“Gli atti del processo all’Aquila, le copie digitali a Belluno” – .

L’archivio processuale a L’Aquila, la copia digitale a Belluno. Così, con una salomonica decisione del Ministero dei Beni Culturali che alla fine non soddisfò i bellunesi, si chiuse la polemica sugli archivi del disastro del Vajont.

Le 256 cartelle contenenti gli atti del processo erano all’Aquila perché lì, a 550 chilometri di distanza per evitare pressioni sui giudici, sia il primo grado che l’appello per la tragedia avvenuta la sera del 9 ottobre 1963 a causa di una frana caduta dal il pendio del Monte Toc nel bacino idroelettrico che scavalcò la diga e causò quasi duemila morti.

I ‘viaggi’ delle cartelle

I documenti furono conservati, fino alla rottura di un tubo di scarico, in uno scantinato del tribunale dell’Aquila; poi furono trasferiti nel Palazzo del Governo, sede storica dell’Archivio di Stato del capoluogo abruzzese. Nel 2008 il fascicolo processuale è stato consegnato all’Istituto Archivistico che ha effettuato l’inventario. Tuttavia, il 6 aprile 2009 il capoluogo abruzzese fu scosso e devastato da un terremoto; la facciata del Palazzo del Governo ridotta in macerie, l’architrave spezzato a metà, ma gli armadi metallici che custodivano i documenti del Vajont resistettero al crollo. Le cartelle furono temporaneamente trasferite in un capannone ma l’anno successivo i documenti passarono all’Archivio di Stato di Belluno per proseguire il progetto di inventariazione e digitalizzazione dei documenti. La custodia è proseguita grazie ad una serie di proroghe e nonostante la scadenza della convenzione finché L’Aquila ha cominciato a reclamare i suoi documenti. E, allo stesso tempo, Belluno vuole preservarli.

Le cartelle del Vajont contestate

Ora il dicastero di via del Collegio Romano, rispondendo all’interrogazione presentata dai deputati del Pd Rachele Scarpa E Piero Fassino con cui si è chiesto di rendere definitivo il trasferimento del fondo dell’archivio processuale del disastro del Vajont presso la sede dell’Archivio di Belluno, ha stabilito che, una volta terminata la digitalizzazione, l’archivio processuale tornerà a L’Aquila, mentre una copia digitale resterà a Belluno.

Una risposta del tutto insoddisfacente per il Pd: «La risposta del ministero è una chiusura insensata – commenta Scarpa – Come sottolineato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’anno scorso in occasione della cerimonia per il sessantesimo anniversario del disastro, l’enorme valore di quei documenti per la popolazione locale rende “opportuno, se non necessario” conservare i documenti a Belluno, perché ora hanno uno scopo memoriale. Il disastro del Vajont è stato un evento unico per gravità e responsabilità umana in termini di impatto ambientale e di sacrificio di vite umane in nome del profitto. Le voci di quel processo meritano di essere preservate accanto alle comunità che ancora oggi ne conservano le cicatrici sui muri delle loro case o nei racconti di genitori e nonni”.

 
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