ottant’anni fa l’intuizione di Togliatti che cambiò l’Italia liberata – .

ottant’anni fa l’intuizione di Togliatti che cambiò l’Italia liberata – .
ottant’anni fa l’intuizione di Togliatti che cambiò l’Italia liberata – .

Nell’inverno del 1944 la situazione politica nel regno del sud, controllato daGoverno militare alleato (AMG), appare ancora bloccato dal conflitto istituzionale sorto tra i partiti antifascisti riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale e il regio governo presieduto dal maresciallo Pietro Badoglio. In marzo si conclusero le trattative iniziate all’inizio del ’44 tra il diplomatico italiano Renato Prunas, segretario generale del Ministero degli Esteri, e il rappresentante sovietico nel Mediterraneo Andreij Vysinsky, che assicurarono il riconoscimento del regno del Sud da parte dell’Unione Sovietica.

Le conseguenze di questo accordo furono di grande importanza. L’URSS ottenne ciò che più volte le era stato negato dai suoi alleati anglo-americani, cioè il coinvolgimento nelle questioni dell’area mediterranea, e si mostrò favorevole alla formazione di un governo italiano di unità nazionale antifascista con la partecipazione del PCI. . L’Italia di Vittorio Emanuele III e di Badoglio cercò di ampliare le sue relazioni internazionali per rendere meno dure le condizioni di resa imposte dagli angloamericani e per consolidare il suo evanescente governo. Pochi giorni dopo Palmiro Togliatti sbarcò a Napoli.

Ercoli aveva infatti chiesto a Georgi Dimitrov, segretario del appena disciolto Comintern, di ritornare in Italia subito dopo la caduta del fascismo, il 27 luglio 1943. E porrà nuovamente con forza a Dimitrov la questione del suo ritorno in Italia all’indomani della caduta del fascismo. dichiarazione di guerra alla Germania, il 14 ottobre 1943: “È necessario che noi stessi abbiamo un’opinione chiara sulla questione della partecipazione dei comunisti al governo Badoglio”, per poter influenzare la posizione dei compagni italiani” attraverso le nostre trasmissioni”.

Già il 10 settembre – due giorni dopo la resa incondizionata dell’Italia agli angloamericani – Togliatti dichiarava a Radio Milano Libertà che se il governo Badoglio prendesse “nelle sue mani, apertamente senza esitazione, la bandiera della difesa dell’Italia contro la vile aggressione hitleriana […] il popolo gli darà il suo sostegno”. E il 23 settembre darà parere positivo al proclama di Badoglio per la lotta popolare contro i tedeschi e lo riconoscerà “capo del governo legittimo del nostro Paese”. Ancora più significativo è il discorso del 16 ottobre, sempre di Radio Milano Libertà, che si è dichiarato favorevole ad accogliere l’invito di Badoglio ad allargare il suo governo ai partiti antifascisti.

Come osserverà Paolo Spriano, “la linea è chiara: collaborare con Badoglio, spostare l’asse politico del suo governo, trasformare il governo del Maresciallo in un governo democratico di unità nazionale”. Ma non è la linea del CLN di Roma né del CLNAI di Milano, lontani da ogni idea di collaborare con il re e con Badoglio. Così come i dirigenti comunisti romani guidati da Mauro Scoccimarro e i milanesi con Luigi Longo e Pietro Secchia.

Intanto, alla fine dell’ottobre 1943, si tenne a Mosca una conferenza dei ministri degli Esteri dell’Unione Sovietica, degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, nella quale si discusse anche del problema italiano e si approvò una dichiarazione comune per la completa distruzione del fascismo. perseguito con la partecipazione al governo italiano “di quei settori del popolo italiano che si sono sempre opposti al fascismo”.
In un discorso tenuto il 26 novembre 1943 nella Sala delle Colonne della Camera dei Sindacati di Mosca, Togliatti indicò chiaramente i temi che avrebbero costituito, di lì a pochi mesi, la “svolta salernitana”. Innanzitutto, l’accantonamento temporaneo della pregiudiziale antimonarchica a favore della necessità di instaurare un governo di unità nazionale con la partecipazione di “tutte le forze democratiche popolari” per imporre “a tutta la nazione uno sforzo unanime, continuo, ostinato per condurre la guerra in modo efficace”.

Una volta ottenuta la vittoria, un’Assemblea Costituente avrebbe risolto la questione istituzionale e dato vita a una nuova democrazia italiana: “Per questo la nuova democrazia italiana dovrà essere una democrazia antifascista coerente, un regime forte, che poggia su una vasta rete di organizzazioni di massa, sindacati, cooperative, partiti politici antifascisti. Deve garantire tutte le libertà popolari”.

Il 12 gennaio 1944, sempre dai microfoni moscoviti di Radio Milano Libertà, Togliatti indicherà ancora una volta la linea per un nuovo governo italiano unitario e per il rinvio della questione istituzionale al dopoguerra, così come le trattative per l’Unione Sovietica riconoscimento del governo Badoglio: “La creazione sollecita, anzi immediata, di un governo nazionale democratico e con la partecipazione di tutti i partiti antifascisti, […] dichiarazione pubblica solenne da parte di tutti – a partire dal re e da Badoglio fino all’ultimo dei partiti – con la quale si promette al popolo che il problema della forma dello Stato sarà deciso dal popolo stesso, una volta finita la guerra, attraverso l’Assemblea Costituente dell’intera Nazione”.

