«Rompiamogli la testa… facciamo due tentati omicidi in due mesi» – .

“Rompigli la testa… tra un paio di mesi faremo due tentativi, non uno… due.” È il 9 gennaio 2024 e gli uomini della squadra mobile, coordinati dalla Procura Paolo Scafihanno messo una cimice su una delle auto in uso a Alessio and Federico Tassoneentrambi 23enni: si sospetta che i gemelli abbiano ha preso parte alla spedizione punitiva contro un nigeriano di 47 annitrovato gravemente ferito da coltellate in via Sospello. I fratelli hanno scoperto da poco di essere indagati per tentato omicidio e quella mattina parlano dell’onorario dell’avvocato. Quindi la conversazione si sposta su una storia che coinvolge un altro uomo di colore. Ed è in quel momento che Federico commenta: «Spaccagli la testa… nel giro di un paio di mesi faremo due tentativi, non uno… due».

Per il gip Irene Gallesio — che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare per i gemelli, per il padre Sandro Tassone (soprannominato lo “zio”) e un amico di famiglia — questa frase rappresenta “ulteriore conferma dell’ipotesi accusatoria”.

In 38 pagine il gip ricostruisce l’agguato al nigeriano, avvenuto il 14 novembre 2023 in Strada Settimo e a poche decine di metri da un locale. In particolare, vengono evidenziate le parole del supertestimone, amico dello “zio” e della vittima. Il giorno della spedizione punitiva, l’uomo aveva fatto da tramite tra i due: il nigeriano – secondo l’ipotesi degli inquirenti – aveva un debito con Tassone per presunti spacci di droga. Fu il testimone ad accompagnare la vittima in Strada Settimo, ignaro di cosa sarebbe successo. E fu il primo a soccorrere l’amico nigeriano, portandolo a via Sospello (dove abita il nigeriano) e poi chiamare il 118.

Interrogato dagli inquirenti la sera stessa, l’uomo ha raccontato alcuni passaggi della giornata, senza però puntare il dito contro Sandro Tassone e i figli. Poi è fuggito da Torino per paura di ritorsioni. Col tempo, però, ha maturato la decisione di rivelare tutto quello che aveva visto. Il gip lo descrive come una persona “profondamente spaventata” e “risentita”, perché lo “zio” aveva organizzato la trappola nonostante ci fosse anche lui all’appuntamento. “Alla fine – si legge – il senso di tradimento e (in)giustizia di cui si sente vittima hanno la meglio e lui finalmente parla e racconta”.

 
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