ecco i punti di forza e le insidie ​​– .

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ecco i punti di forza e le insidie ​​– .


Come noto, nell’ultimo Consiglio dei Ministri, lo scorso 29 maggio, è stato approvato il disegno di legge costituzionale per l’introduzione di norme in materia di sistema giurisdizionale e l’istituzione del Tribunale disciplinare. Si tratta della cosiddetta riforma della giustizia, promessa dal centrodestra nel programma delle ultime elezioni politiche, i cui pilastri principali sono:

  • La separazione delle carriere;
  • La riforma del CSM per ridurre l’impatto delle correnti della magistratura associata;
  • L’istituzione di un’Alta Corte che avrebbe giurisdizione disciplinare sui magistrati.

Come era facilmente prevedibile, ha determinato la comunicazione dell’avvio del complesso processo di riforma numerose e intense reazioniamplificato dal momento elettorale.

È chiaro, infatti, che alcune reazioni trionfaliste delle forze che più sostengono le ragioni della riforma mirano ad accaparrarsi questo passaggio anche in chiave elettorale. Ed è anche chiaro che una delle principali critiche degli oppositori è quella di considerare il passaggio del Consiglio dei ministri sostanzialmente un mero annuncio elettorale.

Una comunità politica

Al di là delle fisiologiche turbolenze elettorali, non c’è dubbio che la riforma rappresenti la realizzazione di aspirazioni e intenzioni che il centrodestra la persegue da decenni. Inoltre, completa il puzzle delle riforme istituzionali del governo che si basa su tre direttrici principali, ciascuna delle quali è riconducibile ad uno specifico attore politico: il primo ministro Fratelli d’Italia; autonomia differenziata all’interno della Lega; riforma della giustizia a livello di Forza Italia.

E non sembra esserci dubbio che ciò lo indichi indirettamente stato di buona salute della maggioranza dopo circa un anno e mezzo di governo. In prossimità del voto, infatti, sono stati adottati/approvati atti utili alla campagna elettorale di ciascuna forza anche se il sistema proporzionale delle elezioni europee prevede anche una competizione interna alla coalizione che anche in questo caso è molto sentita: FdI ha bisogno di sostanzialmente confermare il consenso sulle ultime politiche; Lega e Forza Italia se la contendono secondo grado di forza della coalizione con prevedibili effetti nella prossima tornata di nomine pubbliche.

Ciononostante, la coalizione regge e ciascuno si allea lealmente sostiene le campagne degli altridimostrando che la coalizione di centrodestra non è una mera formula elettorale ma una comunità politica che ha saputo federare realtà distinte e resistere ai cambiamenti nei rapporti di forza nel frattempo avvenuti.

Riforma radicale

La riforma è molto ambiziosa e questo sembra essere, allo stesso tempo, il suo punto di forza e, forse, il suo limite. In altre parole, il progetto mira a riformare radicalmente il sistema giudiziario attraverso la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e magistrati giudicanti, che costituirebbero due organi burocratici distinti a cui si accede mediante concorsi distinti e autonomi. Di conseguenza ci sarebbero due CSM diversi, uno per ciascun corpo dei magistrati.

Ad eccezione dei membri di diritto (Presidente della Repubblica, Primo Presidente della Corte Suprema e Procuratore Generale), i membri sarebbero tracciati con lo scopo di ridurre l’incidenza delle correnti negli organi di autogoverno. Infine, verrebbe istituita un’Alta Corte per esercitare la giurisdizione disciplinare.

Chiunque può indovinarne la portata strutturalmente innovativo della riforma rispetto a status quo. Pertanto non si può sollevare la critica che si tratti di una riforma cosmetica che non cambia nulla. Anzi.

Separazione delle carriere

Il punto di rottura maggiore è quello della separazione netta delle due carriere, a partire dal momento della competizione. Lo schema concettuale alla base della proposta è chiaro ed apprezzabile, cioè realizzabile la separazione più radicale delle possibili carriere. In definitiva, chi vuole diventare pubblico ministero o giudice si ritroverebbe nella stessa situazione di chi vuole arruolarsi come ufficiale nell’Esercito o nella Marina: saranno entrambi magistrati ma appartenenti ciascuno a un ordine distinto e con carriere specifiche.

