Addio a Mimì Ranieri, Bari piange il comunista disarmato che seppe insegnare la Politica – .

Addio a Mimì Ranieri, Bari piange il comunista disarmato che seppe insegnare la Politica – .
Addio a Mimì Ranieri, Bari piange il comunista disarmato che seppe insegnare la Politica – .

Ora che non esiste più, siamo più veloci a dire cosa non è successo piuttosto che cosa è successo. Domenico Ranieri (Mimì, per noi che militammo nel PCI in terra barese), leader politico comunista, poi dirigente sindacale (fino a diventare segretario provinciale della CGIL), e poi ancora semplice militante di partito, non è mai “diventato” qualcosa: né parlamentare, né consigliere regionale, né semplicemente consigliere comunale o provinciale. Eppure, o forse proprio per questo, la sua morte ci lascia con un senso di vuoto che sembra impossibile da colmare. Naturalmente nel nostro lutto ciò che conta non è solo il profondo affetto che nutrivamo per lui, ma anche la nostalgia.

Nostalgia di tempi diversi, di idee diverse, di comportamenti diversi. Un tempo in cui “fare politica” rappresentava una scelta di vita, non un’occasione per sistemarsi; e in cui fare politica nel PCI significava, per noi giovani ventenni, opporsi non solo al moderatismo imperante, ma anche alle facili utopie dei gruppi extraparlamentari. Perché il PCI è stato questo: una grande scuola, che ci ha insegnato a cercare sempre il cambiamento, ma solo con gli strumenti del consenso e del realismo. E Mimì Ranieri era uno dei professori di quella scuola, che aveva sede nella Federazione comunista in via Trevisani a Bari. Lui si occupava dell’organizzazione, che significava manifesti e volantini da stampare, pacchi da spedire agli uffici della provincia, autobus da prenotare per eventi; e soprattutto un’attenzione, per così dire, maniacale all’adesione e all’autofinanziamento. E accanto a questo, un impegno sempre molto attivo nei vari Comitati per la Pace, dagli anni ’60 del secolo scorso fino ai nostri anni più recenti.

Un organizzatore instancabile, insomma, che sapeva perfettamente come la poesia dei comizi dovesse coniugarsi con la prosa necessaria a costruire il palco da cui si parlava; e che per questo ci ha iscritto in tutte le formazioni politiche che la Sinistra italiana ha costituito fin dall’inizio degli anni ’90 (PDS, DS, PD), tanto che finalmente abbiamo detto che eravamo più di un partito” registrato con Mimì Ranieri ”. E pazienza se, nel frattempo, la P maiuscola si fosse persa per strada: per Mimì l’importante era che ci fosse un partito che difendesse i valori e le idee della sinistra. E tanto più i partiti venivano derisi; più si affermavano i nuovi media e i leader personali; tanto più nascevano forze politiche che rifiutavano il nome stesso di “partito”; e tanto più Mimì appariva rocciosamente incrollabile nella sua convinzione di fondo, che non smetteva di ricordarci finché aveva fiato: che il centrosinistra avesse necessariamente bisogno di un partito, di una forza politica organizzata. Questo, insieme al suo esempio di assoluto disinteresse personale, è stato l’insegnamento che ci ha lasciato Mimì Ranieri. Non basta una personalità forte, non basta un consenso individuale, non basta un appeal mediatico: per cambiare davvero le cose non basta un Leader, ma serve un partito. Ci vuole cioè una pluralità di donne e di uomini, ci vuole una comunità, ci vuole un sentire comune, che proprio per essere tale richiede attenzione non solo alle proprie idee, ma soprattutto a quelle degli altri.

E un vero leader politico di sinistra – cioè un leader che non faccia affidamento solo sul cemento del potere – deve essere capace di mediare tra istanze e prospettive diverse. Perché solo se accetti la complessità della società puoi sperare di cambiarla; e solo se ti proporrai di farlo non da solo, ma insieme a tutta la tua comunità (con le difficoltà e i ritardi che questo inevitabilmente comporta) potrai sperare di riuscirci. Insomma, Mimì ci ha insegnato che in politica è meglio sbagliare insieme che avere ragione da soli. E se oggi non sembra essere un concetto molto di moda, poco male, è un’eredità per le generazioni future. Per questo la figura di Mimì Ranieri non ci parla solo del passato, ma apre uno spiraglio su un futuro più o meno prossimo. E per questo non lo dimenticheremo.

 
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