Trapani, dopo 7 anni di indagini si conclude l’inchiesta sui taxi del mare – .

21 maggio 2024, 14:00

9 minuti di lettura

TRAPANI – In poco più di 400 pagine, depositate lo scorso 19 aprile all’anagrafe, il gup del Tribunale di Trapani, il giudice Samuele Corso, ha illustrato le ragioni del mancato procedimento nei confronti dei 12 indagati nella maxi inchiesta sui salvataggi in mare, portata avanti tra il 2016 e il 2017 da tre ONG, Jugend Rettet, Medici Senza Frontiere e Save the Children, e da alcuni i rispettivi equipaggi.

Inchiesta, coordinata dalla Procura di Trapani e condotta dalla Squadra Mobile di Trapani, SCO (Servizio Centrale Operativo di Polizia) e dal Nucleo di Intervento Speciale del Comando Generale del Corpo dell’Autorità Portuale di Roma.

Sette anni di indagini comprese le due che sono servite per arrivare alla conclusione, lo scorso 19 aprile, con la dichiarazione di non luogo a procedere del giudice, con la formula del fatto che non esiste, come richiesto dagli stessi pm.

Nessun posto dove procedere poi per Troeder Lutz Ulrich Martin, Agha Mohamad Beigui Dariush Benjamin, Girke Sascha e Schmidt Kathrin Irina Stephanie (Juventa crews(Jugend Rettet), Amato Marco e Alonso Morgui Roger Emilio (Vos Hestia/Save The Children) Catania Pietro Maurizio, Kennes Matthias , Fabbri Tommaso e Trainiti Michel (troupe Vos Prudence/Medici Senza Frontiere).

L’indagine ha finito per identificare le navi delle ONG come i cosiddetti “taxi del mare”, perché le ricostruzioni emerse dagli atti investigativi hanno evidenziato la collocazione delle imbarcazioni in mare, come se attendessero l’arrivo, dalle coste libiche, di piccole imbarcazioni e gommoni carichi di migranti e spinti sotto le navi dagli scafisti e dai trafficanti di esseri umani umani. Questa è la prima cosa su cui si concentra il giudice.

E scrive: “La contestazione delle rotte e del posizionamento degli assetti navali in totale autonomia e autodeterminazione è spesso smentita dalle comunicazioni telefoniche tra l’IMRCC (Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo delle Capitanerie di Porto) e gli assetti navali, da cui si traggono indicazioni precise sulle aree da “esplorare” durante i “pattugliamenti”, sulle distanze da mantenere dalle coste libiche, sulle le posizioni da raggiungere per le operazioni di soccorso.

Si precisa sin d’ora che, in relazione ai fatti oggetto del presente procedimento, emerge che le operazioni di salvataggio sono state sempre disposte dall’IMRCC e sono stati effettuati sotto la direzione e il costante coordinamento dell’IMRCC, come risultano dalle comunicazioni telefoniche con la nave Iuventa, con la nave Vos Hestia, con la nave Vos Prudence e con gli altri assetti navali”.

Oltre al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che era l’accusa contro i sospettati. Prosegue il giudice: “L’esame analitico del complesso materiale probatorio raccolto consente in termini del tutto ragionevoli di escludere l’esistenza, nei vari fatti contestati, di favorire l’ingresso illegale di migranti in Italia.

La condotta deve essere vista nel contesto specifico delle operazioni di salvataggio… l’obbligo del soccorso in mare è previsto dal diritto internazionale consuetudinario, da numerose convenzioni internazionali e dal diritto interno… va precisato che non esiste alcuna prova che nei fatti Sar oggetto del presente procedimento i migranti siano stati soccorsi e trasportati dagli equipaggi della nave Iuventa, della nave Vos Hestia e della nave Vos Prudence sulla base di precedenti contatti, intese o accordi, preventivi o istantanei, taciti o espliciti, con eventuali organizzatori del viaggio o esponenti di organizzazioni criminali libiche, al fine di per consentire l’ingresso illegale ed il trasporto dei migranti in Italia… le operazioni di salvataggio e trasporto dei migranti sono state sempre disposte dall’IMRCC e sono state effettuate sotto la direzione e il costante coordinamento dell’IMRCC”.

