«è un Masaniello moderno» – .

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È un tutto compreso. Matteo Salvini, con la candidatura di Roberto Vannacci, si gioca la leadership della Lega. Nonostante i mormorii interni, il segretario si è schierato con il generale fino alla fine patatine fritte: scontenti i big del partito, a cominciare da Giancarlo Giorgetti, scontenti i candidati leghisti alle europee, che rischiano di essere superati da un generale che ha ribadito più volte di non essere interessato ad entrare nella Lega. Martedì 30 aprile Salvini e Vannacci saliranno sullo stesso palco, nel cuore di Roma, in quel tipico mélange propagandistico, in cui le presentazioni di libri diventano campagne elettorali. L’asso mollato da Salvini per le prossime elezioni, però, ha già avuto un primo effetto indesiderato. Anche di questo si lamentano alcuni parlamentari leghisti: nella settimana in cui arriva alla Camera il disegno di legge sulle autonomie differenziate, l’attenzione è rivolta più alle idee del singolo Vannacci che alla battaglia fondativa della Lega. In questo clima, la mattina del 29 aprile, è iniziata la discussione generale sul cosiddetto disegno di legge Calderoli, già approvato dal Senato. Il testo aveva ricevuto il via libera dalla Commissione Affari Costituzionali due giorni fa, sabato 27 aprile. Il mandato della Camera è stato dato ai relatori senza completare l’esame di tutti gli emendamenti presentati dall’opposizione, oltre 2mila.

La discussione alla Camera

Il Ministro per gli Affari Regionali e l’Autonomia è presente oggi a Montecitorio. Sono 53 i deputati iscritti a parlare e la discussione probabilmente proseguirà domani. Dopo gli interventi dei relatori della maggioranza, prende la parola Toni Ricciardi, per l’opposizione. Il deputato del Pd solleva due questioni, una di metodo e una di merito. Sul primo, dice, dei quasi 2.400 emendamenti presentati, «ne sono stati discussi e votati solo 70 in totale, poco meno del 3%: rispetto a un momento così solenne e importante abbiamo dimostrato la volontà di dare il nostro contributo. Nel merito, prosegue Ricciardi, «non ricordo numerose udienze in cui quasi tutti i pareri siano stati negativi». Cita tra le criticità “il ruolo del Parlamento” messo in discussione, “la determinazione dei Lep”, l’uso di una “legge ordinaria e non costituzionale”.

Ricciardi, rivolgendosi a Calderoli, chiede: «Come si può immaginare una competizione tra Regioni senza poter partire da condizioni paritarie? Ad oggi possiamo definire il regionalismo sanitario un errore, i risultati sono sotto gli occhi di tutti perché le differenze tra Nord e Sud sono aumentate e i LEP non sono garantiti: è la prova che la crescente autonomia aumenta, e non riduce, le disuguaglianze “. In chiusura, il vicepresidente del gruppo Pd alla Camera inveisce contro Giorgia Meloni: «”Chiamatemi semplicemente Giorgia” Non credo farà in tempo a venire al Sud in campagna elettorale per spiegare che l’ha venduto lei fuori per due soldi o, se preferisce, sull’altare dei pieni poteri che è convinta di ottenere con la premiership. Verrà il momento in cui la patriota Giorgia dovrà mettere la faccia davanti a questa oscenità. Dovrai spiegare il più grande attacco alla Costituzione repubblicana che io ricordi. E spero che oggi provi un po’ di vergogna insieme alla sua classe dirigente che si riempie la bocca della parola «Nazione» e oggi l’ha fatta a pezzi senza pietà, arrivando addirittura a negare ciò che disse Giorgio Almirante 50 anni fa» .

Il leader della Lega attacca De Luca: «Un Masaniello moderno»

Riccardo Molinari rivendica la riforma delle autonomie differenziate come “il pilastro su cui poggia la maggioranza di governo”. Una battaglia, ricorda, «che la Lega porta avanti da 40 anni». Il leghista attacca Vincenzo De Luca e i sindaci che il governatore campano ha guidato a Palazzo Chigi – criticando il ddl – definendoli “moderni Masaniello”. Ritornando su alcune polemiche del 25 aprile, Molinari precisa: «Voglio ricordare che nell’Assemblea costituente c’era un solo argomento che univa tutte, proprio tutte le forze politiche, e cioè che la nascente Repubblica dovesse avere una più forte autonomia. Una rottura con il centralismo fascista”. E alza i toni: «Utilizzare il tema dell’antifascismo per cose serie».

Intanto, sui social, il ministro Calderoli pubblica una foto che lo ritrae a Montecitorio mentre tiene tra le mani il testo del ddl: «Autonomia alla Camera della Camera, noi ci siamo!». E Luca Zaia, atManiglia, dichiara con parole commoventi: «È il mattone che ci indica che siamo ormai arrivati ​​al tetto di un edificio che abbiamo immaginato, pensato, progettato e costruito con senso di responsabilità e rispetto assoluto della Carta Costituzionale. Quello in discussione a Montecitorio è un provvedimento che passerà alla storia del nostro Paese. Tutto procede secondo i piani ed è la dimostrazione della serietà di questo governo negli impegni presi con i cittadini, a cominciare da quei 3 milioni e 328mila veneti che andarono a votare nel referendum consultivo del 2017”.

L’interruzione della discussione generale

Tre parlamentari – Simona Bonafè del Pd, Alfonso Colucci del M5s e Filiberto Zaratti dell’Avs – chiedono e ottengono il permesso di intervenire sul regolamento. La discussione del disegno di legge Calderoli subisce così un rallentamento, bollato dalla maggioranza come ostruzionismo. Oggetto del contendere è il comportamento della maggioranza in commissione Affari costituzionali. Tra gli “errori” denunciati c’è quello di aver ripetuto la votazione su un emendamento, durante la quale il centrodestra è stato sconfitto dall’opposizione. La richiesta di “non procedere oltre” è stata respinta dalla presidenza della Camera. Tuttavia, la deputata di Italia Viva Isabella De Monte riassume quanto accaduto in commissione, intervenendo nella discussione generale: «Con l’iter di questo provvedimento, molto delicato perché delinea una nuova architettura dello Stato, è stata scritta una brutta pagina. In Aula la discussione si è trasformata prima in una corsa per arrivare primi. Poi ha registrato un fatto molto grave: la doppia votazione su un emendamento su cui la maggioranza era stata sconfitta, con la seconda votazione avvenuta anche con commissari diversi rispetto alla prima volta. Si tratta di una forza inaccettabile imposta dalla Lega per contrastare la sua crisi di consensi”.

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