OCTOPLOID – Oltre gli eoni – .

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votazione
8.0

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Un periodo di intensa attività per chi ruota attorno al mondo degli Amorphis, con membri attuali ed ex membri lanciati in progetti di diversa natura: gli album di Esa Holpainen con i Silver Lake e Tomi Koivusaari con Bjørkø, l’ingresso di Jan Rechberger e Niclas Etelävuori tra le fila dei The Eternal, e ora gli Octoploid, band formatasi due anni fa su iniziativa del bassista Olli-Pekka Laine con la partecipazione, tra gli altri, del tastierista degli “Elegy”, Kim Rantala.
Se, fino a questo momento, lo scopo di queste operazioni è stato quello di togliere una boccata d’aria fresca alla band principale e sperimentare altre sonorità, il caso degli Octoploid appare del tutto diverso, poiché i finlandesi provano a rispolverare i loro gloriosi esordi e la prima parte della loro carriera: su “Beyond The Aeons”, infatti, aleggia lo spirito dei primi album della band di Helsinki, quelli che vanno da “Tales From The Thousand Lakes” almeno fino a “Far From The Sun”, in un calderone che mescola death metal, progressive rock e persino un pizzico di psichedelia con assoluta libertà espressiva.
Nonostante le numerose ed evidenti autocitazioni, si tratta di un lavoro che può vantare l’impiego di un certo ventaglio di soluzioni, visto che la serie di album a cui abbiamo fatto riferimento è la più eterogenea che gli Amorphis abbiano mai prodotto: un sound familiare, da un certo punto di vista, ma anche non scontato, e l’impressione di trovarsi di fronte a una sorta di jam tra amici, considerando l’elevato numero di ospiti, conferisce al risultato finale una buona dose di imprevedibilità.
Riff pesanti si sposano alla perfezione con organo e tastiere anni ’70, dando vita a brani epici intrisi di sensibilità folk; ruvidezza e raffinatezza vanno di pari passo, e un forte legame con la propria storia, la propria terra e le sue tradizioni popolari sancisce il connubio tra metal estremo e prog che da sempre scorre nelle vene di questi musicisti. Ogni brano ha una sua identità, poiché la voce è affidata a diversi protagonisti, tra cui spicca Mikko Kotamäki degli Swallow The Sun, che in “Dawn In Nothingness” e “Concealed Serenity” alterna growl e clean con l’intensità che lo contraddistingue, ma è impossibile non emozionarsi di fronte a quel tuffo nel passato rappresentato dall’interpretazione di Tomi Koivusaari in “Coast Of The Drowned Sailors”.
L’impronta di Tomi Joutsen è inconfondibile in “Human Amoral” con i suoi richiami ai Pink Floyd, mentre “A Dusk Of Vex” (con Jón Aldará degli Hamferð e Barren Earth) è il momento più dinamico e contiene un ritornello che rimane impresso al primo ascolto.
Tra gli Amorphis e gli ex membri che hanno intrapreso la carriera solista negli ultimi anni, Olli-Pekka Laine è quello che è rimasto più saldamente nell’orbita del gruppo da lui fondato e reso immortale, ma l’impressione non è quella di una ricerca di un porto sicuro quanto piuttosto di una sana ispirazione, a dimostrazione del fatto che è lì che risiedono e rimarranno per sempre le radici di questo pugno di artisti.

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