Il ricordo della vittoria contro il nazismo non è mai stato così divisivo – Pierre Haski – .

Può sembrare un dettaglio, ma quest’anno l’Ucraina festeggia la vittoria contro il nazismo l’8 maggio, insieme al resto dell’Europa, e non il 9 maggio come si faceva un tempo in Unione Sovietica e si continua a farlo oggi in Russia. La differenza di data è dovuta alla differenza di orario, ma assume un significato più profondo di fronte alla crescente spaccatura tra Mosca e i suoi vecchi alleati della Seconda Guerra Mondiale.

L’8 maggio, dunque, Volodymyr Zelenskyj ha celebrato la vittoria del 1945, promettendo la sconfitta di quelli che definisce “i nuovi nazisti”, cioè i russi. Dal canto suo, il 9 maggio Vladimir Putin si presenterà sulla Piazza Rossa per una parata militare che avrà lo scopo di sostenere le truppe russe impegnate in Ucraina contro coloro che il Cremlino considera “nazisti”.

Questa battaglia della memoria evidenzia quanto sia importante la Seconda Guerra Mondiale per la nostra visione politica del mondo. Per decenni quel terrificante conflitto fu raccontato come una lotta ricca di sfumature tra il bene e il male, anche se per sconfiggere Hitler le democrazie occidentali dovettero allearsi con il tiranno Stalin. Questa concezione è sopravvissuta alla Guerra Fredda, ma Putin e l’invasione dell’Ucraina hanno rimescolato le carte.

Ne avremo l’ennesima dimostrazione tra meno di un mese, il 6 giugno, in occasione dell’ottantesimo anniversario dello sbarco alleato in Normandia. Saranno presenti il ​​presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il cancelliere Olaf Scholz in rappresentanza della Germania. Ma cosa fare con la Russia, il cui ruolo è stato sicuramente decisivo nella vittoria contro il nazismo?

La Francia ha deciso di non invitare Putin (se non altro a causa del mandato di arresto della Corte penale internazionale che grava sul presidente russo) ma di estendere comunque l’invito alla Russia come alleata contro il nazismo. Al momento non sappiamo se il governo russo sarà rappresentato da qualcuno, nonostante l’affronto.

Il gruppo “dei vincitori del 1945” rappresenta da tempo un riferimento utile per mantenere una parvenza di governance globale. Gli stessi Paesi, del resto, sono membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, organizzazione nata nell’immediato dopoguerra per evitare il ripetersi di una simile tragedia. Ma tutto questo oggi non funziona più. Innanzitutto perché quell’ordine internazionale rappresentava il mondo del 1945, con i suoi imperi coloniali che privavano di rappresentanza due terzi dell’umanità. L’8 maggio 1945, quando i nazisti capitolarono, migliaia di persone furono uccise a Sétif, in Algeria, in un’anteprima della Guerra d’Indipendenza (1954-1962).

Sempre nel 1945 iniziò la Guerra Fredda, con la cortina di ferro nel cuore dell’Europa. Nel 1950, però, scoppiò la guerra di Corea, seguita da decenni di divisioni in blocchi contrapposti.

Il mondo del 2024 è innegabilmente più complesso, ma è ancora diviso dopo quel breve momento di euforia del 1945. La guerra in Ucraina ne è il simbolo più tragico, mentre l’ascesa della Cina e di quello che viene frettolosamente definito il Sud globale preannunciano nuove equilibri.

Oggi, commemorando la vittoria contro il nazismo, faremmo bene a riflettere su questo mondo nuovo, inquietante e diviso. Perché prima o poi dovremo riorganizzarlo, come abbiamo fatto nel 1945.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

 
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