consentiva di ammortizzare meglio i periodi di non lavoro per chi si trovava, per scelta o necessità, a ripetere l’esperienza del lavoro stagionale.

Ma la combinazione di pandemia e crisi energetica, che ha colpito ancora più duramente questo settore, ha massimizzato la ricerca di una rapida ripresa per le tante piccole imprese che compongono il tessuto imprenditoriale del turismo marchigiano. Insomma, poche azioni virtuose e tanti tagli al costo del lavoro pagato solo a metà: le buste paga ci sono, ma per molte meno ore di quelle effettivamente lavorate e se la vertenza sindacale dà sollievo economico a chi sceglie di farlo farsi giustizia con le proprie mani, non incentiva certo il lavoro nel turismo. Tanti giovani, quelli che la campagna mediatica che si apre ogni anno all’inizio della bella stagione definisce “colpiti” dalla poca voglia di lavorare, preferiscono riadattare i propri consumi piuttosto che essere occupati a tempo indeterminato da lavori pesanti e mal retribuiti perché la rete di tutela familiare ci permette ancora di non dover accettare quei compromessi dove lo straordinario diventa lavoro gratuito e dove non c’è contenuto professionale.

Il turismo nelle Marche deve necessariamente ripensarsi e liberarsi dai vincoli di una stagione troppo breve per offrire occupazione stabile e la politica deve occuparsi di questo anziché perdersi nella ricerca di testimonial eccezionali. La valorizzazione delle attrattive locali, il miglioramento delle infrastrutture e dei servizi sono la strada maestra da percorrere insieme ad un imprescindibile cambiamento culturale. La domanda di lavoro corrisponde all’offerta quando il lavoro è equamente retribuito e quando il contenuto professionale del lavoro offerto è adeguato. Il disallineamento del mercato del lavoro non può essere superato con gli slogan.

Le associazioni datoriali interpellate sui giornali in questi giorni devono orientare i propri iscritti non solo verso il pieno rispetto dei contratti nazionali, ma anche di cogliere l’opportunità di costruire insieme un contratto integrativo che coniughi le esigenze del settore con quelle del lavoro. Retribuzione, formazione, migliore gestione dei tempi di vita e di lavoro, welfare aziendale sono i possibili contenuti dell’accordo che ora non possono essere ignorati se non si vogliono lasciare gli ombrelli chiusi. Filcams Cgil – Fisascat Cisl e Uiltucs Uil formuleranno una richiesta di incontro con le associazioni datoriali e la Regione Marche per passare dalla denuncia al fatto, perché l’estate non aspetta e nemmeno i lavoratori.

Da

Cgil, Cisl, Uil

 
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