Italia (e Europa) sotto tiro – .

La politica della guerra – scrive Giulio Marcon nel primo degli articoli che aprono il dossier Economia delle Forze Armate 2024. Spesa militare e industria degli armamenti in Europa e Italia* – si basa sul riarmo, sul nazionalismo, sul dominio degli interessi economici e delle materie prime, sulla politica di potenza, sull’ideologia della geopolitica, sulle aree di influenza, su un’economia liberale e sulle disuguaglianze. La politica di pace si basa sul disarmo, sulla prevenzione dei conflitti, sulla cooperazione internazionale, sulla democrazia internazionale e sul ruolo degli organismi sovranazionali, su un’economia di giustizia e uguaglianza. Non c’è un realismo di governo (la politica, che presuppone anche la guerra) a cui si contrappone un idealismo di pace (che rifiuta le armi): si tratta piuttosto di politiche diverse, di strategie opposte, di visioni tra loro irriducibili” .

La militarizzazione del mondo e dell’Europa

“I cinque Stati membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con quasi 430 miliardi di dollari di operazioni che rappresentano circa tre quarti (72,3%) del volume dei trasferimenti dei maggiori sistemi militari convenzionali degli ultimi vent’anni – scrive Giorgio Beretta – sono i principali protagonisti del commercio internazionale delle armi”. Dov’è l’Italia in tutto questo? Cominciamo con l’Europa.

“Dopo anni di pressioni americane – scrive Francesco Strazzari – arrivano i primi segnali di inversione di tendenza nella spesa militare arrivano circa dieci anni fa, tra il deragliamento delle primavere arabe (Siria e Libia in primis), la comparsa del Califfato e l’intensificarsi della “guerra al terrore”. Dal 2019 a oggi, la spesa militare nel continente è cresciuta di circa il 25-30%, con un balzo in avanti dopo l’invasione dell’Ucraina e iniziative sempre più significative da parte della stessa UE. Per un’entità politica continentale che nasce su un’ipotesi di pace costruita sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale, e che da tempo si definisce “potenza civile”, siamo nel pieno di un passaggio epocale”.

Nello specifico, “i paesi europei hanno intrapreso la strada della militarizzazione. Negli ultimi dieci anni – scrivono Chiara Bonaiuti, Paolo Maranzano, Mario Pianta e Marco Stamegna – la spesa militare dei paesi membri della NATO dell’Unione Europea (considerando le definizioni e i dati NATO) è aumentata di quasi il 50%, passando dai 145 miliardi di euro del 2014 a un bilancio previsione di 215 miliardi nel 2023 (calcolati a prezzi costanti 2015): un importo superiore al prodotto interno lordo annuale del Portogallo. Con la guerra in Ucraina, si prevede che la spesa militare per il 2023 aumenterà di quasi il 10% in termini reali rispetto all’anno precedente. Nel complesso, i paesi NATO dell’UE spendono l’1,8% del loro PIL per le proprie forze armate, avvicinandosi all’obiettivo del 2% della NATO…. In un decennio, la Germania ha aumentato la spesa militare reale del 42%, l’Italia del 26%, la Spagna del 59%.

In tutti i Paesi l’incremento è interamente dovuto all’acquisto di armi ed equipaggiamenti; nel 2023 la spesa in armamenti nei Paesi Ue Nato ha raggiunto i 64,6 miliardi di euro (+168% nel decennio); La Germania ha triplicato la spesa, arrivando a 13 miliardi di euro; L’Italia ha raggiunto i 5,9 miliardi; Spagna 4,3 miliardi. Le importazioni di armi dell’UE (sulla base dei dati SIPRI) sono aumentate e triplicate tra il 2018 e il 2022; la metà di tutte le importazioni proviene dagli Stati Uniti. L’Unione Europea si è allineata a questa spinta verso la militarizzazione: ha istituito il Fondo Europeo per la Difesa, dotato di 7,9 miliardi di euro per la ricerca e la produzione di nuovi armamenti per il periodo 2021-2027, e il Fondo Unione Europea per la Pace, con 12 miliardi di euro nello stesso periodo per aiuti e forniture militari ai Paesi extra-Ue”.

