Marsala, Carpe Diem sul palco E mi è piaciuto molto. La storia di Filippa Di Dia e Vito Pipitone – .

Giovedì 23 e venerdì 24 maggio alle ore 21.00 presso l’auditorium “Vito Trapani” del laboratorio artistico “Carpe Diem”

verrà rappresentata la missione del sindacalista marsalese Vito Pipitone ucciso dalla mafia nel 1947.

La voce narrante sarà la moglie Filippa Di Dia, interpretata da Adriana Parrinello, che porterà in scena fatti, sentimenti e condizioni di un Marsala appena uscito dalla Seconda Guerra Mondiale. Un monologo intimo e sincero in siciliano, scritto da Chiara Putaggio, diretto da Francesco Stella e musiche di Gregorio Caimi. Interverrà anche il coordinatore provinciale di Libera Salvatore Inguì. Filippa amava le mani del marito, le sue mani di contadino “strano” che sapeva leggere, ne conosceva l’impeto e la caparbietà e condivideva con lui l’ideale della giustizia sociale e come lui sapeva bene che “u saziu unnu u cunzidera a chiddro a diuno”. Giovedì 23 e venerdì 24 maggio alle ore 21.00 nell’auditorium “Vito Trapani” del laboratorio artistico “Carpe Diem”, in via Armando Diaz n.2, si svolgerà la missione di Vito Pipitone, sindacalista marsalese della Federterra ucciso dalla mafia, prenderà vita nel 1947.

Vito verrà mostrato attraverso gli occhi e i sentimenti della moglie, Filippa Di Dia, che racconterà così di un amore, anzi, due: quello di una donna per il compagno di vita e quello dei giusti per l’onestà e la parità di diritti. “…E io lo amavo”, è un atto unico scritto da Chiara Putaggio, interpretato da Adriana Parrinello con la regia di Francesco Stella e le musiche di Gregorio Caimi.

“Abbiamo scelto la data del 23 maggio non certo a caso. Nel giorno della commemorazione dell’assassinio del giudice Giovanni Falcone abbiamo voluto dare un segno di vicinanza. La mafia, il male, la disonestà colpiscono ovunque e anche Marsala ha conosciuto questo dolore. L’espressione “vittima della mafia” si riferisce solitamente a chi viene ucciso, ma sono vittime anche coloro che subiscono indirettamente questa violenza, coloro che restano, coloro che hanno amato, coloro che amano ancora, coloro che sono sconvolti da una perdita che trasforma la loro vita per sempre e quella della sua famiglia – spiega l’autrice Chiara Putaggio –. Circa 14 anni fa ho conosciuto Antonio Pipitone, figlio di Vito e Filippa. Gli ho promesso che avrei scritto la sua storia. Ecco come è nato questo lavoro. Poi due anni fa, in occasione del primo allestimento, all’interno della mostra ‘a Scurata’, ho saputo che Pietro Pipitone era il figlio maggiore di Vito. Lo conoscevo fin da quando ero piccolo ma non avevo idea della sua storia personale. Credo che il nostro territorio debba conoscere la storia di Vito Pipitone. La memoria è un dovere e un dono”.

“Carpe Diem – spiegano Fabio Gandolfo e Gregorio Caimi (autore delle musiche) – coltiva opportunità di crescita per il territorio attraverso diverse forme d’arte. Il teatro è uno di questi e farlo raccontando la ‘nostra’ storia è una scelta che ben si adatta alla nostra missione: riflettere e crescere nella consapevolezza, coltivando opportunità comunitarie e promuovendo la bellezza”.

“La storia di Vito Pipitone è rimasta sepolta nell’oblio per decenni, solo da circa 15 anni, grazie a Libera (il presidio di Marsala porta il nome del sindacalista marsalese) è stata fatta conoscere ai cittadini e il luogo in cui si trova ha È stata individuata anche una stele commemorativa – racconta Salvatore Inguì, coordinatore provinciale di Libera –. Ma soprattutto Libera ha fatto in modo che la famiglia non si sentisse abbandonata. Ma nonostante tutto Vito Pipitone è ancora conosciuto da una nicchia di persone e non viene adeguatamente commemorato. Questa commedia, che si concentra sulla prospettiva umana e allo stesso tempo eroica, è un esempio di come ricordare. Non è solo un anniversario, ma è ricordare un modo di lavorare sindacale, un modo di rappresentare il mondo dei poveri, dei lavoratori che lottano per sopravvivere e hanno diritto al rispetto dei propri diritti. È un’opera coraggiosa anche perché in un momento in cui tendiamo al revisionismo storico e tendiamo a rendere vano il sacrificio di molti, quest’opera restituisce il sacrificio umano ed eroico di questo nostro concittadino”.

“Filippa è un simbolo vivente di chi lotta per la giustizia e la verità – dice il direttore Francesco Stella –. Simbolo di chi non ha “semplicemente” superato il dolore, perché certi dolori non si superano mai, ma lo ha superato, facendo della propria vita una testimonianza concreta di impegno nella lotta contro tutte le mafie”.

Nell’atto unico “…E io lo amavo”, testo teatrale in siciliano, la protagonista è la moglie di Vito Pipitone, sindacalista marsalese della Federterra (all’epoca CGIL) ucciso da un colpo di fucile. l’8 novembre 1947 allo stomaco. Il giorno successivo avrebbe dato vita ad una manifestazione contadina per la suddivisione e l’assegnazione del feudo giudaico ai contadini, in esecuzione della legge Gullo, secondo la quale le terre incolte avrebbero dovuto essere divise tra i braccianti. Ma la nuova regola incontrò il dissenso dei proprietari terrieri e della mafia. Vito venne ucciso mentre, in bicicletta, si recava a trovare la madre. Ha lasciato la moglie Filippa e quattro figli. Da quella notte la vita di Filippa cambiò radicalmente. L’atto unico ripercorre la loro vita insieme, l’amore di Filippa per il marito, la sua dedizione a “quelle mani che pur “bruciate da lu suli e cu l’ugna nivure”, tanto amava. Sullo sfondo una Marsala del dopoguerra, fatta come una coperta patch work dove ogni contrada è un pezzo di colore diverso, che ricorda i bombardamenti americani, in seguito ai quali gli ‘nfami saccheggiarono tra le macerie per poi diventare alleati dei campieri, dei i mafiosi.

Per info chiamare il +39 393 9799988 oppure inviare una mail a [email protected]

 
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