A Verona torna la paura per il Citrobacter, il batterio che ha contagiato 98 neonati – .

A Verona torna la paura per il Citrobacter, il batterio che ha contagiato 98 neonati – .
A Verona torna la paura per il Citrobacter, il batterio che ha contagiato 98 neonati – .

VERONA. Uno screening di routine, in un reparto di terapia intensiva neonatale. Tre tamponi risultati positivi. E poi, 24 ore dopo, la conferma: il batterio che ha colonizzato (i medici continuano a insistere su questo termine preciso) tre neonati nato prematuro, nel reparto di terapia intensiva pediatrica dell’ospedale femminile e infantile di Verona, è il Citrobacter. Vale a dire lo stesso batterio che, tra il 2018 e il 2020, diffondendosi attraverso la rete idrica, aveva infettato 98 neonati ricoverati in quello stesso reparto, uccidendone quattro e provocando gravi ferite a nove di questi.

Il processo è ancora in corso e vede indagati sette persone, tra cui ex dirigenti e medici dell’ospedale universitario integrato di Verona. In realtà, secondo la maxi perizia disposta dalla Procura, solo due casi sarebbe stato evitabile: quello della piccola Alice, veronese, morta a soli cinque mesi; e quello di Benedetta, padovana, che ha riportato ferite gravissime e irreversibili. L’udienza preliminare si terrà il 25 giugno.

«Per capire se si tratta dello stesso microrganismo di allora bisognerà farlo Attendiamo gli esiti delle indagini un’ulteriore genomica molto sofisticata, che abbiamo attivato immediatamente”, spiega Luca Brizzi, responsabile della direzione medica ospedaliera per le funzioni igienico-sanitarie e prevenzione dell’azienda. Parliamo però della famiglia batterica dei Citrobacter, ricomparsa in ospedale dopo quattro anni di totale assenza. «Dovremo capire il perché» dice il presidente veneto Luca Zaia.

Ciò che è noto è che, questa volta, il batterio non si è diffuso attraverso la rete idrica del dipartimento. «Il batterio può essere trasmesso dalla madre al momento della nascita o per contatto» spiega Massimo Piergiuseppe Franchi, direttore del dipartimento materno infantile: «Con i test ambientali, che continuano, il germe non è mai stato individuato». Maurizio Lorenzi, direttore dei Servizi Tecnico-Patrimoniali dell’Azienda UOC, spiega che «l’esame delle acque e il prelievo di campioni per verificare la presenza di eventuali contaminanti è una pratica consolidata da anni. E in nessuno dei campioni di acqua esaminati Nei nostri ospedali è stata riscontrata positività al Citrobacter”.

Nel frattempo però la direzione medica dell’azienda ha sospeso l’accettazione di tutte le mamme di età inferiore ai 10 anni 33a settimana di gravidanza«poiché queste donne sono possibili candidate a dare alla luce un bambino prematuro», si legge nella lettera inviata ai vertici dell’azienda sanitaria sabato scorso, il giorno dopo la scoperta.

Intanto dei tre bambini (su nove ricoverati) risultati positivi, due sono diventati negativi. Il terzo, invece, è ancora ricoverato in ospedale, ma le sue condizioni non destano preoccupazione. «Ma nessun bambino è mai stato infetto o malato» precisa il dottor Brizzi, tornando al concetto di colonizzazione. «Un adulto può essere colonizzato da tanti batteri – si stima possano essere fino a 2 milioni – ma sentirsi comunque bene: i batteri, infatti, hanno una funzione utile per l’organismo. Per i bambini nati prematuri e per i soggetti fragili è chiaramente diverso, per questo motivo è attivo un sistema di sorveglianza nel reparto di terapia intensiva neonatale, che ha permesso di individuare tempestivamente il primo caso anomalo”.

 
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