Tra le prime 30 aziende europee della difesa per fatturato militare “Il gruppo più grande – scrive Gianni Alioti – è l’inglese BAE Systems, con 26,9 miliardi di dollari di ricavi nel 2022, al sesto posto nella classifica mondiale. …Tra i primi 20 al mondo troviamo altri gruppi europei: l’italiana Leonardo (12,5 miliardi di dollari) al 13° posto, l’europea Airbus (12,1 miliardi di dollari) al 14° posto e la francese Thales (9,4 miliardi di dollari) al 17° posto.

Il caso italiano

“L’industria militare italiana – scrive ancora Alioti nel capitolo dedicato al nostro Paese – si inserisce nel contesto europeo analizzato separatamente ed è caratterizzato da ruolo dominante di Leonardo (già Finmeccanica) nell’aeronautica, elettronica e armi terrestri, e di Fincantieri nella costruzione di navi militari. Si tratta di due grandi società multinazionali nelle quali lo Stato ha mantenuto la proprietà di una partecipazione di controllo. I loro ricavi nella produzione militare realizzati nel 2022 raggiungono i 15,3 miliardi di dollari Usa, pari al 12% del fatturato dell’industria militare europea e a circa il 2,6% dell’industria militare globale; insieme concentrano tra l’80 e il 90% del fatturato del settore militare in Italia. Una parte importante della produzione è realizzata all’estero: per Leonardo in Usa, Regno Unito, Polonia e Israele, per Fincantieri negli Usa. Sulla base dei dati SIPRI, Leonardo nel 2022 era al 13° posto nella classifica delle prime 100 aziende militari mondiali.

IL Orologio per armi (Osservatorio che ha prodotto ilAtlante delle imprese in Italia operanti nel settore aerospaziale-difesa in collaborazione con OPAL ed.) ha identificato 212 aziende che negli ultimi sei anni – scrive Alioti – hanno avuto l’autorizzazione all’esportazione di armamenti e che rappresentano il “primo livello” del complesso militare-industriale italiano. Le prime venti aziende militari italiane fanno capo a Leonardo (controlla oltre il 70% della produzione militare ed esporta circa il 75%) e Fincantieri (oltre 20mila dipendenti nel mondo, di cui 10.445 in Italia), seguita da Avio Aero (aeronautica, della statunitense GE Aerospace), Thales Alenia Space Italia (aerospaziale, della francese Thales, con una partecipazione di Leonardo), Avio Space Propulsion ( aerospaziale, con una partecipazione di Leonardo), MBDA Italia (missili ed elettronica, controllata da Airbus, BAE Systems e Leonardo), Iveco Defence Vehicles (veicoli blindati, divisione del Gruppo Iveco rimasto al gruppo Exor della famiglia Agnelli, dopo la cessione di FCA – Fiat Chrysler Automobiles a Stellantis). “Queste sette aziende nel 2021 – spiega Alioti – concentrano oltre l’80% del fatturato complessivo nel campo militare, mentre due terzi delle 212 aziende sono di piccole dimensioni: il 40% ha un fatturato inferiore a 10 milioni di euro e il 19% tra 10 e 10 milioni di euro. 20 milioni”.

“Nel complesso – conclude Alioti – l’industria militare italiana, con un’occupazione stimata dall’AIAD in poco più di 30mila addetti nella produzione militare17, ha un peso modesto nel sistema manifatturiero del Paese. Presenta alcune nicchie di specializzazione internazionale, in continuità con il passato. Le due aziende più grandi – Leonardo e Fincantieri, a controllo pubblico – sono diventate, negli ultimi 20 anni, multinazionali con una notevole presenza estera e, soprattutto Leonardo, con un forte orientamento finanziario. Le scelte di politica industriale dei governi passati e le strategie produttive di Leonardo (come quelle dell’ex Finmeccanica) e di altri player del settore hanno portato a quotazioni di borsa più alte e maggiori dividendi per gli azionisti, ma rendono la produzione militare un “pessimo affare” per l’economia e l’occupazione in Italia. In Italia come in Europa, un’espansione del “complesso industriale militare” non fa altro che alimentare il riarmo e i rischi di estensione dei conflitti.

