«Una cosa ho fatto da giovane, un gioco sessuale andato male»- Corriere.it – .

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«Una cosa ho fatto da giovane, un gioco sessuale andato male»- Corriere.it – .

Un caso diventato un’ossessione finalmente risolto da un giornalista di BBC. la famiglia di Martine Vik Magnussen, ucciso a Londra nel 2008 all’età di 23 anni, probabilmente non avrà mai giustizia, così come è possibile che l’assassino della giovane non venga mai processato: grazie alle indagini del reporter Nawal Al-Maghafi, però, la verità oggi è più vicina.

L’assassinio del promettente studente norvegese – che si trovava a Londra per un corso alla Regent’s Business School di Londra e sognava di lavorare nella finanza nella City – era arrivato fino alla regina Elisabetta. Nel 2010, infatti, il padre della giovane, Odd Petter, aveva scritto alla sovrana per chiedere il suo intervento nella risoluzione di un contenzioso internazionale: il primo sospettato, un compagno di studi di Martine, Farouk Abdulhak, era fuggito nello Yemen subito dopo la morte della donna. Lì era diventato intoccabile: non poteva essere interrogato né estradato. La sovrana aveva denunciato il caso all’allora sindaco di Londra, l’ex primo ministro Boris Johnson. Dal governo britannico Magnussen negli anni ha ricevuto dodici volte la promessa di un interessamento: alla fine, dove ha fallito la politica, è riuscito un giornalista intraprendente.

È stato proprio il caso di Martine a spingere Nawal ad interessarsi al giornalismo: quando è arrivata la ragazza trovato senza vita sotto i sacchi della spazzatura vicino a una porta del seminterrato ILin una strada del centro di LondraAnche Nawal era uno studente. Anche lei veniva dallo Yemen come presunta assassina. Tre anni dopo, è proprio affrontando la storia della giovane norvegese che debutta al Nawal BBC. Ha cercato in tutti i modi di contattare Abdulhak, figlio di un ricchissimo imprenditore, ma senza successo. La svolta è arrivata lo scorso anno grazie ai social. Il giornalista è riuscito a raggiungere Abdulhak tramite Snapchat.

Piano piano ha conquistato la sua fiducia: gli ha raccontato la sua infanzia nel quartiere yemenita dove ora vive, solo, abbandonato dall’ex moglie e dalla figlia, le settimane bianche trascorse come lui in Svizzera, gli studi svolti nelle scuole internazionali. Qui, all’improvviso, la confessione. “Ho fatto una cosa quando ero più giovane, è stato un errore.” “Un incidente – ha spiegato – un gioco sessuale finito tragicamente”, versione non suffragata dall’autopsia, secondo la quale Martine, che aveva 43 ferite sul corpo, sarebbe stata probabilmente strangolata. Come è arrivato ad ucciderla? “Non ricordo esattamente cosa sia successo.”

Entrambi, ha detto, avevano preso cocaina. Erano tornati a casa sua dopo una festa in un locale molto alla moda, il Maddox. Martine soggiornava spesso a casa di Farouk perché era molto vicina all’università. I filmati delle telecamere a circuito chiuso li mostrano mentre se ne vanno a braccetto alle 3 del mattino. “È tutto molto confuso.” E ancora: «Mi vengono in mente alcune immagini. Quando sento un certo profumo da donna mi sento male».

La mattina dopo non si sono presentati a lezione: gli amici si sono insospettiti quando hanno visto che Farouk aveva cancellato il suo profilo su Facebook. Era scappato subito: apparentemente seguendo il consiglio di suo padre, Shaher Abdulhakun uomo molto ricco e molto potente all’epoca, amico dell’allora presidente dello Yemen, Ali Abhullah Saleh, aveva preso il primo volo per il Cairo dove fu raggiunto dall’aereo privato di famiglia e riportato a casa. Avrebbe voluto restare a Londra e confessare, ha sottolineato al giornalista un amico di Farouk, che ha realizzato un documentario e un podcast sul caso, invece lui è scappato, rendendo ancora più infinito il dolore della Magnussen.

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