La decisione è documentata in un rapporto firmato nel 2016 dalla “Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia” e dall’Ufficio dell’“Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani”. Il rapporto riguarda “”Detenuti e disumanizzati” – Rapporto sulle violazioni dei diritti umani contro i migranti in Libia”. Il giudice ha voluto sottolinearne il contenuto, “non si può ignorare il contesto libico da cui i migranti si sono allontanati a bordo di imbarcazioni precarie e fatiscenti”.

Il giudice Corso si concentra molto sugli aspetti legati a questo rapporto, quei migranti non potevano essere lasciati in mare nemmeno con la prospettiva di ritornare in quelle “case sicure” libiche dove venivano “governati” anche con indicibili forme di violenza. “Una situazione reale, conosciuta, documentata, accertata e basata su dati concreti, quella delle condizioni disumane riservate ai migranti in transito in Libia. La fuga dalla tortura, dalla detenzione arbitraria, dalla violenza sessuale, dai maltrattamenti, dallo sfruttamento sessuale e lavorativo, dalla privazione dei bisogni umani primari (cibo e cure mediche) è chiaramente indicativa dell’inevitabilità di sfuggire ad una situazione di attuale pericolo di grave danno per la persona derivante dalla permanenza nei centri di detenzione libici per i migranti in transito.

In questa prospettiva va considerata qualsiasi condotta materialmente idonea a ottenere l’ingresso in Italia dei migranti senza permesso di ingresso sarebbero infatti necessari, poiché funzionali alla difesa degli interessi fondamentali della persona umana e alla liberazione dei migranti in transito in Libia dalle condizioni disumane vissute nei centri di detenzione.

A bordo delle navi delle ONG c’erano agenti di un servizio di sicurezza privato, in parte ex poliziotti, che hanno finito per scegliere di diventare agenti sotto copertura pronti a passare la notizia dei migranti salvati ai politici, in particolare al leader della Lega Nord Salvini, sperando di ottenere certe ricambie