La separazione delle carriere mira ad avere una propria proiezione funzionale, poiché attua al massimo grado il sistema accusatorio del processo penale, come l’esperienza americana insegna da alcuni secoli, ponendo l’accusa in una posizione di parità con la difesa, anche sotto il profilo dell’organica appartenenza ad un corpo di funzionari distinto dal giudice.

Forte resistenza

Se da un punto di vista teorico la proposta separazione radicale delle carriere sembra la più lineare e conseguente, non si può ignorare che sul piano pratico presenterà numerose incognite, perché rappresenterebbe davvero un cambiamento epocale per la nostra storia istituzionale. Ed è inevitabile prevedere anzitutto forti resistenze al cambiamento, talvolta anche con buone argomentazioni, come, ad esempio, la difesa dell’attuale forma di concorso per l’accesso alla magistratura che rappresentava una valida forma di selezione del pronunciamento pubblico. classe, dato che i leader ministeriali hanno spesso prelevato i loro membri dalla magistratura per le posizioni più importanti.

Inoltre, se avremo la forza politica per realizzare la riforma (e ciò dipenderà in ultima analisi dal grado di consenso che le forze di maggioranza riusciranno a mantenere nel corso della legislatura) sarà necessario prevedere un disciplina transitoria articolata e complesso che è stato spesso il tallone d’Achille di molte altre riforme del passato.

I due Csm

La previsione dei due CSM è coerente con la separazione totale delle carriere e il mantenimento delle caratteristiche costituzionali di indipendenza e autonomia di cui ogni magistratura deve godere. D’altronde già oggi ciascuna magistratura (ordinaria, amministrativa, contabile, militare e tributaria) dispone di un proprio organo di autogoverno. La proposta sarebbe, quindi, la traduzione istituzionale della divisione della magistratura ordinaria in magistratura inquirente e magistratura giudicante: due magistrature distinte con due diversi organi di autogoverno, come, ripetiamo, avviene già oggi. La novità starebbe nella separazione delle due carriere che oggi compongono la magistratura ordinaria.

La questione di sorteggio dei componenti è forse l’elemento della riforma che appare più debole anche sotto il profilo delle ragioni che la sostengono. Si vuole, infatti, richiamare gli iscritti affinché le correnti della magistratura associata abbiano meno peso, soprattutto (ma non solo) in materia di conferimento di incarichi dirigenziali e semi-direttivi.

Lo scopo è meritorio, ma se, ad esempio, oggi il 94 per cento dei magistrati sono iscritti all’ANM (e quindi fanno parte di una corrente), è probabile che la maggioranza dei membri estratti a sorte siano magistrati associati e siano quindi possibile che si ripresentano alcune dinamiche.

Inoltre, il pareggio potrebbe non evitare le dinamiche attuali con il rischio di perdere la propria rappresentatività nella magistratura associativa, a meno che non sia previsto un sorteggio ponderato in base alla rappresentanza delle correnti. Si potrebbe obiettare che se si introducesse il sorteggio si potrebbe verificare una diminuzione dei membri delle magistrature associate, ma ne dubitiamo fortemente perché sarebbe semplicistico credere che il successo delle magistrature associate dipenda esclusivamente dalla loro capacità di sostenere le istanze dei singoli magistrati negli organi di autogoverno.

Il tribunale disciplinare

Infine c’è la questione della competenza disciplinare della High Court. A prima vista questa innovazione mira a rimediare al percepito inefficacia dell’esercizio del provvedimento disciplinare che spesso sembra condizionata da una innata tutela aziendale. È possibile che la proposta aiuti in questo senso perché i cambiamenti organizzativi consentono spesso una tutela più efficace, anche se non ci convince del tutto l’idea della necessità di un giudice disciplinare specifico, peraltro con una composizione molto articolata e complessa che richiama la formazione di un organo di autogoverno.

Si ritiene che la separazione delle carriere con la conseguente riorganizzazione dei due CSM possa essere sufficiente per riformare radicalmente l’ordinamento giudiziario, senza bisogno di aggiungere altra carne al fuoco. D’altronde lo sappiamo: il meglio è nemico del bene.

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