Il “capo” del gruppo era in Germania, la sede ufficiale prima a Padova e poi a Bolzano, il impianti fotovoltaici erano stati realizzati da 40 imprese lucane, occupando una superficie di 290.000 metri quadrati, pari a una quarantina di campi da calcio. Questa è la struttura di un meccanismo che ha causato un danno fiscale di 38 milioni e mezzo di euro al Gestore dei Servizi Energetici. Lo ha stabilito una sentenza del Corte dei Conti di Venezia, sezione giurisdizionale, che ha confermato l’esistenza di una truffa svelata dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Finanza di Bolzano e Venezia. La sentenza riguarda la società a responsabilità limitata QCII Basilicata, duplicato quaranta volte con numeri progressivi. Si trattava di una suddivisione fittizia, per dimostrare l’esistenza di 40 diversi soggetti giuridici, mentre la proprietà era unica. La proposta? Usufruisci degli incentivi assicurati per gli impianti fotovoltaici di potenza inferiore a 50 kilowatt.
Sotto la mannaia dei giudici contabili sono finite 41 persone giuridiche e 8 persone fisiche, a vario titolo. Questi ultimi sono il liquidatore Thomas David Scheffler, Francesco Agresti di Policoro in provincia di Matera, il romano Mauro Di Fiore residente in Germania, e sei cittadini tedeschi, Stephan Hochbruck, Frank Pollmer, Matthias Altieri, Marko Schulz. Moritz Stolle e Constantin Von Wasserschleben, presidente di un colosso energetico. “La complessa vicenda – secondo i giudici – riguarda l’erogazione di contributi pubblici per incentivi per la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, i cui inizi sono stati individuati nel 2008 grazie ad un accordo tra la società Q – Cells International GMBH e Spazio Energia Srl”. Quest’ultima società si è impegnata, nell’ambito di un progetto di utilizzo dei contributi previsti dalla normativa sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, in particolare da fotovoltaico, a reperire il terreno, stipulare contratti con i proprietari e ottenere i permessi per l’installazione impianti fotovoltaici. La società straniera si era impegnata a progettarli e costruirli.
Sono stati realizzati complessivamente 9 parchi fotovoltaici, riferiti in ultima analisi alle 40 aziende (tutte con lo stesso indirizzo, ma senza dipendenti), di cui 6 parchi con potenza superiore al megawatt e 3 con potenza inferiore. In tal modo l’investimento era stato suddiviso in 246 impianti fotovoltaici, tutti appartenenti alla stessa galassia societaria, riconducibili alla capogruppo. Secondo i giudici, “le 40 società di veicoli sono state costituite con il preciso scopo di assumere il ruolo di ‘responsabile’ dei singoli impianti realizzati in ciascuno dei nove siti individuati (in Basilicata, ndr) e ne è stato determinato il numero dalla necessità che in ogni sito ogni singolo impianto fosse a disposizione di un diverso ‘responsabile’ per poter effettuare le dichiarazioni richieste dalle (all’epoca) vigenti disposizioni del Primo Conto Energia”. In quel modo era stato possibile beneficiare degli incentivi previsti per gli impianti di potenza inferiore a 50 kilowatt nonché del prezzo minimo garantito previsto solo a favore dei titolari di impianti fotovoltaici di potenza nominale non superiore a 1000 kW. Sulla somma di 38,8 milioni di euro saranno calcolati anche gli interessi legali, mentre il sequestro di beni immobili e finanziari dei condannati per circa quaranta milioni è stato convertito in pignoramento.
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