«L’Università è una comunità capace di far crescere i giovani» – .

«L’Università è una comunità capace di far crescere i giovani» – .
«L’Università è una comunità capace di far crescere i giovani» – .

TRIESTE Un’università pubblica e laica, capace di produrre conoscenza attraverso la ricerca e di trasmetterla attraverso la didattica. Un’istituzione ma soprattutto una comunità, che, grazie allo scambio quotidiano tra le sue diverse componenti, riesce a far crescere lo spirito critico dei suoi studenti, aiutandoli ad affrontare le difficoltà.

È una visione comune sull’essenza e sul ruolo delle università italiane quella presentata dal rettore dell’Università di Trieste, Roberto Di Lenardae il Premio Nobel Giorgio Parisiche in un’aula gremita si è confrontato sul tema “Realizzare il futuro della conoscenza: il contributo dell’Università, tra studenti e docenti”.

L’evento, organizzato in occasione del centenario di UniTs e moderato dal giornalista Eva Ciuk, è stato un modo per ripercorrere, attraverso due illustri relatori che hanno vissuto l’Università nella duplice veste di studenti e docenti, la storia di un’istituzione che, oggi, intende ribadire con forza la propria ragion d’essere di fronte al proliferare delle università telematiche che , ha evidenziato Parisi, privare l’Università del suo ruolo comunitario, di quell’empatia che si crea tra le sue mura tra docenti e studenti, che nel suo caso è stata decisiva per farlo diventare lo scienziato che, nel 2021, si è guadagnato il premio più ambito al mondo. Un premio che, ricorda Parisi, i suoi coetanei avevano già potuto prevedere all’epoca: «Ma sappiamo che gli studenti di fisica sono molto ambiziosi», fu il suo commento.

Un’ambizione che, per Di Lenarda, è qualcosa di assolutamente sano, purché accompagnato dalla consapevolezza che per ottenere grandi risultati è necessario lavorare sodo. Quanto ai docenti, se Parisi cita Nicola Cabibbo, a cui ha dedicato anche il Nobel, anche Di Lenarda ha avuto i suoi, fondamentali, dice, nel convincerlo a restare all’università anche dopo la laurea. Un traguardo sudato, perché, ricorda il rettore, nonostante ogni esame alla fine andasse bene, «ogni volta che ne sostenevo uno ero convinto che non sarei stato bocciato».

 
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