“Abbiamo bisogno di più coraggio con i giovani” – .

Prima del 5 giugno scorso la Nazionale aveva perso tre finali all’Europeo Under 17. Poi è arrivato il napoletano Massimiliano Favo e la maledizione divenne un incantesimo. L’Italia batté il Portogallo e salì in cima all’Europa. Eppure, meno di un mese dopo, il calcio italiano sprofondò di nuovo nell’abisso con l’eliminazione della nazionale agli ottavi di finale dell’Europeo contro la Svizzera. Il ct dell’Under 17, però, non ha dubbi: «In Italia abbiamo giocatori forti».

Quindi Favo, qual è la ricetta giusta per provare a invertire questa tendenza?
“Dobbiamo osare di più. I nostri giovani meritano spazio. Abbiamo dei bravi giovani ma poi qualcosa si mette di mezzo. Da giugno dell’anno scorso a oggi abbiamo ottenuto grandi risultati a livello giovanile. Non è vero che solo noi allenatori siamo bravi, ma non voglio pensare che sia così.”

Perché?
“Senza buoni giocatori, l’allenatore fa poco. Il seme cresce dove la terra è fertile.”

Dove si blocca il processo?
«Non bisogna confondere i risultati delle nazionali giovanili con il lavoro dei settori giovanili dei club».

Vale a dire?
“Noi selezioniamo e facciamo giocare i bravi ragazzi, ma la formazione la danno i settori giovanili. La formazione non è federale ma dei club. Noi prendiamo i prodotti migliori e cerchiamo di farli crescere a livello internazionale”.

Quindi il talento c’è?
“Assolutamente si. Ne abbiamo anche tanti. Ma c’è poca voglia di osare. Le società devono credere di più nei loro ragazzi, soprattutto quelli di qualità. Devono costruire un progetto sui giovani. E poi qualche giocatore va aspettato. L’importante è che si allenino con i grandi per imparare anche le piccole cose”.

In 1984 she won the Allievi Scudetto with Napoli.
“Sono passati 40 anni ma abbiamo ancora una chat in cui Ciro Ferrara ha postato qualche giorno fa la foto della squadra titolare di quella partita vinta contro la Fiorentina. Quel traguardo è un ricordo indelebile per noi. Fu il secondo scudetto della storia del Napoli dopo quello di Corso con la Primavera e fu di buon auspicio per quello del 1986 con Maradona.”

A proposito, la sua squadra venne premiata al San Paolo il 5 luglio 1984, in occasione della presentazione di Diego.
“Una giornata unica. Maradona ci ha premiati. Lo stadio era pieno, ovviamente non per noi, ma la nostra squadra aveva il compito di giocare una partita che facesse da sfondo alla festa per la presentazione di Diego. Abbiamo giocato contro una rappresentativa della Campania.”

Cosa ti resta da questo successo?
«Il grande lavoro di Riccardo Di Lella, il nostro allenatore e probabilmente anche il mio grande maestro».

Perché?
«Ci ​​diceva sempre: “la palla è una sola, se ce l’abbiamo noi, gli altri non ce l’hanno”. E lo ripeto sempre ai miei ragazzi oggi. L’essenziale è lavorare sulla qualità, sia individuale che di gioco. L’unione di tanti giocatori di qualità porta poi a un risultato. Senza qualità non si va da nessuna parte. Ancora oggi ricevo complimenti dagli allenatori delle nazionali avversarie che abbiamo battuto durante l’Europeo. Queste attestazioni di stima da parte di allenatori cresciuti con la cultura del bel gioco come in Spagna o in Olanda sono la cosa più bella dell’avventura europea».

Ad Ancona ha giocato anche con Luciano Spalletti, oggi allenatore in subbuglio dopo l’eliminazione della Nazionale dagli Europei.
“Non abbiamo ancora parlato. Ora ha bisogno di stare da solo e riflettere. Personalmente sono ancora convinto che sia il migliore di tutti perché l’ho avuto come giocatore e ho visto cosa ha fatto a Napoli. Per diventare allenatore della Nazionale ci vuole tempo, ma lui darà all’Italia un futuro con grandi risultati.”

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