Parco d’Abruzzo, dare da mangiare agli orsi: c’è chi dice sì

Il presidente della Società Italiana per la Storia della Fauna, Corradino Guacci, interviene sulla questione sollevata dal Parco d’Abruzzo sull’alimentazione…

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Il presidente della Società italiana per la storia della fauna, Corradino Guacci, interviene sulla questione sollevata dal Parco d’Abruzzo sull’alimentazione dei piccoli orsi, figli di Amarena, oggetto di indagine dei carabinieri forestali. In una nota inviata al ministro dell’Ambiente e ad altri enti, Guacci non si dice contrario e ripercorre le varie tappe dell’attività di “alimentazione integrativa”. Allo stesso tempo, sottolinea che la dissuasione va applicata soprattutto nei confronti dell’uomo e dei suoi comportamenti sbagliati. Così come ribadisce la necessità di istituire una “banca genetica” dell’orso bruno marsicano, che consentirebbe, in caso di eventi drammatici che mettano in pericolo la restante popolazione, la ricostruzione dei nuclei vitali della sottospecie.

Il presidente sottolinea che dal 1999, con un bando quinquennale, sono state lanciate diverse iniziative, volte a fornire agli orsi ulteriori risorse alimentari. È stato inoltre intrapreso un piano di monitoraggio delle piante da frutto ed è stata ripresa la coltivazione di piccoli appezzamenti agricoli, al fine di garantire un adeguato apporto nutritivo ai plantigradi. Negli anni successivi furono sviluppati progetti come “Un orso per amico” in collaborazione con l’associazione “Montagna Grande Onlus”, che prevedeva la semina di essenze appetibili per gli esemplari e la realizzazione di campi sperimentali. Queste iniziative avrebbero ricevuto finanziamenti da enti come Federparchi ed Enel, evidenziando l’importanza attribuita alla conservazione di questa specie minacciata. Il panorama cambierebbe però radicalmente quando i ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma proporranno un nuovo paradigma: gli orsi marsicani dovrebbero nutrirsi esclusivamente di risorse naturali, abbandonando il cibo supplementare fornito dall’uomo. Intanto nel 2007 il Corpo Forestale aveva effettuato uno studio sulla fruttificazione delle principali risorse trofiche per l’orso, la faggiola e la ghianda. «Lo stesso Patom, Piano d’azione nazionale per la tutela dell’orso bruno marsicano – scrive Guacci – auspicava un monitoraggio pluriennale della produzione e quindi dell’oscillazione della produzione di ghianda e faggio, parallelamente al monitoraggio delle femmine con giovani, potrebbero quindi consentire anche di valutare quanto la produttività della popolazione di orsi sia legata all’abbondanza di queste risorse”.

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Il Messaggero

 
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