Spesa militare italiana 2024 *

L’aumento della spesa militare per l’anno 2024 è guidato dal bilancio del Ministero della Difesa (e) supera per la prima volta i 29 miliardi di euro (29.161 milioni per la precisione) con una crescita di 1.438 milioni di euro (+5,1% rispetto al 2023) che segue un incremento di circa 1,8 miliardi già realizzato tra il 2022 e il 2023. In totale due anni il Bilancio della Difesa ha registrato un incremento di circa 12,5 % (oltre 3,2 miliardi in termini monetari)… I fondi per gli approntamenti delle Forze terrestri, navali e aeree subiscono tutti lievi diminuzioni (circa 250 milioni di euro in totale) più o meno interamente compensati da un aumento dei fondi per l’operazione congiunta Comandi delle Forze. Altri 1,4 miliardi circa sono invece destinati al programma “Pianificazione generale delle Forze Armate e forniture militari” (per oltre il 95% destinato a “ammodernamento, rinnovamento e sostegno delle capacità e dei programmi di ricerca finalizzati all’adeguamento tecnologico dello Strumento Militare”, ovvero nuovi armi) che porta per la prima volta nella storia ad un totale per questo Programma di oltre 8 miliardi di euro. Sommando a questa cifra i circa 2 miliardi stanziati all’industria militare nel bilancio del MIMIT, si può affermare che nel 2024, per la prima volta, l’Italia destinerà una cifra di circa 10 miliardi di euro agli investimenti in armamenti.

L’importo complessivo del Bilancio della Difesa è solo il punto di partenza per valutare la spesa militare complessiva italiana, che deve registrare alcune cifre registrate presso altri ministeri (fondo per le missioni militari all’estero presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e i fondi che il nuovo Ministero delle Imprese e del Made in Italy stanzia per l’acquisizione e lo sviluppo di armi) e deve invece vedere il gran parte del budget dei Carabinieri sottratto per coerenza di destinazione e tipologia d’uso (per il ruolo specifico che svolge questa struttura, in particolare la parte forestale) che viene considerato solo per la componente legata alle missioni all’estero. Affidandoci alla metodologia dell’Osservatorio Mil€x sulla spesa militare, arriviamo quindi ad una prima valutazione tendenziale della spesa militare. la spesa militare “diretta” complessiva per il 2024 è pari a circa 28,1 miliardi di euro con un incremento di oltre 1.400 milioni rispetto alle stesse valutazioni effettuate per il 2023: una crescita percentuale del 5,5% rispetto all’anno precedente.

*Armed Forces Economy 2024 Spese militari e industria degli armamenti in Europa e in Italia è un dossier curato da Greepeace e Campagna Sbilanciamoci datato aprile 2024. Il volume è il risultato di un lavoro collettivo al quale hanno contribuito tutti gli autori coordinati da Sofia Basso. Il dossier è scaricabile gratuitamente qui

* Quest’ultimo sottocapitolo è tratto dall’articolo La previsione della spesa militare dell’Italia nel 2024: analisi e proposte della Campagna Sbilanciamoci scritto in collaborazione con Rete Italiana per la Pace e il Disarmo.

Gli autori: Gianni Alioti, Sofia Basso, Giorgio Beretta, Chiara Bonaiuti, Raul Caruso, Andrea Coveri, Marinella Correggia, Dario Guarascio, Paolo Maranzano, Giulio Marcon, Mario Pianta, Guglielmo Ragozzino, Carlo Rovelli, Marco Stamegna, Francesco Strazzari, Francesco Vignarca

In copertina: soldato carica una mitragliatrice (poster) di Boccasile Gino (XX secolo) – ritagliata. Catalogo dei beni culturali

 
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