FLORIANA BALLESTRA – Va tutto bene. Voglio dirvi che stamattina finalmente sono riuscito a parlare con la segretaria di Salvini. PIETRO GALLO – Ah, cosa ti ha detto?
FLORIANA BALLESTRA – Eh. Allora gli ho detto: “Senta, ho bisogno di parlare con… con l’onorevole parlamentare, se è possibile vederlo, perché ho della documentazione da portargli”. Cioè gli faccio vedere la denuncia che abbiamo fatto…
PIETRO GALLO – Eh. […] FLORIANA BALLESTRA – Eh. E poi mi ha detto che…: “Sì, sì…” Gli ho detto: “Ti ricordi?” Mi dice: “Sì, sì, perché è sempre interessato – mi ha detto – quindi…” Gli ho detto: “Guarda, io…” Mi dice: “Ti farò sapere – mi ha detto – quando lui può e… e il… ti contatterò di nuovo.”
PIETRO GALLO – No, no. No, perché volevo dirti questo… Hai visto che abbiamo fatto una segnalazione ai Servizi? La Sco di Roma indaga.
PIETRO GALLO – Indagano la Squadra Mobile di Trapani e la Sco di Roma.
FLORIANA BALLESTRA – Santo cielo, allora qualcosa si apre… PIETRO GALLO – Eh, lo so.
FLORIANA BALLESTRA – Allora [inc.] che lì… lì dobbiamo giocarcela. Ora per chiedergli…
PIETRO GALLO – Esatto, esatto.
FLORIANA BALLESTRA – Qualcosa, capito?
PIETRO GALLO – Esattamente.
FLORIANA BALLESTRA – Perché…
PIETRO GALLO – Allora abbiamo fatto un buon lavoro, Floriana, quel giorno. Davvero un bel lavoro.
FLORIANA BALLESTRA – E come mi è venuta questa folgorazione di chiamare la Squadra Mobile. Ho detto: quasi chiamo la Squadra Mobile e… e… e gli dirò se me lo tolgono, magari questa denuncia. Cioè nel senso… Infatti quando ti ho chiamato ho detto: “Vieni subito perché…” PIETRO GALLO – Lo so, lo so. E in effetti l’hai fatto… hai fatto davvero un buon lavoro lì.
PIETRO GALLO – Ma secondo me un premio andrebbe dato.
FLORIANA BALLESTRA – Hai capito? Voglio dire, meritiamo dannatamente un premio, perché… deve collocarci da qualche parte lì, capito? PIETRO GALLO – Ma anche se ci butta in segreteria, Floria’ [inc.].
FLORIANA BALLESTRA – Io, guarda, sono stanca di navigare… sono stanca di navigare, perché non ne posso più, guarda. Per me anche a mille euro al mese… cioè è inutile guadagnare tanto e sei via. Poi…
PIETRO GALLO – E sì, non ti godi niente, non ti godi la vita.
FLORIANA BALLESTRA – Hai capito?
PIETRO GALLO – Sei sempre in mezzo al mare. […]No, no, no, vediamo. Vediamo se ti rimanda a un messaggio vocale da qualche parte. Anche una segreteria telefonica, sei bravo, sei intelligente…
FLORIANA BALLESTRA – E cosa gli chiederesti? E tu?
PIETRO GALLO – Gli chiederei di tornare in Questura, da qualche parte in un ufficio, ma che cazzo ne so.
FLORIANA BALLESTRA – Eh, secondo me dovresti dirglielo o iniziare a fare qualcosa… o accompagnarlo. Non ha una scorta? PIETRO GALLO – Ma a chi? A Salvini.
FLORIANA BALLESTRA – Eh, abbiamo sollevato questo polverone, dovete darci qualcosa in cambio, perché insomma…
FLORIANA BALLESTRA – Eh. E poi possiamo dirgli anche un’altra cosa. Possiamo dirgli: se ne ha bisogno, se ci mettiamo la faccia direttamente, da qualche parte, dove vuole lui, cioè noi siamo la testimonianza diretta, e diciamo che non abbiamo problemi anche a venire in televisione a raccontare quello che abbiamo vissuto. Che ce ne frega, almeno accettiamo la denuncia, non va bene, ok?
Testimonianze autentiche? Affatto. “Nel quadro delineato – sottolinea Gup Corso – i racconti forniti da Floriana Balestra, Pietro Gallo e Lucio Montanino (anche tra gli agenti dell’agenzia di sicurezza privata a bordo delle navi delle ONG) assumono una connotazione tutt’altro che neutra, emergendo di interessi specifici che di per sé sono idonei a mettere in dubbio la loro affidabilità”.

Tra gli elementi fatti valere dal gup, anche quello degli orari degli interventi che non coincidevano nella realtà, infatti in alcuni rapporti non si teneva conto dell’ora legale, e quindi le comunicazioni tra le navi delle ONG e la sede dell’Autorità Portuale a prima vista non sembravano coincidere, tra diari di bordo e quaderni di schizzi.

Le conclusioni del giudice Corso sono cruciali per le indagini. “La giustificazione di cui all’art. avrebbe dovuto essere preso in considerazione. 51 cp99, dell’adempimento del dovere di soccorso, obbligo di soccorso imposto da fonti internazionali, e dalle norme di diritto interno nei confronti dei migranti in evidente situazione di pericolo, che viaggiano su imbarcazioni fatiscenti, sovraccariche, inadatte a percorrere lunghi viaggi in sicurezza e a raggiungere le coste europee, senza una guida competente, carburante sufficiente e dispositivi di sicurezza”.

Ma non solo. Il giudice ribadisce inoltre nelle sue conclusioni l’esistenza di prove a favore degli indagati. Gli interventi delle navi delle ONG sono stati sempre autorizzati e condotti sotto il controllo dell’IMRCC, e quindi i salvataggi finiti sotto inchiesta sono risultati essere “un adempimento di un dovere imposto da un ordine legittimo dell’autorità pubblica”.

pubblicato su

21 maggio 2024, 14:00

 
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