Cosa c’è di nuovo a Trieste? Più pratica che teoria – .

Cosa c’è di nuovo a Trieste? Più pratica che teoria – .
Cosa c’è di nuovo a Trieste? Più pratica che teoria – .

Lo possiamo dire subito, prima ancora che inizi e senza possibilità di smentita. La Settimana Sociale di Trieste segna uno spartiacque con le Settimane Sociali che l’hanno preceduta. Per un semplice motivo: aver lasciato il ruolo di “protagonista in commedia” alle tante esperienze di bene concreto, le cosiddette “Buone pratiche”, presenti sotto forma di vera e propria “fiera del bene comune” nei vari “Villaggi delle Buone Pratiche” disseminati nel centro storico della città giuliana.

Questa volta non solo grandi riflessioni e lunghi dibattiti – che non mancheranno -, ma storie vere – in carne, sangue e volontà – che camminano sulle gambe di chi vive i “territori”, anche periferici, di questo nostro Paese. Persone che sono venute sulle rive dell’Adriatico per raccontare il loro impegno a tessere ogni giorno la trama e l’ordito del loro servizio alla “Buona Causa”, e che formano e tengono in piedi questa Italia e la sua martoriata democrazia.

Una strada nuova, oltre le piazze e le vie di Trieste: un’esperienza di confronto tra le diverse realtà dell’universo cattolico che popolano e animano l’Italia e che si caratterizzano per un minimo comune denominatore: fedeltà al Vangelo e passione per la democrazia e la libertà, allo stesso tempo figlia e sorella l’una dell’altra.

Partendo dall’esperienza di ognuno

Associazioni, movimenti, gruppi, imprese, cooperative, comunità energetiche – e potremmo continuare – tutti a Trieste per costruire relazioni e creare reti di collaborazione, per valorizzare la partecipazione che c’è e farla conoscere, eventualmente anche rafforzarla.
Partendo dalle esperienze di ciascuno e sapendo che insieme possiamo moltiplicare la capacità di creare coesione sociale. Viene da chiedersi cosa sia più “Politico”.

A Trieste ci siamo anche noi dell’Ac. C’è tutta l’Azione Cattolica, e non potrebbe essere altrimenti. Amiamo questo Paese e ci sono più che care le sue istituzioni democratiche, per le quali le donne e gli uomini dell’Ac hanno dato uno straordinario contributo di sacrificio e di sangue.

Presso il “Villaggio delle Buone Pratiche” in Piazza della Borsa:

C’è la nostra casa editrice Ave e la sua volontà di essere un laboratorio di cultura e democrazia, incoraggiando e avviando attraverso le sue pubblicazioni esperienze di discernimento collettivo e di cooperazione.
C’è l’intenso lavoro di Progettazione Sociale portato avanti negli anni dal Movimento Operaio di AC, che attraverso i suoi bandi ha contribuito concretamente a far nascere e crescere decine di esperienze di lavoro e sviluppo, mettendo in contatto risorse umane (per lo più giovani) e bisogni dello stesso territorio.
Ci sono i ragazzi dell’ACR con la loro “Youth Agenda”: ​​7 obiettivi attraverso cui si impegnano a prendersi cura delle loro comunità per renderle più gentili e inclusive, a misura dei desideri dei più piccoli. Essere a tutte le età “comunità di discepoli missionari”, per usare le parole delIl vangelo della gioia“che prendono l’iniziativa, che si impegnano, che accompagnano, che danno frutto e che fanno festa”.
C’è l’opera eccezionale di Parole di Giustizia e di Speranza: il progetto con cui l’AC e l’Istituto Vittorio Bachelet – in collaborazione con il Meic e il Mieac – continuano a promuovere la formazione di una cultura politica più diffusa, e di un impegno civico più attivo, a partire dai territori, attraverso il coordinamento di una serie di iniziative, sia a livello locale sia nazionale, per riflettere su temi fondamentali per la vita delle persone e del Paese e centrali per una cultura politica radicata nel Vangelo.
Ci sono i ragazzi di Ac con Prospettiva democrazia: un podcast in nove tappe per riflettere insieme sullo stato di salute della nostra democrazia, che – non si smetterà mai di ripetere – non va mai dato per scontato.

Salvaguardare la democrazia: la nostra prima “buona pratica”

Come Ac sentiamo la responsabilità di salvaguardare la democrazia e formare persone che sappiano amarla, prendersene cura e viverla, non solo formalmente ma anche sostanzialmente, sottolineandone i limiti e gli sforzi intrinseci. Persone formate alla libertà, alla partecipazione e al confronto franco e rispettoso, aperte al cambiamento e con uno sguardo privilegiato sugli ultimi e sugli emarginati. Questa è la nostra prima “Buona Pratica”, quella che per ogni membro di Ac precede tutte le altre e che ci sta più a cuore.

 
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