“Donne molestate nelle manifestazioni filo-palestinesi”, il grido delle femministe bolognesi – .

“Donne molestate nelle manifestazioni filo-palestinesi”, il grido delle femministe bolognesi – .
“Donne molestate nelle manifestazioni filo-palestinesi”, il grido delle femministe bolognesi – .

Bologna, 9 giugno 2024 – C’è una domanda da risolvere entro il movimenti di protesta contro la guerra in Palestina. Il problema delle molestie denunciato pubblicamente da alcuni attivisti, che avrebbero subito abusi nei cosiddetti “spazi di intersezionalità politica” che li hanno visti scendere in strada insieme ad altri collettivi e gruppi animati dal comune obiettivo di solidarietà con la causa palestinese.

Gruppi che, secondo ‘Gatti randagi nella complicità e nella solidarietà’, “riproducono, nascondono e normalizzano la violenza e le molestie maschili nei loro spazi e nelle loro assemblee, mettendo a tacere i compagni che hanno cercato di denunciare questi fatti”.

Fatti che non sono mai arrivate sul tavolo di polizia o carabinieri, ma gestite attraverso i metodi della ‘giustizia trasformativa’. Comunicandole cioè solo all’interno dei gruppi di riferimento, con l’obiettivo di adottare misure in autonomia, isolando o allontanando gli autori di condotte violente. Un modus agendi che però, come spiegano i firmatari delle decine di volantini e striscioni apparsi nei giorni scorsi nella zona universitaria, hanno invece portato all’isolamento delle vittime, con i ‘carnefici’ saldamente “in testa al corteo”. Da qui la scelta della protesta pubblica: “Siamo furiosi e stufi di essere privati ​​di spazi che dovrebbero essere di liberazione e che invece diventano luoghi di oppressione”, scrivono gli attivisti.

Spiegare come “violenza di genere nei movimenti non è mai una priorità, c’è sempre una gerarchia delle lotte: con questa scusa si invisibilizza la violenza maschile e si isolano i compagni che ne parlano”. Cioè, spiegano le ragazze, vengono messi a tacere i compagni che denunciano gli abusi subiti durante le manifestazioni o nei momenti comuni con altri gruppi, con la volgare filosofia del “i panni sporchi si lavano in casa”.

E le ragazze spiegano di essere vittime doppiamente: non solo subiscono molestie, ma sono anche accusate di averle richieste, di aver ‘provocato’, esprimere liberamente se stessi e il proprio corpo, il comportamento dei molestatori. “Diventiamo meritevoli di solidarietà solo quando veniamo uccise”, è il grido delle ragazze: “Ed è feroce – scrivono ancora – chi suggerisce che denunciare pubblicamente significhi tradire la causa”.

Si rifiutano l’accusa di “sputare sulla causa” per aver deciso di non tacere, opponendosi alla politica del silenzio che viene loro imposta per non “sporcare” la reputazione del gruppo: “Siamo incondizionatamente dalla parte della Palestina e la sua resistenza – dicono – Non accettiamo che il potere delle piazze decoloniali sia minato da comportamenti messi a tacere nei confronti degli autori di abusi. Sappiamo che questi uomini hanno commesso violenze in più occasioni. Sappiamo che la comunità politica interessata era ampiamente informata di ciò, coprire questa violenza e allontanare coloro che l’hanno subita è stato del tutto intenzionale”. E promettono: non resteranno in silenzio. “Non lasceremo spazi politici a stupratori e picchiatori”.

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

PREV Napoli Transfer Market, Vigliotti the card for Buongiorno? – .
NEXT Le riprese iniziano nelle Marche – .