Marco Manfrinati tace in Questura di Varese davanti alla Procura, ora si trova in carcere a Miogni – .

Marco Manfrinati tace in Questura di Varese davanti alla Procura, ora si trova in carcere a Miogni – .
Marco Manfrinati tace in Questura di Varese davanti alla Procura, ora si trova in carcere a Miogni – .

Lunedì sera tardi esco dalla stazione di polizia sotto la pioggia per raggiungere il carcere dopo il silenzio davanti al pubblico ministero che come al solito ha incontrato l’arrestato. Marco Manfrinatiun ex avvocato quarantenne autosospeso accusato di aver ucciso il suo ex suocero Fabio Limido 71 anni e di aver tentato di uccidere l’ex moglie e ci siamo quasi riusciti Lavinia Limito di 37 anni, resta in silenzio davanti al pubblico ministero, assistito dal suo avvocato. Ora il prossimo passo tecnico sarà la convalida dell’arresto in flagranza di reato, quindi una nuova possibilità di rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari che si occuperà del caso: le accuse sono gravi, omicidio volontario aggravato e tentato omicidio.

La città si interroga sul gesto. Soprattutto se lo chiedono in molti come sia possibile ancora una volta una strage familiare di questo genere a fronte di un campanello d’allarme che suona da tempo: come rivela il Corriere della sera, il procedimento contro Manfrinati era in corso da almeno due anni. C’è stato il divieto di avvicinamento imposto dal giudice: si tratta di una misura cautelare personale che impone all’indagato di non avvicinarsi a una o più persone.

Nel caso in questione, i soggetti con cui l’uomo non poteva e non doveva avere contatti erano la sua ex moglie, ma anche i suoceri, provvedimento emesso dal gip di Varese poco più di un anno fa e tuttora in vigore. Eccolo: ed è proprio da qui che partono le considerazioni raccolte a caldo, sul posto, a poche ore da quanto accaduto.

Nel via vai di auto di una certa stazza che cercano di raggiungere i numeri civici “alti” di via Ciro Menotti (i fatti sono avvenuti al 175, strada che in realtà corre parallela alla via Campigli superiore) c’erano anche persone che conoscono bene la famiglia. Come un’elegante signora che è anche avvocato, e che conosce bene la terza vittima di questo attentato, la collega Marta Criscuolomadre di Lavinia e moglie di Fabio.

Non parla senza cognizione di causa, conosce la legge, forse anche il procedimento che ha coinvolto l’ex marito della ragazza che ora lotta tra la vita e la morte nel reparto di terapia intensiva di Varese. Non vuole apparire con il suo nome e cognome. Ma è lapidario. “Qualcosa nella valutazione di quest’uomo non ha funzionato. Forse era necessario adottare misure più serie, come un braccialetto elettronico, uno strumento che permettesse di controllare in modo più efficace i movimenti di questa persona. Ma si è deciso diversamente: perché? Purtroppo in questi casi mi sembra chiaro che ci siano delle falle nel nostro sistema, visto che pensiamo sempre a quello che è successo dopo che è successo. E in casi come questi ci sono gli strumenti per intervenire prima”.

Manfrinati fu portato al Miogni. I segni di quanto accaduto ieri nella tarda mattinata in strada sono stati portati via dalla pioggia di ieri sera.

 
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