Sicilia, terra di economia sommersa dove il lavoro nero continua a essere un’emergenza – .

Sicilia, terra di economia sommersa dove il lavoro nero continua a essere un’emergenza – .
Sicilia, terra di economia sommersa dove il lavoro nero continua a essere un’emergenza – .

IL lavoro illegale ha raggiunto un peso sempre più significativo, sia a livello nazionale ma soprattutto a livello nazionale Siciliala regione che presenta uno dei valori più alti della penisola.

Segno di un’economia che evidentemente non funziona, sono infatti oltre 250mila lavoratori illegali, un numero enorme, che fa presagire un continuo decadimento. A scalare la classifica è la Sicilia, secondo i dati Istat dello scorso anno elaborati dall’Ufficio studi di Cgia di Mestreè al terzo posto tra le regioni in termini assoluti con il 17,9%, superata solo da Calabriacon 125.000 lavoratori irregolari e un tasso del 20,9%, e da Campano, con 332.330 lavoratori e un’irregolarità del 20,9%. In particolare, sulla base dei dati emersi a livello regionale, il record negativo è per i lavoratori indipendenti non regolari è detenuta da Palermo (21.800), seguita a ruota da Catania (21.500). Se guardiamo più nel dettaglio, i settori più colpiti dal fenomeno sono Agricoltura (37,0%) ed Edilizia (22,0%), mentre per il Manifatturiero esteso si registra una ridotta incidenza del lavoro irregolare (11,3%).

Un quadro negativo che non si discosta molto da quello che era la situazione qualche anno fa, come avevamo visto (CLICCA QUI) passata la fase più acuta della pandemia da Covid-19, effetti collaterali negativi per i principali settori lavorativi non erano diminuiti.

Come se non bastasse dal prossimo 30 giugno non sarà più possibile beneficiare dell’esenzione contributiva prevista dal provvedimento Decontributo meridionale. Un fallimento nell’estenderlo “Si rischia un aumento incontrollato del lavoro nero nei cantieri”. A lanciare l’allarme è stato presidente dell’Ance Palermo Giuseppe Puccio. A breve scadrà un provvedimento che prevede uno sgravio contributivo per le imprese del Mezzogiorno a tutela dei livelli occupazionali e si è deciso di non prorogarlo. “Condividiamo il pensiero che il presidente di Confindustria Sicilia, Gaetano Vecchio, ha più volte espresso in più occasioni – continua Puccio – evidenziando come ciò comporterebbe di conseguenza migliaia di licenziamenti”.
Quello che ci tengo a sottolineare è che il costo del lavoro, per noi edili, è addirittura superiore a quello dell’industria e del commercio e perdere contributi sui dipendenti dell’azienda rischia di far venir meno alcune garanzie per i lavoratori, di aumentare il lavoro nero e di abbassare gli standard di sicurezza sulle costruzioni siti”.

Questa misura – conclude Puccio – è stato un utile supporto per le imprese e crediamo che non prorogarlo sia un grave errore”.

Come previsto dalla Legge di Bilancio 2021, la misura è stata introdotta per sostenere l’occupazione nelle regioni del Mezzogiorno garantendo alle imprese esenzione contributiva del 30 per cento per ciascun dipendente. Nasce come sgravio contributivo per le imprese del Mezzogiorno e mira a contenere gli effetti dell’epidemia di Covid-19 sull’occupazione e a tutelare i livelli occupazionali nelle aree con gravi situazioni di disagio socio-economico.

Raffaele Fitto

Durante il question time alle Camera dei Rappresentanti del 15 maggio 2024il ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fittoha dichiarato che Decontribuzione Sud non può essere estesoper scelta non del Governo, ma della Commissione Europea che non prorogherà il Quadro Temporaneo per l’Ucraina.

Il governo“, aggiunge il Ministro, “sta lavorando fattivamente per rendere possibili misure simili, che già trovano in parte, all’interno del decreto Coesione, interventi specifici in questa direzione, per far sì che le risorse da destinare al Mezzogiorno non vengano utilizzate in mille rivoli di spesa e polverizzate in un mille piccoli interventi, ma fare scelte più precise”.

Cosa bisogna fare? Il salario minimo è la soluzione?

Una condizione, quella dell’economia sommersa, che richiede soluzioni strutturali. In particolare nei settori dell’agricoltura, il lavoro domestico e alcuni settori presenti nelle tabelle dei servizi minimi sono molto inferiori alla soglia proposta del salario minimo. Molti imprenditori, infatti, sarebbero costretti ad adeguare verso l’alto il salario minimo, potrebbero essere tentati di licenziare o ridurre l’orario di alcuni dei loro dipendenti, “costringendoli” comunque a lavorare, ma “in nero”, secondo quanto – afferma la CGIA favorevole all’introduzione del salario minimo –purché al suo interno, sulla base dei diversi contratti collettivi nazionali di lavoro, si tenga conto delle voci che costituiscono il trattamento economico complessivo, dai benefici, alle indennità, ai premi, agli incrementi di anzianità”.

Se venisse introdotto per legge il salario minimo di 9 euro lordi l’ora potrebbe succedere qualcosa di grave rischio di vedere aumentare il lavoro irregolare nel Paesesoprattutto nei settori dove i minimi tabellari sono attualmente molto inferiori alla soglia proposta dal disegno di legge presentato nei giorni scorsi alla Camera”.

Quelli a rischio sono certamente quei settori ‘indeboliti’ di uno concorrenza sleale pratica molto aggressiva praticata da aziende che hanno sempre lavorato completamente ‘fuori dai libri contabili’”. Si parla inevitabilmente di agricoltura, ma anche di numerosi altri settori. Ciò che preoccupa soprattutto è l’isola che si avvicina a numeri che non sono ancora in diminuzione.

 
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