Tuttavia, posizioni antitetiche sulla situazione italiana sono ancora evidenti nel comunismo internazionale e presso i dirigenti sovietici. Il 24 gennaio Dimitrov inviò un documento al ministro degli Esteri Molotov in cui dichiarava: “I comunisti non devono partecipare all’attuale governo Badoglio, in primo luogo perché questo governo non è un governo democratico, che conduce una guerra attiva contro il nemico, e, in secondo luogo, perché l’ingresso di I comunisti nell’attuale governo spaccherebbero il fronte antifascista nazionale e rafforzerebbero così gli elementi reazionari nell’ambito del re e di Badoglio”.

Questa situazione profondamente contraddittoria provocherà una risoluzione redatta dallo stesso Togliatti il ​​26 febbraio 1944, e trasmessa il 1° marzo da Dimitrov a Molotov, in cui si afferma il contrario di quanto sostenuto fino ad allora. I comunisti «chiedono l’abdicazione del re, complice dell’instaurazione del regime fascista e di tutti i crimini di Mussolini, […] si rifiutano di partecipare all’attuale governo Badoglio e denunciano la politica di questo governo come un ostacolo alla reale partecipazione del popolo italiano alla guerra contro la Germania”.

Ma una nota aggiunta da Togliatti a questo documento ribadisce quanto da lui più volte sostenuto e ribadito appena giunto a Napoli un mese dopo: «I comunisti sono pronti anche a partecipare ad un governo senza abdicazione del re, a condizione che che questo governo si attivi nella conduzione della guerra per l’espulsione dei tedeschi dal paese, attuando i sette punti della Conferenza di Mosca, e che il re stesso si impegni a convocare dopo la guerra un’Assemblea Costituente alla quale prenderà la decisione finale sulla questione della monarchia e del futuro regime del Villaggio”.

Decisivo sembra essere stato il colloquio tra Togliatti e Stalin nella notte tra il 4 e il 5 marzo, rimasto riservato. Si può solo ipotizzare che i giudizi dei due leader comunisti siano stati sostanzialmente coincidenti e che possa esserci stata anche un’influenza reciproca, nonostante la profonda differenza di potere tra il leader sovietico e quello italiano.

Togliatti lascerà Mosca intorno al 6 marzo. Le procedure per il rimpatrio erano in corso da tempo, incontrando difficoltà e ritardi, sia a Mosca che in Italia. Il permesso verrà concesso solo a fine gennaio ’44. Il viaggio durerà circa venti giorni. In aereo il compagno Ercoli raggiungerà Baku, poi Teheran, poi il Cairo dove, il 14 marzo, riceverà la notizia del riconoscimento sovietico del governo Badoglio. Ad Algeri, dove arrivò il 21 marzo, le autorità alleate lo informarono della difficoltà ad ottenere il passaggio aereo e lo autorizzarono a proseguire via mare. Togliatti si imbarca sulla nave mercantile britannica Ascania e arriverà a Napoli la sera del 27 marzo.

Napoli gli apparirà in uno scenario ‘apocalittico’, tra i fumi del Vesuvio in eruzione e i disastri bellici: “Già da molte ore, prima ancora di giungere in vista delle coste, un’enorme massa di fumo si stava addensando sul mare per decine di chilometri annunciavano l’Italia e il Vesuvio. […] Una pioggia di cenere fine cadde sul golfo, coprendo i campi e le strade. Il volto della Patria, ritrovato dopo diciotto anni di esilio, aveva qualcosa di apocalittico”.

Ercoli arriverà in Federazione nella notte e verrà riconosciuto dai compagni presenti: Salvatore Cacciapuoti, Clemente Maglietta, Maurizio Valenzi. Il 30 e 31 marzo il PCI terrà il primo Consiglio nazionale delle regioni liberate. L’intervento di Togliatti, definito da Pietro Nenni la ‘bomba Ercoli’, ribaltò la situazione politica dell’Italia liberata. Ma in sostanza era quello che aveva già affermato più volte e in particolare nella già citata trasmissione di Radio Milano Libertà del 12 gennaio.

Il testo è un estratto in anteprima della relazione di Francesco Barbagallo al convegno «Togliatti, la “svolta salernitana” e le radici della Repubblica» organizzato da Futura Umanità – Associazione per la Storia e la Memoria del PCI, che si terrà sabato 25 maggio presso la Camera del Lavoro di Napoli a partire dalle ore 9:30. Interverranno Aldo Abenante, Luciano Canfora, Luciana Castellina, Francesca Chiarotto, Piero Di Siena, Eugenio Donise, Adriano Giannola, Nino Ferraiuolo, Gianluca Fiocco, Alexander Höbel, Corrado Morgia, Aldo Tortorella, Lucia Valenzi e Massimo Villone

 
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